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prova Mafia-Fascismo
Note per Lupo: ho corretto solo errori di trascrittura (per esempio: è giusto prosieguo), spazi, accenti, ecc. In genere le riviste si mettono tra « ... », le citazioni di pezzi di testo che continuano tra [...].
Tutta la voce mi sembra interessante. È di parte quando dà per scontato il rapporto mafia-fascismo, e non concede che il fascismo abbia anche combattuto la mafia. Mussolini non aveva interesse a lasciare centri di potere extra-fascisti. Lo stato, lo vedi anche oggi, non riesce a debellare la mafia, nemmeno quando ci sono stati governi di sinistra o centro-sinistra.
Considerazioni: la mafia ovviamente si adegua al potere, sia di destra che di sinistra. Più che una fascistizzazione della mafia c'è stato una mafiasizzazione di parte del fascismo siciliano. La mafia comunque cerca il controllo del territorio con accordi con il potere, non importa chi sia. Dovresti sviluppare maggiormente il rapporto tra USA, mafia americana e sbarco in Sicilia. L'antifascismo, purtroppo, si servì della mafia per far crollare le resistenze dell'esercito italiano in Sicilia. Le patenti antifasciste dei mafiosi.
Fra le due Guerra Mondiali
[modifica | modifica wikitesto]Introduzione
[modifica | modifica wikitesto]L'argomento tratta dell'efficacia della lotta alla mafia, portata avanti da Cesare Mori e dei suoi risultati pratici e nel prosieguo dei rapporti che vi furono fra mafia e fascismo, e nello specifico con importantissimi capi mafiosi sia del periodo sia futuri. Tali rapporti contraddicono la tesi dello scontro irriducibile fra mafia e fascismo. Fatti emblematici del rapporto mafia - fascismo (che poi si intersecherà con l'intervento dei servizi segreti americani nel periodo pre, durante e post seconda guerra mondiale) sono state la vicenda di Cesare Mori e la protezione data dal regime nel 1935 a Vito Genovese che si sdebiterà con la costruzione della casa del fascio di Nola e successivamente sempre Vito Genovese sarà il regista dell'assassinio di Carlo Tresca[1], per permettere il riciclo degli antifascisti dell'ultima ora, come Generoso Pope (precedentemente sostenitore di Mussolini), nella Mazzini Society, la vicenda è riferibile all'aspra lotta intestina nella Mazzini Society per ammettere o meno italiani in America, con passato di netto appoggio al fascismo nei comitati di fronte unito antifascista nati nel 1943. Vito Genovese era in Italia nel periodo dell'assassinio di Carlo Tresca e quindi la ricostruzione è soprattutto storica più che provata dal punto di vista investigativo, nel senso stretto del termine, non son mancati comunque sulla vicenda investigazioni e vasta popolarità in diversi periodi negli USA, e, con quasi certezza, il killer fu Carmine Galante [2]poi affiliato alla famiglia di Joseph Bonanno. [3]Viene fatto anche un escursus sulla parte inerente lo sbarco alleato in Sicilia e sugli avvenimenti dell'immediato dopoguerra visto che Vito Genovese, uno dei personaggi chiave anzi citati, avrà un enorme potere in Sicilia anche nel periodo post bellico dimostrando una costante duratura e ascendente importanza.
il risultato pratico degli interventi di Cesare Mori
[modifica | modifica wikitesto]Cesare Mori, figura che il fascismo fece diventare mito, nel 1922 era prefetto di Bologna e si dimostrò inflessibile nell'applicazione della legge essendo fra i pochissimi rappresentanti degli organi di repressione dello stato che considerassero lo squadrismo fascista al pari del "sovversivismo" di sinistra e quindi da reprimere in egual maniera. Dopo aver bloccato una spedizione punitiva di squadristi fu duramente contestato dal fascismo rampante, ormai era appoggiato da larghi strati di borghesia industriali e proprietari terrieri, per cui con l'ascesa al potere del Fascismo il Mori fu dispensato dal servizio attivo. Si ritirò in pensione nel 1922 a Firenze, assieme alla moglie, stessa sorte toccò nel periodo a Guido Jurgens, Vincenzo Trani e a Federico Fusco, i quali però non ebbero altre possibilità di carriera durante il fascismo, forse anche perché non volevano scendere a patti col regime per nessun motivo. Quando a Mori fu affidato da Benito Mussolini l'incarico (vista la sua fama di inflessibilità) di repressione dei fenomeni criminali in Sicilia i metodi impiegati furono quantomeno sbrigativi arrivando perfino a prendere in ostaggio donne e bambini per raggiungere il suo scopo, seguendo quanto dice lo storico Duggan nel "prefetto di ferro". [4] e sintettizzando con le parole di Christopher Duggan.
«I metodi brutali di Mori crearono malcontento nella popolazione, che spesso fu tentata a schierarsi dalla parte dei mafiosi, di fronte a forze di polizia che apparivano quasi come invasori stranieri, senza rispetto delle più elementari regole di legalità. Leggiamo ancora Denis Mack Smith: "Ironicamente, l'operato di Mori potrebbe aver rafforzato proprio quella diffidenza nei confronti dello Stato che, come il governo, era stato così desideroso di vincere".»
e ancora sempre Denis Mack Smith
«"Mori era amico dei latifondisti. [...] Dal 1927 gli agrari erano di nuovo al potere, e la Sicilia ne pagò a caro prezzo la riabilitazione; e gli anni Trenta furono caratterizzati da abbandono e declino"»
Non rispettò comunque, col consenso di Benito Mussolini però, di perseguire sia l'uomo più in vista del fascismo in Sicilia, Alfredo Cucco, e qui probabilmente in quel momento Alfredo Cucco non era integrabile nella tattica del pnf in Sicilia da cui alcuni storici interpretano la libertà d'azione di Mori su Cucco un desiderio di Mussolini di allegerire temporaneamente il pnf di individui disturbanti per il suo sviluppo nell'isola.
«figura del fascismo isolano, di linea radical-borghese e progressista, per come Christopher Duggan eMack Smith lo definiscono, che da questo libro ottiene, credo giustamente, quella rivalutazione che vanamente sperò di ottenere dal fascismo, che soltanto durante la repubblica di Salò lo riprese e promosse nei suoi ranghi.»
Non fu risparmiato neppure l'ex ministro della Guerra, il potente generale Antonino Di Giorgio. Nel caso specifico di Cucco lo storico Paolo Pezzino nel suo libro Le mafie ipotizza che la messa fuori gioco di Cucco fu un particolare caso politico in quanto fascista avverso agli agrari. Mori, grazie anche ad una propaganda fascista sulle sue azione, molto ben orchestrata mediaticamente, divenne notissimo sino a che fu rimosso dal suo incarico e richiamato. Ormai, la dura lotta alla mafia il regime fascista la aveva dimostrata, quindi Mori fu insignito del titolo di senatore del Regno, richiamato dalla Sicilia e messo fuori gioco, mentre i pezzi grossi mafiosi, collusi col fascismo, subivano lievi pene ed amnistie, in modo da poter tornar ad operare sotto la copertura dei gerarchi fascisti siciliani e/o persino ad divenire gerarchi loro stessi. La mafia era entrata, come accade anche adesso, in rapporto simbiotico con i poteri dello stato. Arrigo Petacco nel suo libro Il prefetto di Ferro [7]spiega bene come avvenne la fascistizzazione della mafia spiegando proprio come per poter arrivare a ciò', ovvero obbligare la mafia a mediare col fascismo, la figura di Mori fosse stata essenziale per lo scopo che astutamente Mussolini si era prefisso.
Considerazioni di testimoni e di addetti ai lavori
[modifica | modifica wikitesto]Dopo il suo congedo, vi fu ben presto una recrudescenza del fenomeno mafioso in Sicilia. Come scrisse nel 1931 un avvocato siciliano in una lettera indirizzata a Mori:[8]
Ora in Sicilia si ammazza e si ruba allegramente come prima. Quasi tutti i capi mafia sono tornati a casa per condono dal confino e dalle galere... Alfredo Cucco invece rientra nel partito solo nel 1937, e non solo, nel 1938 è tra i firmatari del Manifesto della razza, nell'aprile del 1943 Mussolini lo nomina vice segretario nazionale del PNF. Vi è poi la sua adesione alla Repubblica Sociale Italiana dove diviene Sottosegretario alla Cultura popolare. Alla fine della guerra, nonostante tali precedenti, sarà prosciolto "stranamente" da ogni accusa e diverrà un notabile del neonato MSI.
«Il Fascismo non unì alla lotta sul piano militare, alcun intervento di tipo sociale, facendo anzi dei passi indietro, soprattutto nelle campagne, riaffidando quasi interamente il potere ai latifondisti. Ha scritto uno dei massimi storici dell'Italia contemporanea, Denis Mack Smith: "Mori era amico dei latifondisti. [...] Dal 1927 gli agrari erano di nuovo al potere, e la Sicilia ne pagò a caro prezzo la riabilitazione; e gli anni Trenta furono caratterizzati da abbandono e declino" ("Introduzione" a Duggan, p. IX)(Christopher Duggan, La mafia durante il Fascismo nota fuori citazione). Un dato può dare l'idea di cosa significò questo nuovo ordine sociale in Sicilia: dal 1928 al 1935 le paghe agricole, secondo le statistiche ufficiali, diminuirono del 28% ;Commissione parlamentare Antimafia, p. 66;.»
[9] definire poi quale fu l'operato nella realtà dei fatti del prefetto Cesare_Mori non è cosa semplice se si sfronda dai residui della propaganda fascista che ancora adesso sono ricordati a livello popolare. Si può dire, in linea di massima, che fu congruente allo sviluppo del regime che, se da una parte era impossibilitato a prendere il potere della mafia, dall'altra doveva vincolare la mafia ad un certo "ordine di regime" in modo che la facciata fosse salva e Mori, forse anche in gran parte incolpevole fu lo strumento del Mussolini per arrivare a tale obiettivo.[10] [11]
«In effetti il fascismo, dopo la grande retata di "pesci piccoli" realizzata da Cesare Mori, viene a patti con l'"alta mafia", nel 1929 richiama a Roma il "Prefetto di Ferro" (verrà nominato senatore) e, in un certo senso, "restituisce" la Sicilia ai capi mafiosi ormai fascistizzati. Infatti, i condoni e le amnistie, subito concesse dal governo dopo il richiamo di Mori, hanno favorito molti pezzi da novanta che, appena tornati in libertà, si sono subito schierati fra i sostenitori del regime anche se, dopo il 1943, gabelleranno i pochi anni di carcere o di confino come prova del loro antifascismo.»
da il sito dedicato a Benito Mussolini[12] vi e' l'ammissione dell'inefficienza dell'azione di Mori da parte proprio attuali degli ammiratori del dittatore fascista, nonché l'ammissione della collusione mafia-fascismo.[13] [14][15] [16]
«Fece infatti piazza pulita di briganti, ma quando si trattò di mettere in galera la gente di rispetto ammanigliata con Roma fu licenziato in tronco. Finì senatore, con velleità letterarie inappagate e un libro di ricordi, Con la mafia ai ferri corti, che dette qualche grana a Mondadori. Mussolini gli scrisse garantendogli che i suoi quattro anni di Sicilia sarebbero rimasti «scolpiti nella storia della rigenerazione morale, politica e sociale dell'isola nobilissima», ma a quanto risulta la mafia riprese indisturbata il suo cammino. Lo scalpello era moscio.»
Giovanni Grazzini in un suo articolo di commento al film Il prefetto di ferro concorda con simile visione degli effetti dell'intervento di Mori. [17]
«La sua azione energica permise di distruggere quasi interamente la struttura di base della malavita organizzata siciliana e offrì a Mussolini un argomento per la sua propaganda. Ma quando Mori iniziò a diventare troppo famoso e soprattutto a indagare troppo in alto, venne messo da parte, e le tracce del suo lavoro accuratamente eliminate.»
Anche secondo Arrigo Petacco nel suo libro Il Prefetto di Ferro il fascismo si occupa dei "pesci piccoli" riportando alla Sicilia i capi mafiosi fascistizzati che avevano subito nulle o lievi pene tramite tramite varie forme giuridiche utilizzate ad hoc. [19] Dagli studi di Giovanni Raffaele, studioso della storia diSicilia, che ha scritto L'ambigua tessitura. Mafia e fascismo nella Sicilia degli anni Venti si riassume [20]
«La conclusione è che nella zona presa di mira da Mori non vi fosse mafia in senso stretto, proprio perché i meccanismi dell'accumulazione, del consenso e del controllo politico seguivano altri canali consolidati, che della mafia - intesa come organizzazione specifica e gerarchicamente strutturata - potevano fare a meno. Dalla ricerca emergono però anche la complicità del fascismo col sistema di mafia e, per certe zone, la forza intatta di un'élite che, per il controllo sociale, di mafia non aveva bisogno.»
Il giudizio dei dei carabinieri
[modifica | modifica wikitesto]Il giudizio globale che da L'arma dei Carabinieri sul proprio sito per l'operato di Cesare Mori in Sicila concorda con i giudizi precedenti e sottolinea l'effetto di fascistizzazione di grossi capi mafiosi
«.....La stessa politica della repressione poliziesca, per quanto efficiente, non aveva spostato di una virgola le condizioni sociali in cui stagnava la Sicilia ed alla fine il regime si accontentò del successo di facciata.»
[21] concordando nella sostanza con l'analisi dello storico Duggan.
periodo bellico
[modifica | modifica wikitesto]uno dei fatti piu' importanti storicamente di collusione di mafia o personaggi mafiosi di enorme caratura è stato il caso Tresca, che tira in ballo mafiosi del peso di Vito Genovese, Joseph Bonanno, Frank Garofalo e Carmine Galante, secondo le denuncie al tempo di Ezio Taddei ed attualmente secondo lo storico Mauro Canali[22] che ha avuto accesso a documenti desecretati da polizia e servizi segreti USA
Adeguamento della Mafia alle esigenze dei tempi con lo sbarco alleato in Sicilia ed immediato dopoguerra
[modifica | modifica wikitesto]Caratteristica fondamentale del rapporto della mafia col fascismo fu quella di cambiar, almeno apparentemente, posizione verso il fascismo stesso a secondo dei propri interessi, così sarà per Vito Genovese che con Albert Anastasia saranno stretti collaboratori di Charles_Poletti dopo lo sbarco statunitense: è ben conosciuta una foto[23] in cui Genovese è ritratto, con la divisa dell'esercito americano in compagnia di Salvatore Giuliano[24], (e quindi nel prosieguo si arriva ai fatti di Portella della Ginestra). Giuliano godeva della protezione di Genovese quando questo passò con i "liberatori". Salvatore Giuliano a sua volta, dai documenti desecretati dall'OSS, era appoggiato sia da fascisti che da agenti segreti americani. È ancora da rimarcare che i capi mafiosi riciclati dagli americani avessero il compito, quasi di polizia, di eliminare i gruppi criminosi che lavoravano in modo autonomo e lo fecero con zelo. Di questa situazione di cambio di campo, o quantomeno di riciclaggio dei mafiosi amici o meno del fascismo, uno dei principali registi fu Lucky Luciano.
«Lucky Luciano, il noto boss rinchiuso nelle carceri americane, passò i nomi di 850 persone su cui “contare" e gli ufficiali dell'OSS, che dirigeranno sul campo "l'operazione sbarco", saranno Max Corvo, Victor Anfuso e Vincent Scamporino[25] Il loro gruppo sarà conosciuto come il "cerchio della mafia". Tra gli americani, in divisa dell'esercito, c'erano Albert Anastasia (ucciso nel dopoguerra in un negozio di barbiere) e don Vito Genovese, (il don Vito Corleone del film "Il padrino"), stretti collaboratori di Charles_Poletti. Scrivono Roberto Faenza e Marco Fini “Gli americani in Italia”: "È così che quando nel 1943 gli americani sbarcheranno in Sicilia, la prima azione dell'OSS sarà [...] restituire la libertà ai mafiosi imprigionati dal regime fascista".»
sempre dalla stessa fonte viene precisato poi per quanto riguarda gli scopi delle inchieste USA sulla criminalità organizzata italiana
«Quando, nel 1951, la Commissione americana si occupò degli italiani è evidente che ne approfittò per liberarsi di alcune componenti anarchiche. Perché allora la componente anarchica era molto presente tra gli italiani negli Stati Uniti: penso a gente come Nicola Sacco, Bartolomeo Vanzetti e Carlo Tresca»
[27] da un'intervista al regista Pasquale Scimeca
«I mafiosi che erano sfuggiti alla repressione del Prefetto Mori, emigrando in America, avevano fatto fortuna, esercitavano una rispettabile influenza e disponevano di non poche entrature in vari ambienti come quelli militari, dove prestavano il loro ausilio come interpreti, o strani accompagnatori. Alcuni di loro furono addirittura arruolati direttamente nei servizi segreti della Marina Americana. Illustrissimi, del calibro di Joe Profacy, Vincent Mangano, Nick Gentile, Vito Genovese e l’immancabile Lucky Luciano, si resero disponibili ad offrire la loro preziosa consulenza sfruttando gli antichi legami mai interrotti con la terra natia. Per portarsi avanti, nel contempo, L’OSS (Office Strategic Service) mandò Max Corvo e Vincent Scamporino, il capo del settore italiano del secret intelligence, a Favignana dove erano rinchiusi i mafiosi “perseguitati” dal Prefetto di ferro e li fece liberare.»
[28] cosi' scrive Giorgio Bongiovanni direttore di Antimafia 2000 [29]
«Dopo lo sbarco il loro primo incarico fu quello di mettere ordine, chi poteva farlo meglio di coloro che avevano sempre avuto un controllo serrato del territorio? In pochissimo tempo i padrini ripresero il comando e eliminarono con accanita sistematicità le decine di bande che infestavano l’isola, tutte tranne una: quella di Salvatore Giuliano, ricondotta sotto l’egida della famiglia di Montelepre, che controllava da giusta distanza la mitica azione rivoluzionaria del bandito. In men che non si dica venne a crearsi in Sicilia una catena di persone e personaggi, in numero sempre crescente, disposti a mettersi dalla parte dei vincitori. I capimafia di fatto si sentirono nobilitati e vennero elevati al grado di “liberatori”. Ma la vera legittimazione venne con l’assegnazione dei comuni ai vecchi boss che si ritrovarono di nuovo padroni dei loro feudi e con la fascia tricolore posta di traverso sul petto: Don Calò (Calogero Vizzini) divenne sindaco di Villalba, Salvatore Malta di Vallelunga, Genco Russo (Giuseppe_Genco_Russo) sovraintendente agli Affari Civili di Mussomeli e altri rivestirono incarichi ufficiali in diversi ambiti.»
Tutto ciò era inserito in un momento di scontro sociale per inevitabili, vista la situazione del periodo in Sicila, rivendicazioni da parte degli strati meno abbienti della popolazione siciliana, che portarono ad un gran numero di caduti in piazza. I morti fra i manifestanti in questo periodo sono circa 80, a fronte di due appartenenti agli organi di repressione dello stato, con un rapporto fra i caduti manifestanti e i caduti degli organi di repressione dello stato di 40 ad 1 ed i feriti, più o meno gravi, fra i manifestanti sono centinaia.
24 settembre 1943
A Palma di Montechiaro (Agrigento), per stroncare la manifestazione della popolazione contro il richiamo alle armi, reparti militari sparano sulla folla uccidendo un uomo e una donna.
29 marzo 1944
Partinico (Palermo), manifestazione contro il carovita e accaparratori di grano, sottufficiale dei carabinieri uccide Lorenzo Pupillo, minorenne, muore durante gli scontri il maresciallo dei carabinieri Benedetto Scaglione.
27 maggio 1944
Regalbuto (Enna), raduno separatista con Andrea Finocchiaro Aprile, Luigi La Rosa, Santi Rindone, Bruno di Belmonte, Guglielmo Carcaci, Concetto Gallo, Concetto Battiato, Isidoro Piazza, fra gli altri si verificano scontri e cade soto il fuoco dei carabinieri Santi Milisenna delPci, segretario della federazione di Regalbuto. Altri due manifestanti vengono gravemente feriti.
28 maggio 1944
Licata (Agrigento), a causa del ritorno in carica all'ufficio di collocamento del già deposto gerarca fascista vi è una protesta popolare, durante la quale polizia e carabinieri aprono il fuoco, col risultato di tre caduti fra i manifestanti e circa 18 feriti. Alla protesta seguono 120 arresti.
19 ottobre 1944
Palermo, manifestazione pacifica popolare contro la mancanza di pane, ne consegue che un plotone di fanteria del 139° Rgt della divisione Sabauda spara sulla folla, col risultato di 23 morti e 158 feriti: ovvero vi è una connotazione di strage, secondo la definizione accettata dai siti ANPI e dagli esperti del settore. Fra i caduti della popolazione: Giuseppe Balistreri, Vincenzo Cacciatore, Domenico Cordone, Rosario Corsaro, Michele Damiano, Natale D’Atria, Giuseppe Ferrante, Vincenzo Galatà, Carmelo Gandolfo, Francesco Giannotta, Salvatore Grifati, Eugenio Lanzarone, Gioacchino La Spisa, Rosario Lo Verde, Giuseppe Maligno, Erasmo Midolo, Andrea Olivieri, Salvatore Orlando, Cristina Parrinello, Anna Pecoraro, Vincenzo Puccio, Giacomo Venturelli, Aldo Volpes.
20 ottobre 1944
Sui giornali però il comunicato imposto dal governo in carica recita "In occasione di una dimostrazione diretta ad ottenere miglioramenti di carattere economico, compiuta ieri a Palermo da impiegati delle banche e dell’esattoria, gruppi estranei, sobillati da elementi non ancora chiaramente individuati, prendevano l’iniziativa per inscenare una manifestazioni sediziosa. Davanti alla sede dell’Alto Commissariato venivano esplosi colpi d’arma da fuoco contro reparti dell’Esercito, che erano così costretti a reagire. Si deplorano 16 morti e 104 feriti. L’ordine pubblico è stato ristabilito. Il Comitato provinciale di liberazione nazionale si è subito riunito ed ha dichiarato di mettersi a disposizione dell’Autorità governativa locale per la ricerca dei responsabili della manifestazione sediziosa".
ottobre 1944
Licata (Agrigento), manifestazione di contadini, 2 morti e 19 feriti dovuti al fuoco dei carabinieri i carabinieri aprono il fuoco uccidendone due, ne coneguono 80 denunce di manifestanti.
14-15 dicembre 1944
Catania, manifestazione contro il richiamo alle armi con conseguenti tumulti e devastazione di Municipio, sede del Banco di Sicilia con relativi uffici dell’esattoria comunale, nel proseguo i manifestanti si spingono fino alla sede del Distretto militare, i militari aprono il fuoco e cade Antonio Spampinato. Ne consegue l'arresto di 53 manifestanti, fra glie arestati vi sono militanti conosciuti del movimento separatista siciliano quali Egidio Di Mauro, Salvatore Padova da Ispica, Giuseppe La Spina mentre Concetto Gallo, i fratelli Gullotta, Michele Guzzardi, Giuseppe Galli, Isidoro Avola, Guglielmo Paternò Castello vengono denunciati a piede libero.
17 dicembre 1944
Pedara, al mattino vengono lanciate 5 bombe a mano in 2 distinte piazze del paese, senza danni; sempre nel corso della protesta per il richiamo allae armi, nel medesimo pomeriggio a Vizzini i carabinieri sparano sui dimostranti che stanno incendiando la sede del municipio, col risultato di 2 morti fra i dimostranti intenti ad incendiare la sede del Municipio, uccidendone 2.
4 gennaio 1945
Ragusa, l’esercito apre il fuoco, su dimostrazione che cerca di bloccare il trasporto dei giovani arruolati verso il fronte, sulla folla che tenta di bloccare un camion, che trasportava giovani verso il fronte; risulta gravemente ferito un giovane e ucciso il sacrestano della chiesa di san Giovanni; la rivolta dei cosidetti non si parte, invece di sedarsi si alimenta.
5-6 gennaio 1945
Ragusa, i non si parte prendono possesso di alcuni quartieri ed costruiscono barricate, dando così inizio ad una insurrezione armata; fra i dirigenti vi sono militanti socialisti ma ancor più comunisti. Questi ultimi non sono a conoscenza che l'organismo dirigente del loro stesso partito ha definito la loro insurrezione rigurgito fascista. L'esercito interviene in modo asssai pesante col risultato di 19 morti e 63 feriti fra i rivoltosi a Ragusa e provincia. Alcune fonti storiche ritengono tali dati una sottostima di un accadimento definibile anche in questo caso come strage.( vedere fonti sentenze e regolamenti magistratura militare per esatezza)
11 gennaio 1945
Naro, la rivolta dei non si parte si inasprisce. Gli organi di repressione dello stato fanno fuoco col risultato di 5 morti. Il bilancio della repressione sarà di 5 morti e 12 feriti; nel prosieguo vi sono 53 arresti.
12 gennaio 1945
Licata, durante i tumulti contro la leva obbligatoria, viene assassinato un manifestante.
11 marzo 1945
Palermo, assalto da parte della folla all'ufficio delle imposte e all'ispettorato dei dazi e consumi; nel prosieguo i rivoltosi si dirigono verso la prefettura; muoiono negli scontri un commissario di p.s. ed un giovane operaio.
11 settembre 1945
Piazza Armerina (Enna), scontri fra dimostranti ed appartenenti agli organi di repressione dello stato; un carabiniere fa fuoco su Giovanni Pivetti, miltante socialista, che muore.
2 ottobre 1945
Piazza Armerina (Enna), lavoratori protestano contro il carovita; ne conseguono cariche dei poliziotti, che costano una vittima ai manifestanti, oltre alcuni feriti. Le manifestazioni di protesta comunque proseguono per 2 giorni.
I morti fra i manifestanti in questo priodo sono circa 80 a fronte di due appartenenti agli organi di repressione dello stato, con un rapporto fra i caduti manifestanti e i caduti degli organi di repressione dello stato di 40 ad 1 ed i feriti più o meno gravi fra i manifestanti sono centinaia
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Ezio Taddei ,Il "caso" Tresca 2006 ISBN: 888820798-8
- Italia Gualtieri Carlo Tresca: vita e morte di un anarchico italiano in America 1999 - 71 pagine
"Regione Abruzzo, Centro servizi culturali di Sulmona, Circolo cultura & societa. Giornata della memoria, 20 maggio 1994"
- Carlo Tresca, L'attentato a Mussolini: ovvero, Il segreto di PulcinellaNew York, 4 edizioni, l'ultimo per tempo, editore Alexandria, Va. , Chadwyck-Healey Inc, 1987.
- Gabriella Facondo, Socialismo italiano esule negli USA (1930-1942), Federazione italiana delle associazioni partigiane, 1993, Bastogi
- Piero Calamandrei, Il Ponte, 1945 La Nuova Italia
- Fiandaca G.-Costantino S., La mafia, le mafie tra detti e nuovi paradigmi, Laterza, Bari, 1994
- Paolo Pezzino , Mafia, Stato e società nella Sicilia contemporanea: secoli XIX e XX
- Nicola Tranfaglia , Mafia, politica, affari nell'Italia repubblicana, 1943-91, Laterza, Bari, 1992
- Arrigo Petacco, Il prefetto di ferro, Mondatori, Milano, 1976
- Cesare Mori, Con la mafia ai ferri corti, Pagano, Napoli, 1993
- Salvatore Lupo, Storia della mafia, Roma, Donzelli, 1994
- Monte S. Finkelstein Separatism, the Allies and the Mafia: The Struggle for Sicilian Independence 1943-1948 (Separatismo, gli alleati e la mafia: La lotta per indipendenza siciliana 1943-1948), Lehigh Univ Pr
- Giovanni Raffaele, L'ambigua tessitura. Mafia e fascismo nella Sicilia degli anni Venti, Angeli, Milano, 1993.
- Christopher Duggan La mafia durante il Fascismo 1987, Rubbettino, con Prefazione di Denis Mack Smith
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- L'operazione incompiuta del prefetto Mori di Davide Caracciolo
- il ritorno della Mafia in Sicilia. Un regalo dei "nemici"Gli USA e la mafia e I nemici, la Mafia e il Mis
- La storia della Mafia(Leonardo Sciascia - Fonte: Storia Illustrata – anno XVI – n. 173 – aprile 1972 – A. Mondadori Editore)
- LA MAFIA: al cuore dello Stato e della strategia imperialista
- vedere Tutta la verità sul caso Tresca di Mauro Canali,[31]
- Mario Scelba: padre della Repubblica o regista di trame? I documenti che qui si presentano, di cui alcuni sottratti di recente al segreto di Stato, aiutano a rispondere di Carlo Ruta
- Documenti statunitensi e italiani sulla banda Giuliano, la Decima Mas e il neofascismo in Sicilia di Giuseppe Casarrubea[32]
- Lettera di Salvatore Giuliano a "La Voce di Sicilia", 31 agosto 1947, e commento-risposta di Girolamo Li Causi
- biografia Peter Tompkins da ANPI
- da Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia dossiers su Portella della Ginestra
- sheda su Portella della Ginestra dal sito dedicato a Peppino Impastato
- da Montagnalonga sito curato dai parenti delle vittime di Portella della Ginestra che presenta anche il rapporto di Giuseppe Peri vicequestore di Trapani
note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Tutta la Verità sul caso Tresca di Mauro Canali
- ^ wikipedia inglese Carmine Galante
- ^ vedere Tutta la verità sul caso Tresca di Mauro Canali, l'autore e fra quelli accreduitai dal SISDE per i suoi lavori che spesso ne riportanoo stralci sul sito]
- ^
«""L'assedio di Gangi" ebbe inizio la notte del 1 gennaio 1926 [...] Nevicava abbondantemente. I banditi erano stati spinti dal freddo a tornare alle loro famiglie, e la polizia sapeva più o meno esattamente dove si trovavano [...] la cittadina era costruita sul fianco di una collina ripida e molte case avevano due ingressi, uno al pianterreno e l'altro al primo piano. Vi erano anche nascondigli abilmente costruiti dietro muri [...] In queste condizioni, l'operazione ebbe un andamento più lento del previsto. Il primo bandito ad arrendersi fu Gaetano Ferrarello, un uomo alto, anziano, con una lunga barba, molto orgoglio e dotato di una certa nobiltà d'animo [...] scopo dell'azione non era semplicemente la resa dei banditi, ma anche la loro umiliazione: "Volevo dare alle popolazioni la tangibile prova della viltà della malvivenza", scrisse Mori nelle sue memorie. Non si doveva sparare: i banditi dovevano essere privati dell'onore di una resistenza armata [...] (prosegue Mori) ma io avevo un'idea diversa. Dissi ai miei uomini di entrare nelle case dei criminali, dormire nei loro letti, bere il loro vino, mangiare le loro galline, uccidere il loro bestiame e venderne la carne ai contadini della zona a prezzo ridotto". Fu dato ordine di prendere ostaggi [...] sembra che gli obiettivi principali siano stati donne e bambini. Che le donne siano state maltrattate, come affermarono in seguito critici di Mori, non è certo. Sarebbe stato indubbiamente conforme allo spirito, se non alla lettera dell'impresa, perché scopo della cattura di ostaggi era far leva sul senso dell'onore dell'uomo nei confronti della moglie e della famiglia...".»
- ^ da Il "prefetto di ferro"
- ^ scritto di Leonardo Sciascia
- ^
«E, infatti, un western siciliano più che un'indagine storica sulla mafia, vicino a Sergio Leone più che a Francesco Rosi»
- ^ Arrigo Petacco, Il prefetto di ferro, Mondadori, 1975.
- ^ da Il "prefetto di ferro"
- ^ approfondire su Mafia e Fascismo L'operazione incompiuta del prefetto Mori a firma di Davide Caracciolo
- ^ Il "prefetto di ferro"
- ^ da il ilduce.net
- ^ da il ilduce.netovvero vi él'ammissione dell'inefficienza dell'azione di Mori prorio dagli attuali ammiratori del cosidetto duce
- ^ critica Il prefetto di ferro di Giovanni Grazzini
- ^ approfondire su Mafia e Fascismo L'operazione incompiuta del prefetto Mori a firma di Davide Caracciolo
- ^ Il "prefetto di ferro"
- ^ da articolo di Giovanni Grazzini Il Corriere della Sera, 2 ottobre 1977
- ^ da recensione libro
- ^ da ilduce.net
- ^ scheda Libro
- ^ Arma
«[...] Le statistiche testimoniavano il crollo di reati come abigeati, rapine, estorsioni, omicidi, danneggiamenti ed incendi dolosi, ma i pezzi grossi restavano ancora in giro. E attuavano un disegno classico della mafia. Abbandonavano lo scontro frontale per scegliere la strada della connivenza, cercando di instaurare rapporti con i vertici del fascismo. Mori, alla fine, sarà promosso per essere rimosso quando i danni avrebbero potuto essere irreparabili per i mafiosi. La stessa politica della repressione poliziesca, per quanto efficiente, non aveva spostato di una virgola le condizioni sociali in cui stagnava la Sicilia ed alla fine il regime si accontentò del successo di facciata.»
- ^ l'autore e fra quelli accreduitai dal SISDE per i suoi lavori che spesso ne riportanoo stralci sul sito], Mauro Canali
- ^ foto di Vito Genovese con Salvatore Giuliano
- ^ il bandito Giuliano e lo stato
- ^
«Ma Scamporino è anche il legale dei sindacati controllati da Cosa Nostra. In Sicilia, prima dello sbarco, le missioni degli agenti di Scamporino si avvalgono di una fitta rete di protezione mafiosa, che oltre a dare riparo e assistenza, fornisce loro ogni genere d’informazione di valore militare»
- ^ da corsa infinita dei bersaglieri
- ^ trombealvento "Un certo Ezio Taddei, livornese" Bersagliere un po' anarchico intervista al regista Pasquale Scimeca
- ^ da Una storia di stragi e misteri di Giorgio Bongiovanni
- ^ Antimafia 2000
- ^ da Una storia di stragi e misteri di Giorgio Bongiovanni direttore di [1]=Antimafia 2000
- ^ l'autore e fra quelli accreduitai dal SISDE per i suoi lavori che spesso ne riportano stralci sul sito]
- ^
«Dalle centinaia di documenti rinvenuti nel 1997 dallo storico Aldo Sabino Giannuli presso l'archivio dell'Ufficio Affari Riservati di Federico Umberto D'Amato (noto anche come archivio del Servizio informazioni e sicurezza, Sis), apprendiamo che negli anni 1944 - 1947 la banda di Salvatore Giuliano è direttamente collegata ai gruppi eversivi neofascisti, monarchici e antibolscevichi, in particolare romani e meridionali (cfr. Aldo Sabino Giannuli, Salvatore Giuliano, un bandito fascista, rivista Libertaria, anno 5, n. 4, ottobre - dicembre 2003, pp. 48 - 58). Sul tema, citiamo di seguito alcuni documenti:ecc.ecc.ecc.ecc.ecc.»
%%%%% storici da fare per utilizzo per voce
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- Anatomia di un massacro. Controversia sopra una strage tedesca, Il Mulino, 2007
- con Bernardini Daniela, Puccini Luigi, Ma la ragione non dette risposta. Piavola 1944. La strage, la memoria, la comunità Plus, 2007
- La tradizione antifascista a Empoli 1949-1948, Pacini Editore, 2005
- Le mafie Giunti Editore, 2003
- Senza Stato. Le radici storiche della crisi italiana, Laterza, Bari, 2002
- Storie di guerra civile. L'eccidio di Niccioleta, Il Mulino, 2001
- Il paradiso abitato dai diavoli. Società, élites, istituzioni nel Mezzogiorno contemporaneo, Franco Angeli , 1993
- Le mafie, Giunti Editore, 1999
- Anatomia di un massacro. Controversia sopra una strage tedesca, Il Mulino, 1997
- con Battini Michele Guerra ai civili. Occupazione tedesca e politica del massacro (Toscana, 1944), Marsilio, 1997
- Mafia: industria della violenza, La Nuova Italia, 1995
- Una certa reciprocità di favori. Mafia e modernizzazione violenta nella Sicilia post-unitaria,, Milano, Angeli, 1990
- La congiura dei Pugnalatori. Un caso politico giudiziario alle origini della mafia,, Venezia, Marsilio, 1992
da aggiungere a Paolo Pezzino
- La tradizione rivoluzionaria siciliana e l'invenzione della mafia, in «Meridiana», nn. 7-8 , 1990, pp. 45-71
- La modernisation violente en Italie. Perspective historique du crime organise, in «Deviance et Societe», vol. 15, n. 4, 1991, pp. 419-437
- Ambiente e territorio nel Mezzogiorno contemporaneo, in «Studi storici», 3, 1991, pp. 761-767
- Nota introduttiva a L. Franchetti, Condizioni politiche e amministrative della Sicilia, Roma, edizione non venale riservata agli abbonati a «Meridiana», 1992, pp. XIII-XX, e in Donzelli, 1993
- C'era una volta la riforma agraria. Famiglia e modernizzazione nel Crotonese, in L'Italia estrema. Impresa, politica e famiglia nella società calabrese, Roma, CGIL, 1992,1/Famiglie, pp. 13-28
- Introduzione e cura di D. Tajani, Mafia e potere. Requisitoria, 1871, Pisa, ETS, 1993
- La mafia siciliana come industria della violenza. Caratteri storici ed elementi di continuita', in Dei delitti e delle pene, 2/93, pp. 67-79
- La mafia e la sua storia. Radici locali e dimensioni internazionali, tavola rotonda coord. da Nicola Tranfaglia, con la partec. di Salvatore Lupo e D. Gambetta, in «Passato e presente», a. XII (1994), n. 31, pp. 19-40
- Un prefetto esemplare: Enrico Falconcini ad Agrigento (1862-1863), in «Laboratorio di storia», Studi in onore di Claudio Pavone, a cura di P. Pezzino e G. Ranzato, Angeli, Milano, 1994, pp. 113-126.
- Risorgimento e guerra civile. Alcune considerazioni preliminari, in Guerre fraticide. Le guerre civili in età contemporanea, a c. di G. Ranzato, Torino, Bollati Boringhieri, 1994
- Risorgimento e guerra civile. Alcune considerazioni preliminari, in Gabriele Ranzato (a cura di), Guerre fratricide. Le guerre civili in età contemporanea, Torino, Bollati Boringhieri, 1995, pp. 56-85
- Appunti sul tema delle classi dirigenti nella storia dell'Italia contemporanea, in Giuliana Biagioli (a cura di), Ricerche di storia moderna IV in onore di Mario Mirri, Pisa, Pacini editore, 1995, pp. 343-375
- L'oggetto misterioso: Mezzogiorno d’Italia e revisionismo storiografico, in «Società e Storia», n. 68, 1995, pp. 373-384
- Mafia e politica: una questione nazionale, in “Passato e presente”, 38, maggio-agosto 1996, pp. 7-23.
- Mafia, violence et pouvoir politique en Italie (XIXe-XXe sicles), in Michel Bertrand, Natacha Laurent, Michel Taillefer (a cura di), Violences et povoirs politiques, Toulouse, Presses Universitaires du Mirail, 1996, pp. 175-192
- La mafia, in I luoghi della memoria. Strutture ed eventi dell’Italia unita, a cura di Mario Isnenghi, Roma-Bari, Laterza, 1997, pp. 111-134
- Identità deboli e partiti forti. Le radici storiche della crisi italiana, in «Storica», II, 1996, n. 6, pp. 55-95
- Un secolo in un anno: il Novecento a scuola, discussione con Scipione Guarracino ed Elvira Valleri, in «Passato e Presente», 42, settembre/dicembre 1997, pp. 17-35
- La borghesia italiana: profili sociali e autorappresentazioni (recensione a Alberto Banti, Storia della borghesia italiana. L’età liberale, Donzelli, 1996), ivi, pp. 151-161
- Local power in Southern Italy, in -Robert Lumley and Jonathan Morris, The new history of the Italian South, Exeter, The University of Exeter Press, 1997, pp. 42-58
- Ridiscutere i metodi e le finalità' della storia, intervento in merito a Francesco Traniello, Insegnamento della storia e storia del Novecento, in«Contemporanea», I, 1, gennaio 1988, pp. 113-119
- La giustizia dopo Tangentopoli, in Giustizia come. Giurisdizione e sistema politico in Italia, a cura di Rosario Minna e Massimo Morisi, numero monografico de “«Il Ponte»”, a. LIV, nn. 2-3, febbraio-marzo 1998, pp. 161-180
- Introduzione a Daiana Franceschini, Porzus. La resistenza lacerata, Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Friuli-Venezia Giulia, «Quadern», 11, Trieste, 1996 (ma 1998), pp. III-VII
- Direzione scientifica del CD ROM La Mafia. 150 anni di storia e storie, realizzato per conto della Città di Palermo, della Mediateca Regionale Toscana e della Regione Toscana da Cliomedia Officina, Torino, 1998, estensore del percorso “Conoscere” e cura della documentazione.
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Giuseppe Carlo Marino, ordinario di Storia contemporanea Università di Palermo,gia' allievo di Giovanni Spadolini,ha scritto fra l'altro curriculumed ha collaborato con la RAI in alcuni programmi inerenti la sua ricerca
- L’ideologia sicilianista (1972),
- La formazione dello spirito borghese in Italia (1974),
- Partiti e lotta di classe in Sicilia (1976),
- Storia del separatismo siciliano (1979),Editori Riuniti
- L’autarchia della cultura(1983),
- Autoritratto del pci staliniano 1946-1953,(1991), Editori Riuniti
- Guerra fredda e conflitto sociale in Italia (1991),
- La repubblica della forza (1995),
- L’opposizione mafiosa (19963),
- Biografia del Sessantotto (2005),
- Le generazioni italiane dall’unità alla repubblica (2006).
- 2000 Eclissi del principe e crisi della storia, Angeli, Milano,
- 1998 Storia della Mafia Newton & Compton
- 2002 È davvero esistita la Prima Repubblica? Saggio su De Gasperi, Togliatti e il trasformismo italiano
- Giuseppe Carlo Marino Biografia del sessantotto Sottotitolo Utopie, conquiste, sbandamenti
Bompiani, Milano, 2004 , Isbn 88-452-3258-1Prefazione di Nicola Tranfaglia
- I padrini edito da Newton Compton, 2006
- Le Generazioni italiane dall'Unità alla RepubblicaBompiani
- La Sicilia delle stragi Newton Compton