uomo che ha dato tutto se stesso al Partito Comunista ed alla città"
CARLO DI DONNA Ho letto con molto interesse l'articolo dell'avvocato Aurelio La Rosa su Carlo Di Donna pubblicato dal Corriere di qualche giorno fa. La Rosa conclude il suo intervento proponendo di intitolare una via della città a Di Donna sindaco di Taranto nella seconda metà degli anni '40. La lettura dell'articolo mi ha intrigato assai e mi sono preso la briga di andare a scartabellare nella collezione di questo autentico archivio storico della nostra città che è il Corriere del Giorno. Dalla lettura del "Corriere" di quei giorni emerge la vicenda straordinaria di un uomo, Di Donna, che ha dato tutto se stesso al Partito Comunista e alla città, a cui avversari politici e compagni di partito riconoscevano competenza in materia amministrativa, probità e onestà morale, ma che ha avuto anche un destino che non meritava. Messo elegantemente alla porta fu lasciato solo e abbandonato proprio nel momento in cui aveva bisogno di aiuto per sé e per la sua famiglia. Non mi soffermo sulle qualità dell'uomo. Lo ha fatto egregiamente l'avvocato La Rosa. La lettura del Corriere del Giorno di quegli anni e la consultazione di qualche documento d'archivio dell'epoca ci soccorrono per ricostruire una vicenda emblematica di quegli anni eroici nel corso dei quali si costruiva la democrazia nel nostro Paese e si ritesseva il tessuto della vita politica, democratica ed economica della nostra città sfasciato dalla guerra. Io ritengo che su quegli anni una volta o l'altra andrà fatta una ricerca specifica e approfondita per ricostruire fatti, avvenimenti e personaggi poiché uomini come Agilulfo Caramia, Ciro Drago, Odoardo Voccoli, Carlo Di Donna, Nicola De Falco Raffaele Leone, rappresentano le prime grandi personalità intorno a cui, pur nella virulenza della lotta politica, si andava costruendo il tessuto connettivo della giovane democrazia tarantina. Occorre però ricostruire quegli anni senza lasciarsi irretire da miti e mitologie fuorvianti che possono essere utili alla politica ma che non servono alla storia. E' vero che la storia la fanno i vincitori ma è anche vero che è compito di chi si occupa di storia rimettere le cose alloro posto sulla base di documenti storici. Ebbene per quanto riguarda la storia di quegli anni noi sentiamo parlare sempre di alcuni grandi sindaci, mentre per altri, come è il caso Di Donna, si tace. Si parla di Agilulfo Caramia prestigioso avvocato, di Ciro Drago socialista, archeologo e direttore del Museo Archeologico di Taranto, ambedue nominati dal C.L.N., di Odoardo Voccoli, di Nicola De Falco, ma non si parla, anzi si tace intenzionalmente, di Carlo Di Donna che ha ricoperto l'incarico di sindaco dal 5 febbraio 1949 al 2 maggio 1950. E di Di Donna non ama parlare soprattutto chi comunista è stato negli anni '50 e '60. Una sorta di rimozione per la consapevolezza di aver fatto un torto ad un militante che non lo meritava. Proviamo a ricostruire i fatti. Carlo Di Donna è un militante del PCI , ragioniere e commerciante. Il 18 marzo del 1948 viene eletto per la prima volta sindaco e succede ad Odoardo Voccoli. E' una eredità pesante quella di Voccoli, leader storico del PCI e protagonista delle lotte operaie dei primi anni del secolo. Odoardo Voccoli insieme agli altri due leaders storici dell'allora Partito Socialista tarantino che aveva la sua sede al pendio Lariccia nella città vecchia, Edoardo Sangiorgio e Giuseppe Portone, nel corso del biennio rosso '19-'20 era stato un protagonista delle lotte contro il caro vita, la farina adulterata e le condizioni di miseria in cui versava la popolazione di Taranto. Antifascista e perseguitato politico durante il ventennio, nel '46, cioè nelle prime libere elezioni del dopoguerra era stato eletto a furor di popolo Sindaco di Taranto e poi nel '48 al Senato della Repubblica. Insomma un uomo di grande prestigio e di grande carisma molto amato dalla gente. Non sarebbe stato facile fare i conti col ricordo che di lui conservava la gente di Taranto. Ma Di Donna ha tutte le carte in regola per essere un buon sindaco, è una persona competente sul piano amministrativo specialmente in quella finanziaria per essere ragioniere, è una persona perbene e onesta, è un fedele militante del PCI ma è però un uomo sfortunato. Appena eletto il 18 marzo del 1948, su ricorso presentato dall'avvocato Nicola Pappacena, esponente dell'Uomo Qualunque, il prefetto ne contesta la elezione per motivi di procedura ritenendo la seduta del Consiglio Comunale che lo ha eletto sindaco non valida per mancanza di numero legale. Di Donna e la Giunta eletta fanno ricorso patrocinati da Massimo Severo Giannini. Rimane quindi in carica il prof. Giulio Cesare Fella del PRI che, dopo le dimissioni da sindaco di Voccoli, candidato al Senato per il blocco social comunista alle elezioni del 18 aprile 1948, aveva assunto l'incarico di sindaco facente funzioni. Nel gennaio del '49, cioè dopo dieci mesi dalla elezione, il Ministero degli Interni dà ragione a Di Donna dichiarando la seduta nella quale era stato eletto sindaco perfettamente valida. Di Donna il 5 febbraio del 1949 viene confermato alla carica di sindaco della città. Terminerà il suo mandato il 2 maggio del 1950 dopo aver svolto un buon lavoro. Non mi soffermo sulle realizzazioni importanti della Giunta Di Donna nel sia pur breve periodo di gestione della cosa pubblica poiché lo ha fatto egregiamente l'avvocato La Rosa. E' un anno e qualche mese di intensa attività amministrativa, molto apprezzata dalla gente. Il consenso della popolazione e la coscienza di aver svolto bene il proprio compito alimentano in lui la legittima aspirazione ad essere riconfermato sindaco. Nel corso del suo mandato però incappa in un guaio con la giustizia amministrativa. Nel mese di agosto il prefetto dottor Girolamo Speciale incarica il co-prefetto Martinelli di condurre un'ispezione sugli atti amministrativi del Comune di Taranto. Bisogna tener conto che siamo in periodo di pieno centrismo e dopo il 18 aprile le prefetture su indicazioni del Governo intendono fare le bucce alle ultime roccaforti della sinistra. E Taranto era una di queste e certamente tra le più forti. Ne nasce un contenzioso con la Corte dei Conti che accusa l'amministrazione Di Donna di aver utilizzato in maniera impropria la somma di 1.106.600 lire riveniente da offerte volontarie dei cittadini e dalle tasse di concessione della villa Garibaldi ad un Luna Park. Tale somma era stata destinata dalla giunta Fella in beneficenza non essendovi alcuna disponibilità di bilancio per aiutare i cittadini indigenti che nell'immediato dopo guerra dovevano essere una moltitudine. Un modo insomma per venire incontro alle difficoltà di una città che si leccava ancora le ferite di una guerra sciagurata che l'aveva toccata direttamente. Nel marzo del 1949 Di Donna, subentrato a Fella, aveva ricevuto da questi la consegna di questo denaro depositato presso l'Agenzia locale del Banco di Roma e intestato al Comune di Taranto sotto il titolo Fondo di beneficenza. Di Donna ritiene di utilizzare questi fondi per una fornitura di scarpe ad un gruppo di bambini poveri delle scuole elementari. Il contenzioso con la Corte dei Conti non ha alcun fondamento, ma esso basta per essere utilizzato come pretesto per sbarragli la strada nella corsa alla poltrona di primo cittadino. Il periodo che va dal gennaio al febbraio 1950 è un periodo burrascoso per l'Amministrazione Di Donna. La maggioranza è divisa e la minoranza approfittando di ciò si dimette in blocco ed apre la strada al commissario prefettizio dott. Ferruccio Scolaro che viene nominato il 3 maggio 1950. Il 10 giugno 1951 si va alle urne. Malgrado le previsioni e la svolta centrista che dopo il 18 aprile '48 aveva portato i moderati alla guida del Paese, a Taranto il blocco moderato viene battuto e la sinistra rimane saldamente in sella. Una curiosità, l'avversario di Di Donna, nella corsa alla poltrona di primo cittadino è Fella che nel frattempo era passato dalla sinistra al blocco moderato. La sinistra quindi rimane saldamente arroccata a Palazzo di Città. Di Donna è il più suffragato, prende oltre 6.000 voti di preferenza. Ma c'è qualcosa che si muove alle sue spalle. La direzione provinciale del partito comunista ha stabilito diversamente. Sindaco di Taranto deve essere un operaio antifascista per confermare nell'immaginario collettivo della classe operaia tarantina l'immagine operaistica e antifascista che era stata inaugurata da Odoardo Voccoli. Taranto è rimasta una delle poche roccaforti rosse del mezzogiorno e il PCI del "Migliore" non può permettersi di commettere un errore. In una Taranto nella quale il motore della ricostruzione stenta a mettersi in moto e che continua ad avvertire i segni della grave crisi che attanaglia il Paese, disoccupazione, bassi salari, scarsezza di generi di prima necessità, in una città nella quale imperversano i licenziamenti pacciardiani nell'arsenale e nei cantieri Tosi, va riconfermata con forza l'immagine di un PCI battagliero, punto di riferimento della classe operaia ed erede della tradizione antifascista. Il partito ha l'uomo giusto, si chiama Nicola De Falco. E' un operaio dei Cantieri Tosi, antifascista e perseguitato politico, con un grande seguito popolare per essere stato un dirigente sindacale. Nicola De Falco gode di molto prestigio nel partito, sia presso la base dei militanti che presso i vertici della Federazione del PCI Jonico. Alle elezioni del '51 però ha preso appena 1860 voti, un'inezia rispetto ai 6000 voti raccolti da Di Donna. Di Donna quindi è un ostacolo serio alla realizzazione del progetto della dirigenza provinciale del PCI non solo per essere stato l'ultimo sindaco comunista prima della fase commissariale del dott. Scolaro, ma anche per il numero dei consensi personali conseguiti. Egli è quindi il candidato naturale a ricoprire la carica di sindaco e di questa sua legittima aspirazione a succedere a se stesso sulla poltrona di primo cittadino non fa mistero. Di Donna però ha un peccato d'origine, è un ragioniere e un commerciante, esponente di quella piccola borghesia mercantile colta e di sinistra che ha pochi legami con i duri e i puri della classe operaia tarantina dei cantieri e dell'arsenale e che per questo è scarsamente rappresentativo dell'immagine che il PCI degli anni 50 vuole dare di sé. Però come Sindaco ha lavorato bene, come capolista è stato il più suffragato dimostrando di godere della stima e dell'affetto non solo della base del PCI ma anche di larga parte di tarantini. Il problema non è di facile soluzione. A questo punto salta fuori la storia del contenzioso del '49 a carico di Di Donna pendente presso la Corte dei Conti. Nel procedimento presso la Corte dei Conti, Di Donna è assistito dall'avvocato Antonio Altamura, un principe del foro tarantino degli anni cinquanta, maestro di un'intera generazione di avvocati della nostra città, che non deve fare eccessivi sforzi per dimostrare che i soldi erano stati legittimamente spesi. Comprare le scarpe e dei bambini poveri della città, non è forse un atto di beneficenza? Ma nel '51 ancora non era uscita la sentenza di assoluzione che verrà solo nel 1953. In questo momento Di Donna è ancora sub iudice. Il pretesto è ottimo per sbarrargli la strada. In un altro momento il PCI avrebbe tuonato contro "la politica persecutoria degli organi tutori che bloccano il processo democratico delle amministrazioni popolari". Stavolta l'organo federale non dice una parola sull'argomento e questo è il segnale che Di Donna ormai deve fare le valigie. D'altro canto ciò gli viene formalmente richiesto dagli organi dirigenti del PCI tarantino i quali gli impongono di non ricandidarsi. Di Donna da quel gentiluomo e fedele militante del PCI che è risponde con un "obbedisco" e si piega alla disciplina di partito pur essendo perfettamente consapevole di essere oggetto di un sopruso. Il 13 luglio del 1951, nella seduta del consiglio comunale che deve eleggere il sindaco, va in aula teso e, prendendo la parola, dichiara che per motivi personali non èdisponibile a riproporre la propria candidatura a sindaco della città. La cosa non è bevuta dai commentatori politici dell'epoca. Il Corriere del Giorno, nella sua edizione del 3 luglio 1951, scrive "Con un magro ben servito, il PCI ha ieri sera silurato l'ex sindaco Carlo Di Donna, sia pure con ben orchestrati applausi e con qualche fascio di fiori rossi. Ma tutti hanno avuto netta la sensazione che si è trattato di un siluramento bell'e buono". Nasce così l'amministrazione De Falco con 32 voti favorevoli e 17 astensioni della minoranza. Della nuova giunta fanno parte i comunisti Albino De Vincentiis, Augusto Intelligente, Vito Galizia (indipendente), Giuseppe Testa, Filippo Di Todaro, e i socialisti Giuseppe Giancane, Pasquale Caffio ed Elena Barberio. Da questo momento di questa storia al PCI non intenderanno più parlare neanche quando nel '54 scoppia la polemica in casa comunista sollevata dal consigliere comunale e militante di primo piano del partito Vincenzo Saracino avversario interno di De Falco e Nino D'Ippolito segretario provinciale. Saracino, in un articolo comparso sul Corriere del Giorno del 26 novembre 1954, cioè in piena era De Falco, parlando di Di Donna e della consultazione elettorale del '51 scrive testualmente "... con l'ultima consultazione elettorale amministrativa quel nome (Di Donna n.d.r.) servì da beffa atroce prima ai compagni di base poi all'intera cittadinanza". Certo le dichiarazioni di Saracino vanno prese con le pinze essendo egli un feroce oppositore di De Falco ma esse sono comunque la testimonianza di ciò che è accaduto ai danni di Di Donna. E l'imbarazzo su questa vicenda continua almeno fino agli anni '80 tant'è che quando Nicola Caputo, che sta lavorando al suo bel libro "Parola di Sindaco" Sedi Editore-Taranto 1985, incontra Nicola De Falco e gli chiede di parlargli della questione Di Donna, l'ex sindaco risponde "Sì, in effetti Di Donna aspirava a rifare il sindaco, però... Lui era un commerciante... e poi aveva un carattere diverso dal mio. Sta di fatto che il partito scelse me al suo posto". Questa la risposta evidentemente imbarazzata ed evasiva dell'ex sindaco il quale fa a Caputo anche altre rivelazioni, probabilmente importanti, che però l'autore dichiara di non poter rivelare avendo preso in tal senso un impegno preciso col vecchio senatore. Di Donna dopo il siluramento nel consiglio comunale che ha eletto sindaco De Falco abbandonerà via via l'attività politica e subirà numerose traversie familiari. Come dice Saracino "da quando è stato sostituito dalla carica che degnamente occupava, vive appartato e direi quasi dimenticato dai suoi siluratori". Il 17 maggio del 1957, sindaco Raffaele Leone, presenta le dimissioni da consigliere comunale ma il Consiglio le respinge. I comunisti si astengono. Nelle elezioni amministrative del 6 novembre 1960 viene ancora una volta eletto consigliere comunale con oltre 2000 preferenze. Nel maggio 1961 si dimette dal partito comunista. La ferita di dieci anni prima è ancora aperta. Ma è ormai stanco per combattere. Difficoltà di carattere economico fanno sì che egli chiuda la sua attività di commerciante con gravi problemi per la sua famiglia. Abbandonato dai suoi compagni di partito si riprende grazie all'aiuto proprio di chi non se l'aspettava, i suoi avversari politici. Muore il 15 febbraio 1980 senza che l'amministrazione pubblica senta il dovere di tributare il dovuto omaggio ad un suo amministratore che ha rappresentato con onore la città. Una storia esemplare di un uomo che alla politica, al partito e alla città ha dato tutto senza avere in cambio nulla, neanche la gratitudine della gente e dei suoi compagni di partito. Se c'è una massima che vuole la gratitudine non abitare su questa terra questa massima l'ha sperimentata Carlo Di Donna. La ricerca di giustificazioni e responsabilità ovviamente non ha alcun senso dopo 50 anni. So bene che nel PCI di allora tutto era giustificato e giustificabile con la ragion di partito per cui si darebbe ragione anche di questo episodio, ma ritengo che oggi la visione provvidenzialistica e giustificatoria della storia che ha caratterizzato la storiografia del PCI per 50 anni abbia fatto spazio, nei suoi eredi attuali ad una visione più laica nelle lettura dei fatti storici che vengono interpretati attraversò la lente di un sano e laico revisionismo. Un grande partito come era il PCI degli anni '50 e come è oggi quello dei suoi eredi DS, protagonista di grandi eventi che hanno costruito la democrazia i questo Paese, è capace anche di grandi autocritiche. Un riconoscimento del valore politico e morale dell'uomo Carlo Di Donna e una rivalutazione storica del politico e dell'amministratore sono il minimo che il suo partito e la città possano fare nei suoi confronti.
Mario Guadagnolo
Dal Corriere de giorno di ven 30 Agosto 2001
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o3.1 Età antica o3.2 Medioevo o3.3 Dal Rinascimento all'età moderna o3.4 L'età contemporanea da finire
o4.1 Agricoltura o4.2 Allevamento o4.3 Secondario
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o7.1 Collegamenti o7.2 Eventi o7.2.1 Carnevale di Massafra Fatto o7.2.2 Stramassafra Fatto o7.3 Da visitare
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o9.1 Civico Museo Storico Archeologico della Civiltà dell’Olio e del Vino Fatto
o9.2 Istruzione
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o11.1 Mass media o11.2 Film e cortometraggi
o13.1 Chiese Rupestri
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• Estensione del Taekwondo e dell’educazione sportiva nella provincia di Taranto, partendo dai bambini nelle scuole, nelle quali siamo presenti dal gennaio del 2007;
• Socializzazione e lotta contro emarginazione ed abbandono scolastico dato che lo sport rappresenta un mezzo di supporto fra scuola e famiglia con il nostro grande alleato chiamato “gioco”;
• Educazione Sportiva degli adulti;
• Preparazione di atleti di qualità;
• Aumento di Tecnici Specializzati e soprattutto di palestre dove praticare questa disciplina olimpica, con la consapevolezza che un maggior numero di palestre possa incrementare l’interesse della gente verso questo sport e quindi il numero di praticanti.
el 1862, un anno dopo la spedizione riuscita dei Mille e l'unificazione di una notevole parte dell'Italia in un regno unito, Garibaldi intraprese un tentativo di conquistare Roma che restava sotto il controllo del Papa. I garibaldini stavano avanzando da Sud, dalla Calabria, ma le loro azioni militari non erano nei piani del governo di Vittorio Emanuele. Contro Garibaldi furono inviate truppe reali e il 29 agosto 1862 ad Aspromonte vi fu uno scontro armato. Garibaldi fu ferito ad una gamba, fatto prigioniero e su ordine del Re fu rinchiuso in una fortezza come insorgente. Vittorio Emanuele, essendo costretto a tenere in considerazione la popolarità di Garibaldi, di lì a poco emise il decreto con cui gli fu concessa la grazia. Garibaldi ferito fu inviato a La Spezia per un periodo di cura.
Lo stato di salute di Garibaldi suscitava seria preoccupazione. La ferita ad una gamba cominciò ad imputridirsi, la sua vita era in pericolo. In Italia arrivarono noti medici provenienti da vari paesi ma il trattamento terapeutico che effettuavano era poco efficace. I medici insistevano sulla necessità di amputare la gamba per salvare la vita del paziene.
In quel tempo a Heidelberg, in Germania, si trovava il chirurgo russo Nikolaj Ivanovich Pirogov, inviato in missione dal Ministero dell'Istruzione Pubblica per controllare gli studi degli studenti e giovani scienziati russi che stavano trascorrendo un periodo di tirocinio all'estero. I giovani russi seguivano attentamente gli avvenimenti in Italia. Garibaldi fu un loro idolo e la comunità studentesca russa rivolse a Pirogov la richiesta di andare a La Spezia a consultare e, eventualmente, sottoporre ad una cura Garibaldi.
Il Ministro dell'Istruzione Golovin non si opponeva a che il chirurgo si recasse in Italia ma ad una condizione: nessuna spesa a carico dello Stato, tutte le spese di viaggio sarebbero state coperte da lui stesso. Pirogov non era in grado di affrontare le spese del genere: in quel tempo egli percepiva solo lo stipendio ministeriale e non aveva altri proventi. Il viaggio in Italia era in pericolo di fallimento. Allora gli studenti russi raccolsero con una sottoscrizione i fondi necessari per il viaggio e il 30 ottobre 1862 Pirogov arrivò a La Spezia.
I medici impegnati nel trattamento terapeutico di Garibaldi effettuavano il sondaggio della ferita ma non riuscirono ad individuare la pallottola e decisero che essa fosse rimbalzata avendo lesionato tessuti ossei. Pirogov, dopo avere interrogato il paziente, si accertò che lo sparo era stato fatto da una distanza di trecento passi circa con una pallottola conica di tipo sardo. Esaminata la ferita, egli vide un solo foro da pallottola penetrante nell'osso. Gli furono mostrati dei frammenti delle calzature e delle ossa estratti dalla ferita ed egli capì che una simile pallottola e con un simile sparo, penetrando nell'osso ed introducendo nella ferita dei frammenti della pelle di uno stivale e dell'abbigliamento, non potè rimbalzare.
Pirogov aveva fatto una ricca esperienza di cura dei soldati ed ufficiali feriti russi durante la campagna della Crimea e della difesa di Sebastopoli negli anni 1854-1855. Si era scontrato più volte con simili casi in condizioni di campo. Perciò ora gli era chiaro, anche senza dovere fare un sondaggio, che la pallottola era bloccata in una gamba di Garibaldi, proprio nel suo osso. Ma non era il caso di affrettarsi ad estrarla. I tentativi di estrarre la pallottola immobile avrebbero provocato un forte dolore al ferito, anzi uno shock per dolore. Con un trattamento adeguato del paziente la pallottola, a poco a poco, si sarebbe spostata gradualmente verso l'esterno. Pirogov consigliò di trasferire Garibaldi da una stanza angusta in un locale spazioso e pieno di luce in cui ci fosse più aria fresca nonché di cambiare clima: ossia di trasferirlo da La Spezia marinara con il suo clima umido in una zona a clima più asciutto. Pirogov gli prescrisse anche una terapia curativa basata sulla sua esperienza pratica fatta in condizioni di guerra. Garibaldi diede ascolto al medico russo e cominciò a seguire tutte le sue raccomandazioni. Al 25-mo giorno la pallottola effettivamente riaffiorò in superficie della ferita e fu rimossa senza particolari sforzi, senza causare sofferenze al paziente.
Pirogov annoto' tutto cio' nei suoi diari che ora si custodiscono nel suo archivio a San Pietroburgo. "Per il vero, - ebbe a scrivere il chirurgo russo, - gia' allora si sentiva dire che era necessario amputare la gamba, ma secondo me, lo si spiegava non tanto con serie convinzioni scientifiche quanto con un gioco dietro le quinte. Garibaldi sia malato o sano, resta oggetto di azioni di vari partiti".
Pirogov fece valere la sua posizione e Garibaldi conservo' la sua gamba. Dopo la partenza dall'Italia il medico russo continuo' a consultare Garibaldi attraverso le lettere. In una delle sue lettere a Pirogov si legge in francese: "Mio caro Pirogov, la mia fertia e' gia' quasi del tutto guarita. Mi sento in dovere di ringraziarLa per la cura premurosa che Lei mi ha prestato, e per il trattamento terapeutico fatto con competenza. Mi consideri, mio caro Dottore, Devotamente Suo Giuseppe Garibaldi".
Nell’autunno dello stesso anno Pirogov si collegò con l’ondata di indignazione e preoccupazione che percorse l’opinione pubblica europea per la dolorosa vicenda di Aspromonte: se le cancellerie europee esprimevano timore per il nuovo focolaio di crisi che andava ad accendersi nel giovanissimo regno d’Italia appena formatosi, dalla Germania alla Francia, dall’Inghilterra alla Svizzera, numerose e massicce manifestazioni palesavano il sentimento e la trepidazione dei democratici di tutta Europa circa la sorte e il trattamento riservato ai garibaldini e al loro capo. L’Eroe dei due mondi, l’intangibile Generale dei Mille, il Magnanimo guerrigliero era stato colpito, ferito, imprigionato dai suoi stessi compatrioti. Per gli esiti della sfortunata campagna del 1862 Garibaldi rischiava addirittura di perdere una gamba. Così racconta quella vicenda Giuseppe Guerzoni, suo biografo e amico: “La palla d’Aspromonte era certamente annidata nella profondità dell’arto, ma non era stato finora possibile ai più valenti chirurghi d’Italia e d’Europa il determinarne la posizione precisa. Da ciò la gravità sempre pericolosa della ferita; da ciò una tortura quotidiana di specillazioni, di tagli, di esplorazioni, che il martoriato sapeva sopportare con spartana fortezza, ingannando quelle lunghe giornate di decubito e di inerzia colla lettura di pochi libri e la scrittura dei suoi ricordi; sorridendo e conversando placidamente sotto il bisturi” (G. Guerzoni, Garibaldi). Più preciso il racconto di Alfonso Scirocco in una pagina del suo recentissimo Giuseppe Garibaldi: “A spese degli ammiratori del Generale, vennero a visitarlo celebri chirurghi, l’inglese Partridge, il francese Auguste Nélaton, il russo Nicolaj Pirogov. Degli italiani, oltre a Enrico Albanese, Giuseppe Basile e Pietro Ripari, accanto a lui nei primi giorni, lo curarono il milanese Bertani il napoletano Ferdinando Palasciano, il milanese Giambattista Grandina, il fiorentino Ferdinando Zanetti” che, anche a causa dell’artrite di cui soffre da tempo il Generale, non riescono a stabilire la presenza o meno del proiettile nella lesione. Pirogov, anche sulla base dell’esperienza maturata in anni e anni di interventi praticati sui campi di battaglia, visita Garibaldi a La Spezia e si dichiara contrario a qualsiasi ipotesi di amputazione dell’arto. I fatti gli danno ragione: identificata la presenza della pallottola, questa, viene finalmente estratta dallo Zanetti Era il 23 novembre 1862 “dopo ottantasei giorni di cura incerta e temporeggiatrice, la prima vittoria certa, condizione indispensabile della guarigione” (Guerzoni). Una lettera colma di gratitudine inviata da Garibaldi al famoso scienziato russo testimonia il rapporto di stima e di simpatia che da quell’occasione legò i due illustri personaggi, impegnati, ognuno nel proprio campo, nel progresso della libertà e della conoscenza.
Non potendo camminare, il generale fu trasportato in barella fino a Scilla dove venne imbarcato per essere condotto a La Spezia. Le condizioni del ferito erano preoccupanti: la ferita alla coscia sinistra si stava rimarginando, ma quella al piede destro dava molto pensiero ai numerosi medici, italiani e stranieri, che erano accorsi per curare Garibaldi. Il piede era gonfio e infiammato e nonostante i vari tentativi dei medici che aprivano la ferita per tastarla, con grande sofferenza del malato, ancora a due mesi dal ferimento non si riusciva a capire se la pallottola era conficcata nella ferita e in caso affermativo dove fosse esattamente.
Il ferimento di Garibaldi produsse una grande eco in tutta Europa, Russia compresa. Nell’impero zarista erano note a tutti le imprese epiche del generale, il cui nome veniva spesso associato agli aneliti libertari della popolazione russa. In quegli anni i servi della gleba avevano finalmente ricevuto l’agognata liberazione e un’atmosfera di aspettative infervorava tutti gli animi. E’ vero pure che per quanto il regime potesse essere tollerante non per questo era meno guardingo: i dirigenti zaristi erano ben consapevoli che al grido “viva Garibaldi” si poteva passare ad “abbasso lo zar”. Quindi, se il generale Garibaldi era il protagonista principale dei discorsi nei circoli liberali, la figura del rivoluzionario non poteva essere osannata con ostentazione in pubblico. Senza dubbio, mai come allora la Russia e l’Italia sembravano accomunate da eguali passioni e aspirazioni. E in effetti, fra i garibaldini, c’erano anche molti russi.
Se la parte liberale d’Europa era in ansia per il generale ferito, non meno turbati erano gli studenti russi che vivevano all’estero. Anche loro volevano prendere parte alla gara di solidarieta’ che si era concretizzata in un infinito stuolo di medici che giungevano a La Spezia per visitare il malato. Gli studenti russi raccolsero mille franchi per far venire il celebre professore Pirogov, cosi’ nell’ottobre 1862 Nikolaj Pirogov ando’ in Italia.
Il 28 ottobre 1862 Nikolaj Pirogov era a La Spezia per visitare Giuseppe Garibaldi. Il generale soffriva moltissimo per il dolore causato non solo dalla ferita stessa, ma soprattutto dai continui controlli invasivi affettuati dai medici alla ricerca della pallottola. Garibaldi probabilmente fu meravigliato nel vedere che Pirogov riusci’ a fare la sua diagnosi senza toccare la ferita e basandosi solo sul suo aspetto esterno. Pirogov, dopo aver rassicurato i presenti che il generale non era in pericolo di vita, affermo’ che la pallottola si trovava nell’osso, nel malleolo esterno. Non c’era pericolo di amputazione, continuo’ il chirurgo russo, pero’ non bisognava procedere subito all’estrazione della pallottola, sarebbe stato meglio aspettare che questa si fosse spostata. L’unica cosa da fare era attendere il momento adatto. La prescrizione del chirurgo russo non fu disattesa e, dopo 26 giorni, cosi’ come Pirogov aveva previsto, la pallottola fu estratta facilmente.
Per molto tempo Pirogov e Garibaldi intrattennero una corrispondenza epistolare per cui tramite il chirurgo russo elargiva al generale i suoi consigli di carattere medico. Garibaldi provava molta gratitudine come si evice da una sua lettera del 6 agosto 1863: “Mio caro dottor Pirogov! La mia ferita e’ quasi guarita, e io sento la necessita’ di ringraziarla per l’affettuosa premura che ha elargito cosi’ generosamente nei miei confronti. Siate certo, caro dottore, della mia devozione.
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Dinone era originario di Taranto fu insigne filosofo e stratego della città.Viene ricordato da Plutarco in Moralia, Cause greche
Cassio e Florencjusz, Lat. Florenzio et Cassio e sette compagni (che morì nel terzo secolo in Mechtern oggi Bonn ) - Romano soldati della mitica Legione Tebea , martiri cristiani , i santi della Chiesa cattolica .
Dopo la decimazione della Legione da Massimiano alcuni soldati sono riusciti a fuggire dal luogo del pogrom. Florencjusz Cassius ei suoi amici si nascose a Bonn. Ma essi furono catturati dai persecutori dei cristiani e giustiziato. La morte subite da altri legionari che hanno accettato il cristianesimo , che si trova vicino al gruppo di Cassio e Florencjusza: S. Gereon e 318 compagni, e S.. Viktor e 330 compagni di Xanten .
Sulla tomba di Cassio e Florencjusza (noto anche come Flora ), costruita la chiesa della loro richiesta , sul posto che ora è la Cattedrale dell'XI secolo è dedicata anche a loro, e S. Martino di Tours . I martiri sono i patroni della città di Bonn. Nel 2008 sono stati raggiunti da S. Adelaide di Vilich (oggi un quartiere di Colonia ).
Memoria liturgica dei martiri della Legione Tebea si celebra il 10 ottobre .
La memoria del dell'Arcidiocesi di Colonia e la celebrazione liturgica a Bonn si celebra il 2 maggio .
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Varcaturo è una località appartenente al comune di Giugliano in Campania.
Nota principalmente per l'alta concentrazione di stabilimenti balneari, essa fa parte del litorale domitio, ovvero il tratto di costa che va da Licola alla foce del Garigliano.
Sin dagli anni 60 è uno dei naturali sfoghi dei vacanzieri estivi di Napoli e provincia grazie alle numerose strutture presenti ed alla relativa facilità di raggiungimento tramite la strada statale 7 IV Domitiana.
Molto frequentata anche dai militari americani della vicina base NATO.
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28/04/2013 19:26
"mici stanno momenti che nella vita sanno a fare puro i discorsi seri
cioe io avvolte penzo come fa a certi uomini che la fica non ci piace, cioe e una bominio propio.
cioe lei e li che ti guada ettù non la parli nemmeno? bo non lo so.
la fica eccome la nutella piace attutti dai non posso penzare che stanno genti che non la amano. bo veramente rimango sconcentrato da queste cose che mi fanno penzare . addirittura pure alle fimmine ci piace vedi limportanza che cia
ciaveva raggione mio papa quando mi prendeva sui ginocchi emmi diceva:"Franco, emmeglio una fica brutta che una meravigliosa pugnetta"
amatela errispettatela che poi quando non ce vi pentite. la fica parlo"
Franco Minchia
http://www.iagiforum.info/viewtopic.php?f=3&t=8832 http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/notizia.php?IDNotizia=351675&IDCategoria=2757
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Girolamo Bax e Nniccu Furcedda
La tradizione letteraria salentina ci tramanda un’opera nel dialetto di Francavilla Fontana o dei dintorni, che Gerardo Trisolino, poeta e critico letterario di molta sensibilità, ha ristampato e tradotto in questi giorni per le edizioni Ferrarelli & D’Andrea. E’ il Nniccu Furcedda, commedia pastorale in tre atti, composta da Girolamo Bax ai primi del Settecento e conservata inedita da Vincenzo Caputo,un attore locale che la donò nel 1864 a Pietro Palumbo. Lo storico salentino la pubblicò,cinque anni dopo, in appendice alla sua Storia di Francavilla apportandovi interventi arbitrari di tipo linguistico,sulla trascrizione. Interventi che non sfuggirono a Rosario Jurlaro in una edizione del 1964 per la Olschki,non a Ciro Santoro che scoprì nella biblioteca Granafei di Mesagne una copia e infine a Mario Marti nell’edizione critica approntata nel 1994 e dove definiva il testo una delle prime e più importanti testimonianze letterarie in dialetto del Salento, dopo il Viaggio di Leuche di Gerolamo Marciano da Maruggio. Dunque un documento che ci aiuta a capire quanto ricca e antica sia stata la tradizione letteraria nel Salento e quanto il Settecento di Goldoni guardasse ai dialetti.
DATA DI NASCITA. -Chi era Bax? Frammentarie le notizie sulla sua vita, a cominciare dalla data di nascita. E persino il nome fu nascosto nello pseudonimo di Ciommo Bachisi. Sappiamo dallo storico ottocentesco Nicola Argentina che Nacque a Faggiano (secondo altre fonti a Grottaglie) da genitori di Francavilla,tra il 1684 e l’ 89 e che vestì l’abito talare. Nel 1706 fu aggregato al clero capitolare di Taranto Ma per volontà del principe Michele III Imperiali, venne destinato agli studi di medicina a Napoli. Bax sarebbe stato medico personale del principe,nella capitale, ma costretto a rientrare a Francavilla per le molte invidie scatenate tra i colleghi. Nella città della sua famiglia divenne membro dell’Accademia letteraria dei “Rinnovati”, sorta in casa degli Imperiali. Girolamo sposò una parente, forse una cugina, tale Angela Bax,dalla quale ebbe una figlia, Camilla e che ereditò una massaria detta “La Balestra” da un avo, il dottor Antonio Pagano Dell’Aglio. Ma pare che un’altra egli ne possedesse già di suo, ereditata da uno zio paterno, la masseria “Razziullo”.La vita in masseria lo accostò alla quotidianità di pastori e contadini e gli offrì materia per questa farsa pastorale. Bax morì nell’agosto del 1740.
La trama è semplice e si dipana secondo lo schema della commedia plautina, Trisolino cita l’Au l u l a r i a , o la commedia degli equivoci di ascendenza rinascimentale. La scena è collocata sull’aia della masseria di Fallacchia,in agro di Francavilla. Massaro Nniccu, diminutivo dialettale di Francesco, un facoltoso e collerico padre padrone, ha promesso la figlia Nina al ricco avvocato Rocco Spallecchia, arrogante e spocchioso. Si oppone Perna ,moglie del massaro e i litigi tra i due sfociano in risse e battibecchi che coinvolgono anche Renzo, altro figlio dei due. Nina a sua volta ama Paolo, un giovane contadino. La vicenda va avanti secondo questo cliché fin quando Rocco non presenta a Nniccu le sue richieste. Vuol conoscere la dote della ragazza e l’elenco dettagliato delle proprietà del massaro. La richiesta manda su tutte le furie Nniccu che sedutastante rompe il matrimonio,caccia il pretendente e accetta la richiesta di Paolo per Nina.
FARSA PASTORALE. -
Trisolini si impegna a dimostrare che si tratta di farsa pastorale e non di “farsa carnevalesca” come è stata da sempre presentata, ovvero commedia cavaiola da rappresentare durante il carnevale. Se fosse tale, i personaggi sparerebbero a zero contro i potenti, come si fa nella libertà del carnevale, e ci sarebbe spazio per delle maschere, che invece sono assenti. Composta da gliommeri,ovvero frottole in endecasillabi con rimalmezzo, il suo pregio, continua il critico, sta nella lingua usata da Bax, nell’utilizzo di proverbi e modi di dire salentini, nella salacità dell’autore. Il personaggio chiave è Nniccu, con le sue trovate “Ci cacci unna sputazza,mi la gnottu,/ca cu quedda mi bottu e ffrancu pani” (se caccio uno sputo, me lo ingoio, perché con quello mi riempio lo stomaco e risparmio pane),ma più moderna è Perna, coraggiosa e vicina alle ragioni del cuore e tale da costringere il marito alla resa. Come moderno è il contrasto generazionale tra padre e figli. Palumbo inviò copia del Nniccu a Niccolò Tommasei e a Cesare Cantù. Entrambi apprezzarono il testo e Tommaseo scrisse una lettera elogiativa all’amico pugliese. Poi il silenzio avvolse la farsa e solo il secondo Novecento la riscoprì. Perché si sono succeduti studi e riedizioni,fino alla versione teatrale realizzata dalla Treatro Sud di Mola di Bari per cura di Egidio Pani e Michele Serio nel 1988, con la regia di Antonio Ferrante.
Angelo Garibaldi (ca.1670-1749) | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Domenico Garibaldi (1709-1747) | Maria Riceto | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Angelo Maria Garibaldi (Val Garibaldo 1741-1811) | Isabella Puccio di Chiavari | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Domenico Garibaldi (Chiavari 1766-1841) | Rosa Raimondi (Loano 1776-Nizza 20 marzo 1852) | Stefano Garibaldi | Giuseppe Garibaldi | Rosa Garibaldi | Angelina Garibaldi | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Maria Elisabetta Garibaldi (1798-1799) | Angelo Garibaldi (1804 - 1853) | Michele Garibaldi (1810 - 1866) | Felice Garibaldi (1813 - Nizza 1855) | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Francesca Armosino (Antignano,1846 – Caprera ,1923) | Giuseppe Garibaldi (Nizza 1807- Caprera 1882)) | Ana Anita Ribeiro da Silva (Morrinhos,1821 – Mandriole, 1849) | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Clelia Garibaldi (1867 - 1959) | Rosita Garibaldi 1869 - 1869) | Manlio Garibaldi (1873 - 1900) | Domenico "Menotti" Garibaldi (1840-1903) | Teresa Garibaldi detta Teresita(1845-1903) | Rosa Garibaldi, detta Rosita,(1843 - 1845) | Ricciotti Garibaldi (1847-1924) | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
├──> Giuseppe Garibaldi (Nizza 1807-Caprera 1882) │ * sposa Anita Garibaldi, (1849) presso Ravenna │ ├──> │ │ * sposa Francesca Italia Bidischini dall'Oglio (1852-1927) e ne ebbe sei figli │ │ ├──>Anita Garibaldi (1875 - 1961) │ │ │ * adottò i nipoti della sorella Rosita, figli del figlio di lei, Giulio Ravizza, che pertanto portano il cognome di Ravizza Garibaldi. │ │ ├──>Rosita Garibaldi (1877 - 1964) │ │ │ * sposa nel 1897 il conte Vittorio Ravizza d'Orvieto (1874 -1947) │ │ │ ├──> Giulio Ravizza (1898-1950) │ │ │ │ * sposa Gabriella Barluzzi (1905-1997) │ │ │ │ ├──>Maria Stefania Ravizza Garibaldi (1927) │ │ │ │ │ * sposa Alessandro Samuelli Ferretti (1926) │ │ │ │ │ ├──>Giacomo Samuelli Ferretti (1960) │ │ │ │ │ * sposa Annalisa Rocchietti March (1961) │ │ │ │ │ │ ├──>Tommaso Samuelli Ferretti (1991) │ │ │ │ │ │ └──>Lavinia Samuelli Ferretti (1992) │ │ │ │ │ └──>Costanza Samuelli Samuelli Ferretti (1961) │ │ │ │ │ * sposa Fabio Buscaglione (1961) │ │ │ │ │ ├──>Giulio Buscaglione (1991) │ │ │ │ │ ├──>Giovanni Buscaglione (1992) │ │ │ │ │ ├──>Alessandro Buscaglione (1994) │ │ │ │ │ ├──>Francesco Saverio Buscaglione (1998) │ │ │ │ │ └──>Maria Gabriella Buscaglione (2000) │ │ │ │ ├──>Giuseppe Filippo Ravizza Garibaldi (1928-2003) │ │ │ │ │ * sposa Rosa Gambino (1934) │ │ │ │ │ ├──>Giulio Ravizza Garibaldi (1964) │ │ │ │ │ └──>Paolo Ravizza Garibaldi (1966) │ │ │ │ └──>Francesco Ravizza Garibaldi (1933) │ │ │ │ * sposa Maura Cova │ │ │ │ │ └──>Stefano Ravizza Garibaldi(1959) │ │ │ │ │ * sposa Barbara Puri (1962) │ │ │ │ │ ├──>Luca Ravizza Garibaldi (1995) │ │ │ │ │ └──>Giulia Ravizza Garibaldi (1997) │ │ │ └──> Odoardo Ravizza (1901-1967) │ │ ├──>Gemma Garibaldi (1878 - 1951) │ │ ├──>Giuseppina Garibaldi (1883 - 1910) │ │ ├──>Giuseppe Garibaldi (1884 - 1886) │ │ └──>Giuseppe "Peppinello" Garibaldi (1887 1969) │ │ * sposa Gabriella Maria-Antonietta Rassauw(1887 -) │ │ └──>Teresita Garibaldi(1925-2002) │ │ └──>Stefano Garibaldi(1964) │ │ └──>Walter Garibaldi (1969) │ ├──> Teresa Garibaldi (1845-1903), detta Teresita, │ │ * sposa Stefano Canzio (1837-1909)ed ebbe 12 figli. │ │ ├──> Mameli Canzio (1862 - 1912/1929) │ │ │ * sposa Clorinda Petito (1876-1959) │ │ │ ├──>Giuseppe Canzio ( 1900 -1986) │ │ │ │ *Caterina Tarantola │ │ │ ├──>Rosina Canzio (1906 -1988) │ │ │ │ sposa nel 1929 Giuseppe Lo Bianco │ │ │ │ ├──>Carla Lo Bianco │ │ │ │ └──>Giuseppe Lo Bianco │ │ │ ├──>Stefania Elvira Canzio (1908 - 1990)) │ │ │ │ ├──>Clorinda Canzio │ │ │ │ ├──>Davide Campione │ │ │ │ └──>Rosetta Caruso │ │ │ ├──>Pasquale Canzio (1909 - 1993) │ │ │ │ * sposa nel 1925 Margherita Iole Gravina. │ │ │ │ ├──>Mameli Elio Canzio │ │ │ │ └──>Giovanni Canzio │ │ │ └──>Stefano Canzio (1910) │ │ │ * sposa nel 1925 Rosa Gravina │ │ │ ├──>Clorinda Lidia Canzio (1942) │ │ │ └──>Mameli Elio Canzio (1947) │ │ ├──> Anzani Canzio (1864 -1926) │ │ │ └──>Manlio Anzani Canzio (1916 -2002) │ │ │ * sposa Rosa Elena Alvarez │ │ │ ├──>Maria Antonieta Canzio (1945) │ │ │ │ * sposa Zoilo Medina Bastidas(1941) │ │ │ │ ├──>Miguel Medina Canzio (1973) │ │ │ │ │ ├──>Francisco Miguel Medina │ │ │ │ │ └──>Vanesa Natalia Medina │ │ │ │ ├──>Janet Nadia Medina (1977) │ │ │ │ ├──>Cinthya Giovanna Medina (1983) │ │ │ │ └──>Susan Mery Medina (1985) │ │ │ ├──>Jose Anzani Canzio (1947) │ │ │ │ * sposa Alicia Meneses Franco (1949) │ │ │ │ ├──>Rocio Alicia Canzio (1974) │ │ │ │ ├──>Cecilia Zarela Canzio (1978) │ │ │ ├──>Carlos Alberto Canzio (1950) │ │ │ │ * sposa Doris Bertha Ildefonso (1952) │ │ │ │ ├──>Claudia Patricia Canzio (1972) │ │ │ │ │ ├──>Nicole Argelis Suematzu │ │ │ │ │ └──>Mishelle Vaness Suematzu │ │ │ │ └──>Carlos Anzani Canzio (1978) │ │ │ ├──>Mario José Canzio (1956) │ │ │ │ * sposa Elena Leonor Julca Patiño(1958) │ │ │ │ ├──>Jacqeline Angela Canzio (1988) │ │ │ │ └──>Stefani Elena Canzio (1986) │ │ │ └──>Luis Arturo Canzio (1958) │ │ │ * sposa María Eugenia Murias(1962) │ │ │ └──>Renzo Anzani Canzio(1989) │ │ ├──> Lincoln Canzio (1865 - 1870) │ │ ├──> Annita Canzio (1866 - 1878) │ │ ├──> Brown Canzio (Noventa Padovana1867 - [[]]) │ │ ├──> Leo Canzio (Genova 12 gennaio1869 - [[]]) │ │ │ * sposa Jole Rossi │ │ ├──> Decio Canzio (1870 - 1955) │ │ │ * sposa Luigia Lenci │ │ │ ├──>Stefano Canzio (1898-1976) │ │ │ │ * sposa Paola Confalonieri │ │ │ │ └──>Decio Canzio (1930) │ │ │ │ * sposa Silviana Vercelli │ │ │ │ └──>Stefano Canzio (1966) │ │ │ ├──>Michele Canzio (1901) │ │ │ │ * sposa Maria Canzio │ │ │ │ ├──>Giuseppe Canzio │ │ │ │ └──>Maria Luisa Canzio │ │ │ └──>Giovanni Canzio (1902) │ │ │ * sposa Pina Pastori │ │ │ ├──>Stefania Canzio │ │ │ └──>Luigia Canzio (1930) │ │ ├──> Cairoli Canzio(1872) │ │ │ * sposa Elsa Fazzari │ │ │ ├──>Stefania Canzio (1912- 1968) │ │ │ │ * sposa Mario Sabatini │ │ │ │ └──>Andrea Sabatini │ │ │ │ └──>Mario Sabatini │ │ │ ├──>Stefano Canzio (1915 - 1991) │ │ │ │ * sposa nel 1946 Velia Ricciotti, discendente di Nicola Ricciotti │ │ │ │ ├──>Elsa Canzio 1946 │ │ │ │ ├──>Corrado Canzio (1948 - 2002) │ │ │ │ │ * sposa nel 1972 Eva Kallinger │ │ │ │ │ ├──>Stefano Canzio 1972 │ │ │ │ │ └──>Walter Canzio 1975 │ │ │ │ └──>Alessandro Canzio detto Cino 1954 │ │ │ │ * sposa Morlupo Francesca Pintus │ │ │ │ └──>Stefano Canzio 1992 │ │ │ └──>Anna Francesca Canzio (1908 o 1918 - 1998) │ │ │ * sposa Giacomo Chiesa │ │ │ ├──>Luciana Chiesa ( -2002) │ │ │ │ * sposa Lombardo │ │ │ ├──>Marisa Chiesa │ │ │ │ * sposa Gianni Pieragostini │ │ │ └──>Viviana Chiesa │ │ │ * sposa Mimmo Quagliero │ │ ├──> Foscolo Canzio (1873 - 1906) │ │ │ * sposa Elsa Fazzari │ │ │ └──>Teresita Canzio (1905) │ │ │ * sposa Eugenio Tolva │ │ │ └──>Maria Grazia Tolva (1927-1984) │ │ │ * sposa Oscar Guglielmelli │ │ │ ├──>Barbara Guglielmelli (1955) │ │ │ └──>Paolo Guglielmelli (1958) │ │ ├──> Giuseppe Canzio(1875 - 1875) │ │ ├──> Giuseppe Canzio(1876 - 1876) │ │ ├──> Rosa Carlotta Canzio(1877 - ) │ │ ├──> Annita Canzio(1879 - ) │ │ │ * sposa Riccardo Camerini │ │ ├──> Francesca Carlotta Canzio(1881 - 1961) │ │ │ * sposa Sabato Angrisani │ │ ├──> Giuseppe Garibaldi Canzio (1883 - 1949) │ │ │ * sposa nel 1905 Maria Teresa Ceretti │ │ │ ├──>Garibalda Teresita Concetta Canzio (1907) │ │ │ ├──>Garibalda Canzio (1908 -1908) │ │ │ └──>Stefania Canzio (1910) │ │ └──> Garibalda Canzio (1886-1969) │ │ * sposa Riccardo Camerini │ ├──> Rosa Garibaldi, detta Rosita, morta all'età di 2 anni a Montevideo (1843 - 1845) │ └──> Ricciotti Garibaldi (1847-1924) │ * sposa Costance Hopcraft (1853-1941) │ ├──>Giuseppe 'Peppino' Garibaldi (1879 - Roma 1950) │ ├──>Costance Rosa Garibaldi (1876-1958) │ ├──>Anita Italia (1878-1962) │ ├──>Peppino Garibaldi (1879 - 1950) │ │ * sposa Maddalyn Nichols │ ├──>Irene Teresa Garibaldi (1880-1880) │ ├──>Ricciotti Garibaldi jr (Roma 1881 - ivi, 1951) │ ├──>Menotti Garibaldi jr (1884 - Sri Lanka 1934) │ ├──>Sante Garibaldi (1885-1946) │ │ * sposa Beatrice Borzatti │ │ └──>Annita Costanza Beatrice Garibaldi (25 maggio1942) │ │ * sposa nel 1970 Pierre Jallet-Auguste │ │ ├──>Anna Beatrice Jallet-Auguste │ │ ├──>Francesco Sante Jallet-Auguste │ │ └──>Jousè Claire Jallet-Auguste │ ├──>Arnaldo Garibaldi (1887-1888) │ ├──>Bruno Garibaldi (1889 - m. nellle Argonne, 1914) │ ├──>Costante Garibaldi (Roma 1892 - Argonne 1915) │ ├──>Ezio Garibaldi (1894 - 1969) │ │ * sposa Hope Mac Michael(matrimonio annullato) │ │ └──>Anita Garibaldi) │ │ * sposa Raymond Hibbert │ │ └──>Francesco Garibaldi-Hibbert │ │ * sposa Cristina Frigerio │ │ └──>Jousè Lorenzo Garibaldi (2006) │ │ * sposa a Citerna Erika Knopp │ │ ├──>Giuseppe Garibaldi (1947) │ │ └──>Vittoria Garibaldi (1950) │ └──>Giuseppina 'Josephine' Garibaldi (Riofreddo 26 maggio1895-1971) │ * sposa Joseph Ziluca │ ├──>Paul Ziluca │ └──>Antony Ziluca │ │ │ * sposa 1860 Giuseppina Raimondi ma la lascia poco dopo la cerimonia │ * con domestica Battistina Ravello │ └──>Anita Garibaldi che morì a 16 anni di meningite.
Lutto Addio a Manzella longevo rossoblù
[Fr. Valdevies]22giugno È scomparso ieri la vecchia bandiera del Taranto Giovanni Manzella. Era nato a Messina il 20 agosto 1932. Arrivò a Taranto nel 1952 proveniente dalla Casertana (debuttava coi campani a 16 anni). Per Manzella due primati col Taranto: è il rossoblù con più presenze in campionato, 271 gare (155 in serie B e 116 in C), nonché il giocatore con più tornei, 12 tra ‘52 e ‘64. Con gli ionici 6 tornei di fila in B dal 1954 al 1960. Sposato con una tarantina, abitava nel capoluogo jonico in via Acclavio.
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Morto il prof. Rizzo maestro di Medicina 25/0672010 A Bari isolò per primo il vibrione del colera
Alla moglie, prof.ssa Lidia, alla figlia dr. Caterina, ricercatore qualificato presso l'Istituto Superiore di Sanità e al figlio Ettore, avvocato, le condoglianze della Gazzetta • E' morto a Bari a 72 anni il prof. Giovanni Rizzo, ordinario di igiene dell' università.
Il prof Rizzo si distingueva per l'indiscusso patrimonio culturale che gli conferiva un amore non comune per il lavoro e per la ricerca scientifica.
Dopo la laurea (a Bari nel 1939) il prof. Rizzo si è particolarmente dedicato all'igiene ambientale ed ai suoi riflessi sociali anche sui rischi per la persona, ai risvolti di ricerca e di pratica sulla guerra biologica per la quale svolgeva numerosi corsi mirati annuali.
Direttore anche del dipartimento di odontoiatria e chirurgia, il prof. Rizzo insegnava igiene nelle facoltà di medicina, farmacia, odontoiatria.
La sua carriera universitaria è iniziata alla scuola del prof. Enea Grosso e, dal 1975, è stato associato di igiene fino al 1984 quando, per concorso nazionale, divenne ordinario e direttore della II cattedra di igiene dedicandosi in particolar modo alla microbiologia (direttore del servizio nel policlinico).
In occasione dell'epidemia di colera del 1973, il prof. Rizzo è stato il primo ad isolare il vibrione. Al suo attivo oltre 230 pubblicazioni scientifiche sulle più importanti riviste italiane ed internazionali.
LK
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L’ECCIDIO DELL’AGOSTO 1860 I CONTADINI FURONO SOBILLATI DA POLITICI E NOTABILI CONTRO LA BORGHESIA AGRARIA LIBERALE
La rivolta di Matera agonia dei Borbone di RICCARDO RICCARDI Dopo la capitolazione della città di Palermo ad opera dei garibaldini, Francesco II tentò di recuperare il consenso nei suoi riguardi con la concessione della Costituzione che tra i tanti vantaggi prometteva l’amnistia per i reati di lesa maestà. Con questo improduttivo gesto di clemenza il sovrano fece leva sul suo paternalismo filo popolare con il tentativo di contrapporre le masse rurali alla borghesia agraria che «al re di Napoli aveva preferito il re di Sardegna con l’aper - to sostegno delle idee liberali». I funzionari borbonici materani, con la concessione dell’indulto, aizzarono i contadini alla ribellione, dichiarando persino che l’amnistia concedeva un’impuni - tà di sei mesi durante i quali tutto era lecito fare per impadronirsi delle terre usurpate.
Il conte Gattini, accortosi dei reali programmi degli agitatori, si rivolse alle autorità civili e militari cittadine, pregandole di prendere le giuste precauzioni sul suo conto. Era disposto, anche, a procedere all’accer tamento dei confini del fondo Murgia ritenuto, in parte, usurpato al demanio pubblico. I contadini, esultanti per questa vittoria, chiesero che anche gli altri latifondisti, compreso il Vescovo, dichiarassero la stessa cosa. Questi chiaramente, allarmati e impauriti, chiesero protezione alla gendarmeria la quale, connivente con gli uomini fedeli ai Borbone, non solo declinò ogni responsabilità nei loro riguardi ma incoraggiò i ribelli ad appropriarsi delle terre.
Molti furono i responsabili morali che contribuirono ad incendiare la sommossa ma l’intera macchinazione fu pilotata nei riguardi del conte Gattini, dal ricco possidente materano Gennaro De Miccolis il quale nutriva nei riguardi del suo concittadino un astio spiccato in quanto riteneva che avesse complottato la sua rimozione dall’incarico di Capo-Urbano ed, inoltre, avesse ostacolato la sua nomina a comandante della Guardia Nazio nale. Verso la fine di luglio 1860 l’agitazione popolare divenne sempre più aspra. Gli animi più radicali spinsero alle dimissioni il sindaco moderato Tommaso Giura Longo per eleggere il più radicale Giovanni Corazza il quale prometteva ai contadini e artigiani «la reintegra e la quotizzazione delle terre usurpate».
Il primo atto di amministrazione del Corazza fu quello di nominare l’avvocato Giovanbattista Matera di Miglionico, curatore degli interessi del Comune, gravitanti attorno alla complessa materia dei demani. Costui, infatti, si dette da fare a studiare i documenti del Gattini che non rilevavano, però, nessuna usurpazione dei demani comunali. Ma i contadini, ormai, certi delle loro istanze, non intendevano recedere dalle loro posizioni. Anche lo stesso Corazza non riuscì a frenare quell’onda di disprezzo nei riguardi delle antiche famiglie materane.
I giorni più caldi iniziarono il 5 e 6 agosto. Si intensificarono i rapporti tra i contadini i quali in tendevano giungere ad una azione di forza. Il 7 agosto, infatti, non si recarono a lavoro dai loro datori di lavoro, per insorgere nei riguardi del conte Gattini il quale, resosi conto del precipitare degli eventi, pensò bene di allontanare la sua famiglia da Matera. Gli eventi precipitavano. A causa di alcune notizie false e tendenziose che giravano in città nei confronti del gentiluomo, una folla inferocita raggiunse l’antica magione dei Gattini, in piazza della Cattedrale. Alcuni dettero fuoco al portone del palazzo che, in un baleno, si propagò anche nel resto della possente fabbrica. Ma il Gattini, con alcuni ospiti, riuscì a domare le fiamme. Venne avvisata la Guardia Nazionale la quale, volutamente, non dette peso all’accaduto.
All’alba dell’8 agosto i facinorosi avevano organizzato dei posti di blocco per impedire l’acces - so dei contadini nelle campagne. Il Gattini, avvertito dell’assem - bramento, si dichiarò anche disponibile a cedere l’intero fondo Murgia con un rogito notarile.ad ogni atto di scelleratezza, gridando: «Viva il Re, abbasso la Costituzione». La polizia borbonica rimase a guardare inerme e compiaciuta. Le ultime fasi del massacro si svolsero in un clima di esaltazione collettiva. Un agitatore «cacciò negli occhi di Laurent un forcone, che poi ritorse nel ventre del Gattini»; un altro, invece, «inferse colpi di baionetta e gli assestò un colpo di mazza, finendolo definitivamente».
Lo stesso supplizio, in secondo momento, lo subirà anche il domestico Rondinone in quanto colpevole di tradimento. Il vilipendio dei cadaveri fu il tragico epilogo della giornata di sangue dell’8 agosto del 1860.
Un episodio che fu l’inevitabile conseguenza di una situazione alla cui soluzione si opponevano egoistici interessi. Nel contrasto tra le varie forze sociali, prevalse chi riuscì ad inserirsi nel movimento liberale e ad assumerne la direzione in modo da mantenere nel nuovo Regno d’Italia quella posizione di preminenza che aveva sempre goduto. Ma nonostante questi propositi la situazione precipitò ulteriormente. La folla iniziò, a colpi di scure, ad abbattere il portone del palazzo. Il conte, smarrito e preoccupato, annunciò dal balcone non solo che aveva ceduto, a mezzo di procura, tutti i suoi possedimenti ma, con rabbia, iniziò a lanciare sui rivoltosi delle monete in segno di disprezzo. Il gesto provocò una stizza veemente dei contadini nei suoi riguardi, i quali iniziarono ad abbattere il suo portone. Il Gattini, a questo punto, decise di mettersi in salvo. Erano con lui il nipote Enrico Appio e il segretario Francesco Laurent. Trovarono rifugio nel vicino palazzo Malvezzi. Quando il portone fu sfondato e in contadini invasero la nobile abitazione il domestico Rondinone, impaurito, indicò il rifugio dei fuggitivi. Scovarono prima il Gattini e, in secondo momento, il suo segretario, mentre l’Appio con uno stratagemma si mise in salvo. Li portarono violentemente verso la strada. Iniziò il macabro eccidio. La folla inferocita si abbandonò
Forse saranno proprio i Piccoli Acrobati di Kivuli a portare in giro per il mondo il messaggio d’amore di un popolo che si riscatta dalla povertà e dalla miseria, dallo sfruttamento e dalla schiavitù. Sulle nostre banconote, nuove nuove, sui nostri ricchissimi euro abbiamo impresso grandi ponti, mirabili costruzioni del passato, straordinari strumenti di cultura prima che di commercio poi. È venuto il tempo di pensare alla cultura come forza capace di vincere le tensioni tra i popoli.
Se non investiremo seriamente sulla cultura, se non faremo vivere i ponti delle banconote nella vita di ogni giorno, saremo invasi da razzismo e nazionalismo, tutti mostri che abbiamo già conosciuto.
Ogni volta che i Piccoli Acrobati sono in partenza per orizzonti lontani non posso fare a meno di gridare: «Buon Safari, signori Bambini!». Qui il nero ha tante possibili traduzioni, c’è il nero come colore, il nero come macchia nella pelle di tanti animali: ghepardi e giraffe, iene e zebre.
C’è anche il nero della notte, qui si dice giza. E si sussurra piano piano. È un suono che richiama il minaccioso fruscio dei serpenti, i misteriosi abitanti della notte.Venendo qui e osservando in punta di piedi si inizia a comprendere il fascino dell’Africa, un continente antichissimo, conquistato, usato, sfruttato ma amato così poco. Forse solo i grandi solitari esploratori del secolo scorso riuscirono, a tratti, a intravvedere le tante luci di un continente meraviglioso. n È morto nella sua abitazione di Basiglio (Milano) il pittore Giuseppe Viola. Aveva 77 anni. Viola ha dedicato la sua vita interamente all’arte nella sua totalità. È stato anche scultore e ceramista e fondatore della corrente «imagista», trasposizione pittorica della corrente letteraria di Ezra Pound.
• CAROSINO IN VIA DI PERFEZIONAMENTO UN ACCORDO PER LA VENDITA NEI PAESI SCANDINAVI Un sito web per promuovere l’Antica Cantina Sociale Il presidente Lazzaro: «E' una finestra che si apre prepotentemente sul mercato» ANGELO OCCHINEGRO
• C A R O S I N O. Il vino di Carosino sbarca sul web. E' giusto esprimersi così visto che Bacco si identifica appunto con uno degli stabilimenti più antichi e famosi d'Italia, L'Antica Cantina Sociale, nata nel 1936. Oltre 70 anni di storia, di tradizione vinicola, di lavorazione che si è tramandata nella conduzione dei vari presidenti e conferitori in un successo che non si è mai appannato malgrado in questi ultimi anni la crisi nel settore è stata notevole; l'allontantanamento dei soci massiccio per le difficoltà che ha incontrato lo stesso stabilimento di Carosino, a causa della grave flessione dei conferimenti (anche l'ultima raccolta della vendemmia lo ha confermato), del mercato legato ai costi. Fortunatamente la vendita al dettaglio del vino Rosato e del Primitivo rappresentano sempre i cavalli di battaglia dello stabilimento che venne fondato proprio da don Gaetano Galeone, uno dei pionieri, la cui effigie risplende ancora in tutta la sua bellezza e fascino sulla facciata della cantina. «Siamo orgogliosi - ha esclamato il presidente Antonio Lazzaro - che il nostro stabilimento può essere ora visitato anche viaggiando su Internet. Chiunque, in Italia e nel mondo, potrà ammirarlo collegandosi al sito www.anticacoopcarosino.it oppure anticacoopcarosino@alice.it. E' una finestra che si apre prepotentemente sul mercato, un'altra opportunità che vogliamo sfruttare appieno, sia in termini di immagine che di mercato. D'altronde le nostre uve vennero decantate anche dal grande poeta Gabriele D'Annunzio "... colte nella vigna del più bel mito jonico». Intanto, lo stabilimento locale sta perfezionando l'accordo per la vendita nei paesi Scandinavi del suo prodotto, i cui contatti sono stati avviati già molti mesi fa. «Mi auguro che l'operazione si concluda al più presto - ha ripreso Lazzaro - poiché potremo far degustare il nostro splendido vino (anche il primo vino Doc don Gaetano prodotto nell'ultima edizione della sagra del vino), la cui genuinità e naturalezza restano incontaminate dalla storia della nostra cantina, che resta fuori da qualsiasi debolezza». Quali altre iniziative servono per aggredire il mercato? «Un'inversione di tendenza a livello nazionale, una maggiore attenzione delle istituzioni locali (che sta comunque arrivando) e provinciali (dai rappresentanti di Carosino ci aspettiamo nuove idee e iniziative); e infine la cooperazione con gli altri stabilimenti vinicoli, al fine di ridurre le spese di gestione e uscire sul mercato con i vini di grande qualità». E per migliorare strutturalmente la vostra cantina? «Pare che che ci siamo buone possibilità affinché un nostro progetto che abbiamo presentazione per la ristrutturazione della splendida aula superiore della cantina, che ha ospitato nel passato la mostra dei vini della sagra possa, venga finanziato».
MASSAFRA FU ANCHE PRESIDENTE DELL’AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI TARANTO. IL RICORSO DI FLORIDO E DI FONSECA
Targa in memoria di Lazzàro «Fu un grande amministratore»
Cerimonia nel quarantennale della scomparsa dell’ex sindaco
DEBORA PICCOLO
• MASSAFRA.Con l'apposizione di una lapide marmorea sulla facciata del Palazzo municipale in memoria di Nicola Lazzàro, nel quarantennale della sua scomparsa, l'Amministrazione comunale ha inteso esprimere, giovedì sera, il proprio senso di gratitudine all'illustre concittadino, per il suo impegno civile e politico. Già sindaco della città di Massafra e presidente della Provincia di Taranto, Lazzàro, si legge sula targa, «non risparmiò fatiche, energie, entusiasmo per la rinascita civile, sociale e culturale della sua gente». Storia, ricordi, commozione, aneddoti, politica, amministrazione, coerenza. Questi alcuni degli ingredienti che hanno condito la cerimonia di commemorazione tenutasi nell'ambito di una seduta straordinaria del consiglio comunale, alla quale oltre al sindaco Martino Tamburrano, hanno preso parte anche il presidente della Provincia Gianni Florido e l'Accademico dei Lincei Cosimo Damiano Fonseca al cospetto della famiglia Lazzàro e di numerosi cittadini. I lavori sono stati aperti dal vicepresidente del consiglio comunale, Giuseppe Sportelli, che ha parlato dell’attività di Lazzàro come momento di forte crescita politica e sociale. Il sindaco Tamburrano, nel suo intervento, ha ricordato le opere
di Lazzàro realizzate sia a Massafra, sia in provincia.
«La vicenda politica del prof. Làzzaro - ha detto il primo cittadino - è così attuale per il suo indiscutibile acume politico e per la sua infinita saggezza: egli inserì Massafra nell’area di sviluppo industriale di Taranto, attuò la Riforma agraria, diede attenzione ai piani urbanistici, rese autonoma la scuola media “Manzoni”. A lui - ha annunciato Tamburrano - sarà dedicata una giornata di studio che avrà luogo in occasione dell’inaugurazione del Palazzo della Cultura». Anche i capigruppo consiliari Oronzo De Mita (Pdl), Salvatore Fuggiano (Udc), Cosimo Semeraro (La Puglia prima di tutto) e Mino Fedele (Indipendente) hanno voluto ricordare la figura del prof. Lazzàro. Il presidente Gianni Florido ha evidenziato l’attività di Lazzàro a capo dell’am - ministrazione provinciale, ricordandone alcuni importanti tasselli: la sensibilità ambientale, la soluzione al traffico sulla Statale Appia, il cavalca-ferrovia di Taranto, il ponte Punta Penna, il Palazzo di Giustizia di via Marche, il Consorzio Universitario Ionico. «Lazzàro - ha detto Florido - può essere definito amministratore illuminato e lungimirante, aperto ai problemi emergenti della società tarantina, che intuì ed affrontò con determinazione e coraggio». L’Ac cademico dei Lincei Cosimo Damiano Fonseca ha chiuso gli interventi soffermandosi sulla formazione cattolica, politica, universitaria e culturale di Lazzàro ricordando «i motivi ideali della sua militanza politica, l’impe gno per dare decisivo impulso allo sviluppo della sua città natale, la passione per la scuola considerata come formidabile volano di elevazione civile e sociale». La serata si è conclusa con lo scoprimento della lapide commemorativa per mano del sindaco Tamburrano e della signora Maria Caramia, vedova Lazzàro.
Trmón (propriamente [trəˈmoːnə]) è un termine volgare tipico della città di Bari e della sua provincia, ma in generale è comune in quasi tutta la parte centrale e settentrionale della Puglia , nel Molise e nella zona nord-orientale della Basilicata, nella provincia di Matera. È molto spesso italianizzato in trimone.
La parola indica il pene eretto oppure l'atto della masturbazione maschile ("farsi un trimone"). In senso figurato, è spesso usata come insulto per indicare una persona (prevalentemente di sesso maschile) particolarmente stupida.
Etimologia
[modifica | modifica wikitesto]L'etimologia del termine "trmón" è dubbia. Sembra che la parola derivi dal termine dialettale trimmone, che non era altro che il bastone di legno della zappa: da qui l'accostamento con il pene eretto dell'uomo.
Secondo altri deriverebbe dal termine francese trumeau che indica una grossa credenza, in passato oggetto d'arredo presente in tutte le case, che per la mole e le dimensioni risultava difficile smuovere: da qui l'accostamento con un soggetto "ottuso" e difficilmente affrontabile, oltre che con l'organo genitale maschile (presumibilmente per le dimensioni).
Altri ritengono che derivi da "tremolio", inteso come movimento della mano nell'atto della masturbazione.
Dal dialetto all'italiano
[modifica | modifica wikitesto]Varianti
[modifica | modifica wikitesto]Le forme dialettali per questo insulto variano di paese in paese:
- a Bari, Mola di Bari, Santeramo in Colle, Molfetta, Barletta, Matera e nel nord-est della provincia di Potenza (specialmente nei comuni dell'Alto Bradano) si usa dire trmón [trəˈmoːnə];
- ad Altamura, Corato, Bitonto, Modugno, Ruvo di Puglia, Spinazzola, Minervino Murge, Terlizzi, Toritto, Andria, Canosa, Grumo Appula e nel materano si dice trmàun [trəˈmaunə] con il plurale trmèun [trəˈmɛunə];
- a Gravina, a Trani, a Rutigliano e Noicattaro trmóun [trəˈmounə];
- a Triggiano tr'm'n [trəˈməːnə];
- a Bisceglie trmén [trəˈmeːnə];
- a Giovinazzo trméun [trəˈmeunə].
Si usa l'italianizzazione trimone.
Sinonimi
[modifica | modifica wikitesto]Il termine "trimone" ha vari sinonimi, diffusi soprattutto in ambito locale: i più comuni sono: ciola, bvron, margiale, margello, sanapizza, scimunit, cugghion, chigghione, frullo, zinzl a mudd (Gravina), pzzaraun (Modugno), si ne kinn (Molfetta), sutuj oppure staiùl (Grumo Appula).
Altri significati
[modifica | modifica wikitesto]Nella Valle d'Itria e nella Murgia meridionale il termine indica un recipiente in terracotta a due manici dipinto di bianco madreperlaceo e dotato di un caratteristico collo lungo un paio di palmi che veniva utilizzato per conservarci l'olio di oliva o il vino[1], che in altre parti della Puglia è detto capasa o capasone.
In alcuni comuni del nord barese, in un contesto familiare la parola sta ad indicare una tavola copiosamente imbandita, un banchetto, un pranzo luculliano.
Musica
[modifica | modifica wikitesto]Il titolo della traccia Felici ma trimoni contenuta nell'album Habemus Capa di Caparezza è un gioco di parole basato sul dialetto di Molfetta, in cui "trimoni" vuol dire "stupidi": infatti la canzone stessa gioca su questo doppio senso di "felici matrimoni" e "felici ma stupidi".
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Note
[modifica | modifica wikitesto]- comuni peruviani (9 su )
- comuni papuasiani (2 su )
- comuni somali (10 su )
- Categoria:Città del Sudan (2 su )
- Categoria:Città dello Swaziland (2 su
- comuni suddafricane (24 su )
Capita raramente che, su Cenerentola, appaiano, all’interno dello stesso numero, due articoli riguardanti personaggi storici. Abbiamo fatto un’eccezione pubblicando, oltre allo scritto dedicato al geografo anarchico Reclus, l’articolo che segue, inviato da Nicola Terracciano e dedicato a Fanelli che, come puntualizza l’autore, anarchico, nel senso stretto del termine, forse non era (ma, di certo, fu molto più che un precursore).
L’articolo su Reclus comincia con un quadretto nel quale il mite geografo imbraccia un fucile fumante; quello su Fanelli, assai più portato a menar le mani, contiene un lungo elenco delle sue imprese guerresche. Inutile negarlo: l’impiego della violenza fa parte della tradizione libertaria. Tuttavia, nel corso degli ultimi sessant’anni, la gran parte degli anarchici ha effettuato, pur senza rivendicarlo apertamente, un “disarmo unilaterale”. Probabilmente frutto della consapevolezza, maturata nel corso del tempo, che l’uso della violenza, talvolta indispensabile a scopo di difesa, allontana, piuttosto che avvicinare, la realizzazione del socialismo libertario.
Lo ribadiamo con forza, al fine di chiarire in modo inambiguo che, per noi libertari, a differenza che per molte forze politiche, il riconoscersi in una tradizione che affonda le sue radici in quella risorgimentale, non significa in alcun modo riproporre oggi bellicose strategie dimostratesi inadeguate al raggiungimento dei nostri fini.
- comuni uruguaiani (8 su )
Tutti e tre sono
condotti nel famigerato edificio di via Tasso, utilizzato dai nazisti del colonnello Kappler come caserma e come carcere di tortura. Qui Ugo de Carolis viene torturato per due lunghi mesi, ma l'ufficiale dei Carabinieri sa il suo dovere e subisce "le più inumane torture per mantenere il segreto sull'attività clandestina dei Carabinieri Reali". Per questo gli verrà conferita la medaglia d'oro, alla memoria, purtroppo. 23 marzo 1944: una bomba esplode in via Rasella mentre sta transitando il reparto di una compagnia di tedeschi. Ne moriranno in tutto trentatré. L'ordine di uccidere dieci italiani per ogni tedesco viene firmato da Kesserling, comandante supremo delle Forze armate tedesche in Italia. Le vittime italiane, quindi, devono essere trecentotrenta. A morire saranno i detenuti di via Tasso e di Regina Coeli. Kappler è un efficiente burocrate del crimine di guerra: pianifica l'operazione, suddivide le uccisioni tra i suoi uomini, per eccesso di sadico zelo aggiunge altre cinque vittime. In tutto saranno trecentotrentacinque. Poiché Kappler calcola che tanti cadaveri sono ingombranti, pensa ai canali delle cave Ardeatine di pozzolana da trasformare in fossa comune. Non c'è tempo da perdere, per questo il colonnello nazista nega i conforti religiosi alle vittime. I prigionieri sono condotti fuori a gruppi: tra questi c'è anche Ugo de Carolis, le mani legate da un fil di ferro dietro la schiena. Il massacro inizia alle 15.30 del 24 marzo. Man mano che entrano nelle fosse, cinque alla volta, uomini di ogni età, anche ragazzi, sono obbligati ad accatastarsi sui cadaveri dei loro sventurati compagni e poi vengono assassinati con un colpo di pistola alla nuca. L'eccidio termina intorno alle 20. Ugo de Carolis muore, a un'ora imprecisata, su un alto mucchio di cadaveri, testimone e vittima di un immenso orrore. Chissà quante volte, in attesa del suo turno di morte, avrà pensato a queste immagini rubate al tempo; chissà quante volte avrà pensato alla sua famiglia, ai suoi figli di cui non avrebbe potuto seguire la crescita. La moglie terrà sempre sul comodino della sua camera da letto la foto, che pubblichiamo, del marito in divisa, scattata nella primavera del 1943. E', questa, l' ultima, radiosa immagine di Ugo de Carolis, l'immagine di un uomo che non pensava di diventare eroe e che guardava in alto con fiducia, gli occhi colmi della gioia e della speranza che i suoi figli gli avevano dato. Taranto, la città dove de Carolis ha vissuto i momenti più belli dell'amore, ha intestato in seguito all'eroe una strada nel quartiere Italia-Montegranaro, una Scuola Media nel rione Tamburi e la Caserma dei Carabinieri in viale Virgilio. Dopo la guerra, il dottore Ascarelli riesumò le salme insieme a una squadra di volontari e riuscì a dare a quasi tutte un nome, facendole sistemare in bare di legno grezzo. Quando poi fu completato il mausoleo delle Fosse Ardeatine, le bare, allineate nelle cave, furono traslate nelle tombe. Il 6 marzo del 1949, il corteo tristissimo dei parenti si recò alle Fosse Ardeatine per assistere alla traslazione delle salme. C'era anche la sorella cinquantacinquenne di Ugo, Maria Cecilia, moglie del Consigliere di Stato Giovanni Di Paolo. Maria Cecilia, tremante di freddo e di angoscia, tornata a casa, scrisse nel suo diario, con grafia incerta per l'emozione e l'incalzante cecità, le impressioni di quella mattina. Nicoletta de Carolis Pellè, che mi ha introdotta nei penetrali della memoria familiare, mi schiude il diario della zia e mi fa leggere quella pagina di un estremo dolore cui la dignità imponeva la disciplina della compostezza: "6 marzo 1949. Stamattina, verso le nove, Ugo è stato sepolto. La sua bara era portata da quattro Carabin i e r i . . . Fa c e v a freddo. Siamo potuti entrare nella grotta e siamo stati vicino alla bara; l'ho pulita col mio fazzoletto. Poi ci hanno fatto uscire... C'erano dei soldati che rendevano gli onori alle bare mano a mano che venivano portate fuori. Nude, povere, desolatamente tristi erano quelle casse che uscivano al sole. Pochi davanti , dietro in silenzio. Pochi fiori. Abbiamo aspettato che uscisse la bara di Ugo. Roberto (il fratello n.d.r.) mi ha portato un mazzo di fiori gelati che in fretta l'autista era andato a comprare. E quando la nostra bara è comparsa l'abbiamo seguita come in sogno. Il monumento mi piace. E sono contenta che vicino a Ugo riposi Montezemolo. Un frate, in fretta, con una boccetta di profumo da cui usciva l'acqua santa benediceva ogni bara. Sotto l'enorme masso il silenzio era rotto da un pianto senza conforto...". Il resto, direbbe Amleto, è silenzio. Perché, allora, rievocare queste voci? Tutte queste immagini, perché? Perché, nel labirinto della società in cui viviamo, ricordare i nostri padri e la nostra storia è un dovere morale. Perché una nuova barbarie avanza, fatta di violenza, empietà, viltà e anche di ignoranza presuntuosa. Per questo domenica prossima, partendo da altre fotografie, ricorderemo un uomo di ampia cultura, che, per oltre cinquant'anni, ha testimoniato a Taranto, con il suo "male di scrivere", la passione per la cultura come espressione di vita intellettuale e civile. La vita di Ugo de Carolis si concluse, infatti, sei anni dopo, nei canali delle cave Ardeatine di pozzolana, lungo la via Appia a Roma. La storia è dolorosissima e a tutti nota, ma vale la pena di ricordarla ai più giovani. Si continua, quindi, domenica prossima, con la seconda puntata di questa vita.
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Addavveni' baffone Adda venì Baffone. Dovranno pur cambiare le cose per te. urante la Seconda Guerra Mondiale le popolazioni liguri diedero al bombardiere inglese che quasi ogni sera passava sopra le loro teste il soprannome di "Pippetto": analogamente, proprio per ironizzare su ciò che in realtà spaventa, nella Prima Guerra Mondiale l'Imperatore austriaco divenne "Cecco Beppe". Possiamo così passare a qualche curiosa designazione di famosi personaggi storici e potremmo anche proporre un quiz: chi fu il "cadetto di Brienne"? Più facile sarà riconoscere l'Imbianchino (così Bertold Brecht chiamò Hitler: In me combattono/ l'entusiasmo per il melo in fiore/ e l'orrore per i discorsi dell'Imbianchino./ Ma solo il secondo/mi spinge al tavolo di lavoro); oppure Baffone (ha da veni' Baffone: gridavano gli entusiasti comunisti degli anni Cinquanta del secolo scorso, invocando la venuta di uno Stalin che avrebbe messo a posto tutto anche nell'Italia degasperiana: ancora non si sapeva chi fosse veramente il "piccolo padre" ! A proposito, Stalin in russo vuol dire "acciaio" : un soprannome azzeccato per l'impronunciabile Iosif Visarionovic Dzugasvili!! E ancora: in tempi a noi più vicini, si propose "Baffino" per il più, in tutti i sensi, dimesso On. Occhetto!!). Nessuna incertezza a riconoscere il "Papa buono" (anche se, a rifletterci un momentino, quell'aggettivo attribuito solo a Papa Roncalli non dovrebbe far molto piacere ai suoi predecessori e ai suoi successori!!) o la Divina (qui, però, forse è bene svelare che si tratta di Maria Callas, straordinaria interprete lirica, che ebbe, anche per le sue burrascose vicende personali, un'altrettanto straordinaria popolarità). Storia ed attualità, passato remoto e passato prossimo, ma anche il nostro presente ci offrono infiniti esempi dell'attribuzione di nomi ed appellativi, molto spesso rivelatori del carattere (o dell'es
Ha Da Venì... Don Calogero!
I «rossi» non potevano non essere fedeli a Baffone. Nel linguaggio
popolare, la frase: «Ha da venì Baffone» suonava come promessa di un
rinnovamento, non soltanto come minaccia verso gli avversari politici.
...
La fine della guerra portò a tirare un sospiro di sollievo, si è
soliti pensare. Ma il mondo è sempre più complesso di quello che si
immagina o si ricorda. Dalla mattina alla sera, raccontavano i nostri
vecchi, molti fascisti di quelli più accesi, fecero il salto del
fosso. Cambiarono colore di camicia. Dalla nera alla rossa
(rispolverando il povero Garibaldi nei manifesti elettorali).
Scoprirono il comunismo, e vi si attaccarono con tutta la forza che
avevano in corpo per sopravvivere.
Il motto era in voga quando nell'allora URSS comandava un certo dittatore comunista di nome Stalin, notoriamente baffuto. Quindi chi voleva usava il motto come per dire approfittatene adesso che se viene Baffone (Stalin) e per traslato il comunismo anche in Italia, queste cose non si potranno fare più! Ciao... Fonti: Solo per la cronaca vorrei farvi notare che molti sinistri portano i baffi, forse per nostalgia??
Il motto era in voga quando nell'allora URSS comandava un certo dittatore comunista di nome Stalin, notoriamente baffuto. Quindi chi voleva usava il motto come per dire approfittatene adesso che se viene Baffone (Stalin) e per traslato il comunismo anche in Italia, queste cose non si potranno fare più! Ciao... Fonti: Solo per la cronaca vorrei farvi notare che molti sinistri portano i baffi, forse per nostalgia?? In altre parole i comunisti italiani volevano l'invasione sovietica dell'Italia, alla quale non avrebbero opposto nessuna resistenza, anzi li avrebbero aiutati a completare l'occupazione della penisola ponendosi come collaborazionisti dell'invasore. In questo motto si smentiscono due punti cardine della resistenza: che i comunisti si sarebbero opposti al nazismo per difendere la patria di cui a loro non interessa niente, e che i comunisti volevano libertà e democrazia mentre invece volevano un regime comunista. Altre verità sulla resistenza a lungo occultate sono state il fatto che i comunisti italiani il regime comunista lo volevano creare anche da soli e che i partiti della resistenza erano divisi tra loro e non tutti insieme e che i partigiani del pci volevano la suprememazia politica sugli altri partiti e la ottenevano con omicidi di partigiani di altrs ispirazione o apolitici, minacciando chiunque volesse raccontare la sua versione e la verità, e sempre con la minaccia facendo passare la propria versione dei fatti come realtà e occultando quello che gli dava fastidio ideologicamente, facendosi passre come vittime e negando i propri crimini e riducendo al silenzio senza uccidere ma ricoprendoli di fango chiunque volesse dire quale era stata l'azione dei comunisti italiani quando hanno potuto usare in massa le armi.
- comuni yemeniti (41 su )
Evangelos Averoff-Tositsas (17 aprile - ) è stato un eminente uomo politico liberale greco e una prominente autore. 1910 – 2 gennaio 1990) è stato un militare greco.
Negli anni quaranta collobaro con le forze dell' Asse che avevano invaso la Grecia ed entrò a far parte della Legione Rumena.
Averoff venne trasferito in Italia , prima a Fieramonte e poi ad Arezzo facendo la spia per i fascisti.
o . He escaped after a year of imprisonment and created the " Freedom or Death " resistance group , which had the purpose of liberating Greek and Allied war hostages. Scappò dopo un anno di reclusione e ha creato la "Libertà o Morte" resistenza al gruppo, che aveva lo scopo di liberare il greco e Allied guerra ostaggi.
During the military dictatorship of 1967-1974 , Averoff participated in one of the foremost acts of resistance against the regime , the Velos mutiny , for which he was arrested as an "instigator". Durante la dittatura militare del 1967-1974, Averoff partecipato a uno dei primi atti di resistenza contro il regime, la Velos ammutinamento, per la quale egli è stato arrestato come un "istigatore".
After the restoration of democracy in 1974, during metapolitefsi he participated in the New Democracy centre-right party under Konstantinos Karamanlis , and served as minister in subsequent governments. Dopo il ripristino della democrazia nel 1974, durante metapolitefsi ha partecipato alla "Nuova democrazia" partito di centro-destra sotto Konstantinos Karamanlis, e ha servito come ministro nei successivi governi.
He was elected president of the party in 1981, but had to leave his post due to health problems in 1984. Egli è stato eletto presidente del partito nel 1981, ma ha dovuto lasciare il suo posto a causa di problemi di salute nel 1984.
Evangelos Averoff has been a prominent author of political and historical works, amongst which the "Customs Union in the Balkans" (1933), which the Carnegie institute awarded, "Fire and Axe, 1944-1949" (1974) dealing with the Greek civil war, "A History of missed opportunities: The Cypriot Problem 1956-1963" (1981), and others. Evangelos Averoff è stato un importante autore di opere storiche e politiche, tra cui la "Unione doganale nei Balcani" (1933), che il Carnegie Institute aggiudicati, "Fire and Axe, 1944-1949" (1974) che trattano con il greco civile guerra, "Una storia di occasioni mancate: Il problema cipriota 1956-1963" (1981), e altri.
http://lucarossi.ilcannocchiale.it/?TAG=Alexandros%20Panagulis
lessandro Panagulis nasce ad Atene il 2 luglio 1939. Figlio di Atena e Basilio Panagulis, colonnello dell'esercito greco. Studente di ingegneria al Politecnico e membro del Comitato centrale della Federazione giovanile del partito "Unione di Centro", fondatore e capo di "Resistenza Greca". Disertore dopo il colpo di stato di Papadopulos, compie un attentato contro di lui il 13 agosto 1967.
Viene quindi arrestato, seviziato e condannato a morte: pena da lui stesso sollecitata durante il processo.
La sentenza non viene eseguita: forse per paura che la sua morte lo trasformi in un eroe, simbolo della lotta contro il Potere, della lotta contro il tiranno. Ma simbolo diviene comunque, anche da vivo. Trascorre cinque anni rinchiuso in una cella di un metro e mezzo per tre, poi Papadopulos gli concede la grazia. Una volta caduta la Giunta, viene eletto come deputato in Parlamento: ma la sua lotta contro il Potere non è ancora finita: perchè in Grecia non si può ancora parlare di democrazia. Non dà requie a nessuno, meno che mai al ministro della di Difesa Averoff: uomo che col passato regime ha tenuto rapporti non chiari.
Alekos sa che esistono documenti in grado di provare l'ex collaborazionismo del ministro. Due giorni prima della presentazione in Parlamento di quei documenti, Alekos rimane ucciso in un incidente automobistico.
Difficile pensare ad una semplice coincidenza. Ai suoi funerali partecipa un milione e mezzo di persone.
Alekos Panagoulis
Categoria: Blog
Mi è difficile parlare di Alekos Panagoulis senza provare una grande emozione.Un uomo il cui coraggio le cui convinzioni e forza spirituale sfiorano l'immortalità... Nasce in grecia il 2 Luglio del 1939 e si laurea ad Atene in ingegneria elettronica.Poco dopo entra a far parte dell'esercito greco e lo troviamo anche impegnato politicamente nell'EDIN la gioventù democratica greca. Il 21 Aprile del 1967 è un giorno infausto per la Grecia poichè c'è il colpo di stato dell'infame regime dei colonnelli di George Papadopoulos.Alekos forte delle sue convinzioni democratiche e di libertà diserta il servizio militare e fonda una organizzazione che opera contro la dittatura chiamata "Resistenza greca".Scappa a Cipro dove organizza e pianifica un piano d'azione per uccidere Papadopoulos il 13 Agosto del 1968 ma l'attentato fallisce e Panagoulis che fu anche l'autore materiale del piazzamento degli odigni che non esplosero fu catturato ed arrestato.Fu condannato a morte il 17 Novembre del 1968 dopo un processo durato 14 giorni....dopo di chè fu portato all'isola di Egina per l'esecuzioni ma grazie alle sue amicizie politiche ed alle pressioni della comunità internazionale la pena gli fu commutata in detenzione nelle carceri mlitari di Boiati. Qui la giunta dei colonnelli al potere gli chiese di collaborare col regime ma lui rifiutò sempre e fu sottoposto ad atroci e terribili torture fisiche,mentali,spirituali...ma non si arrese mai e non diventò mai pazzo come volevano i dittatori.Tentò la fuga il 5 Giugno del 1969 ma fu quasi subito ripreso e riportato in prigione,tebta ancora di scappare scavando un buco attraverso il nmuro della cella ma fu scoperto ancora.I colonnelli per arginare questa sua "indisciplina" lo portarono per un mese in un'altra prigione e poi ricondotto a Boiati dove avevano preparato una cella appositamente per lui.Una cella in isolamento totale,seminterrata,di due metri per trè...dove passò trè anni e mezzo.Una vera e prorpia tomba per gente ancora viva dalla quale tentò più volte di evadere senza riuscirci.Ma riuscì a non diventare pazzo insultando tutti i giorni le guardie ed il direttore della prigione,ingiuriandolo ogni mattina pomeriggio e notte con tutti gli insulti e offese possibili ed immaginabili.Resistette stoicamente a tutte le torture i pestaggi e le umiliazioni che gli furono inferte.Rifiuta con disprezzo il permesso che gli viene offerto per accorrere al capezzale del padre morente e rifiuta perfino il beneficio dell'amnistia generale che i colonnelli concedono nel 1973 a tutti i detenuti politici sotto le pressioni internazionali per accreditarsi così una immagine di democrazia....anche questo suo rifiuto era un atto di lotta contro il regime.Nell'anno successivo viene finalmente liberato e il giorno dopo la scarcerazione conosce la giornalista Oriana Fallaci che diventerà sua compagna nella vita.Si autoesilia in Italia a Firenze con la Fallaci,dove pensa ancora una volta di rinvigorire la resisitensa greca.Nel 1974 la Giunta dei colonnelli abdica e vengono indette libere elezioni e Panagoulis riesce a farsi eleggere in Parlamento per continuare la sua azione di democratizzazione della Grecia.Dà la caccia a tutti i politici del vecchio regime che si erano riciclati nel nuovo e riesce in maniera a dir poco rocambolesca ad ottenere dei documenti del servizio segreto greco che dimostrano l'appartenenza al regime dei dittatori di vari politici tra cui l'allora ministro della difesa Evangelos Averoff.Ma non riesce ad ottenerne le dimissioni.In seguito a ciò dà lui stesso le dimissioni dal partito continuando però a lanciare accuse e inimicandosi soprattutto il ministero della difesa dove vi erano generali collusi col vecchio regime.Panagoulis viene sempre più isolato e solo la Fallaci rimane al suo fianco in questa sua guerra.Viene fatto oggetto di minacce di morte e varie pressioni esterne ma Panagoulis per tutta risposta fa pubblicare gli stralci dei servizi segreti su un giornale greco dove i servizi di sicurezza appunto testimoniano l'appartenenza al regime dittatoriale di alcuni generali e politici. Il primo Maggio del 1976 rimane vittima di un incidente automobilistico a dir poco misterioso nel suo paese natale Glyfada.Cade con la sua aotomobile nello scivolo di una autorimessa,la magistratura greca affermerà che è stato un errore di guida di Panagoulis ma le perizie di parte italiana arriveranno alla conclusione che fu speronato da due automobili di grossa cilindrata... Il suo funerale si svolse il 5 Maggio e fu una delle più grandi manisfestazioni di popolo della storia greca. La Fallaci ebbe con lui la sua più grande intensa vera e forse unica storia d'amore,visse con lui per 3 anni sulle colline fiorentine di Bellosguardo.Da questo suo amore nacque uno dei più bei libri di sempre "Un uomo" l'apologia di Panagoulis scritta da una donna animata da amore vero.Mi fermo qui perchè sto per emozionarmi troppo...vi lascio con un loro piccolo ricordo.
"E questo era l'uomo che l'indomani avrei finalmente incontrato, per cozzare contro di lui come un treno che percorre all'inverso lo stesso binario".
Evangelos Averoff-Tositsas (* 17 aprile 1910 di Trikala, † 2 gennaio 1990 ad Atene, il greco Ευάγγελος Αβέρωφ) è stato un conservatore greco politici, scrittori e industriali arumani (vlachischer) origine. Der vollständige Name lautete Evangelos Averoff-Tositsas (Ευάγγελος Αβέρωφ-Τοσίτσας) oder Evangelos Anastasios Averoff-Tositsas (Ευάγγελος Αναστασίος Αβέρωφ-Τοσίτσας). Il nome completo è stato Evangelos Averoff-Tositsas (Ευάγγελος Αβέρωφ-Τοσίτσας) o Anastasios Evangelos Averoff-Tositsas (Ευάγγελος Αναστασίος Αβέρωφ-Τοσίτσας).
Er entstammte der aromunischen Familie Averoff aus der Ortschaft Metsovo in Epirus und war mit dem Unternehmer Georgios Averoff verwandt. Egli è venuto Aromanians del Averoff famiglia dal comune di Metsovo in Epiro, ed è stato con l'imprenditore Georgios Averoff connessi. Averoff studierte Rechtswissenschaften und Wirtschaftswissenschaften an der Universität von Lausanne in der Schweiz. Averoff studiato legge ed economia presso l'Università di Losanna in Svizzera. Anschließend promovierte er sowohl zum Doktor der Politik- als auch zum Doktor der Rechtswissenschaften. Poi ha guadagnato la sua tesi di dottorato, sia a livello politico, nonché dottore in giurisprudenza. Formal war er in Nachfolge des Barons Michail Tositsas ebenfalls Baron Tositsa. Formalmente, è stato in successione il barone barone Mikhail Tositsas anche Tositsa. Aufgrund des Artikel 4 Absatz 7 der Griechischen Verfassung von 1974 (Verbot des Adels und der Adelsbezeichnungen) führte er diesen Adelstitel in Griechenland nicht. [1] Er lebte seit 1946 in Kifissia , einer Vorstadt im Großraum Athen und verstarb dort am 2. A causa di cui all'articolo 4, paragrafo 7 della Costituzione greca del 1974 (divieto di nobili e signori dei nomi), ha portato il titolo nobiliare in Grecia. [1] Ha vissuto dal 1946 a Kifissia, un sobborgo nella metropolitana di Atene e vi morì il 2 Januar 1990. Gennaio 1990. Seine Beerdigung erfolgte ebenda. Il suo funerale si è svolto ibid. Inhaltsverzeichnis Indice [Verbergen]
* 1 Politisches Wirken 1 politico attività * 2 Publizistisches Wirken 2 lavoro giornalistico * 3 Wirtschaftliches Wirken 3 L'attività economica * 4 Quellen 4 Fonti
Politisches Wirken [ Bearbeiten ] [Modifica] L'azione politica
1940 wurde er zum Präfekten (Nomarchis) von Kerkyra (Korfu) ernannt. 1940, è diventato prefetto (Nomarchis) di Kerkyra (Corfù) nominati. Nach der Besetzung Korfus durch italienische Truppen 1941 während des Zweiten Weltkrieges kehrte Averoff nach Trikala zurück. Dopo l'occupazione di Corfù da truppe italiane nel 1941 durante la Seconda Guerra Mondiale a Trikala Averoff tornato indietro. In Trikala versuchte Averoff vlachische Familien von der Kollaboration mit der italienischen Besatzungsmacht abzuhalten. In Trikala cercato Averoff vlachische famiglie della collaborazione con le forze di occupazione italiane a tenere. Hierfür wurde Averoff inhaftiert und nach Italien verbracht. [2] Ein Jahr nach der Inhaftierung konnte Averoff fliehen, verblieb aber in Italien und beteiligte sich an einer Widerstandsorganisation. Ciò è stato detenuto e Averoff trasferisce in Italia. [2] Un anno dopo l'arresto Averoff poteva fuggire, ma sono rimasti in Italia e ha partecipato ad una organizzazione di resistenza. 1944 wird er formal Militär und amtiert als Mitglied der griechischen Militärmission in dem seit September 1943 auf Seiten der Alliierten kämpfenden Italien. 1944, ha formalmente e militari in carica in qualità di membro della missione militare greco dal settembre 1943 a fianco degli Alleati lotta contro l'Italia. 1946 wurde Evangelos Averoff erstmalig in das griechische Parlament als Abgeordneter des Wahlkreises Ioannina gewählt. 1946, Evangelos Averoff la prima volta in Parlamento greco come deputato al Parlamento per il collegio elettorale di Ioannina eletti. Er vertrat dabei die Liberale Partei Griechenlands (Komma Fileleftheron; KF). Ha rappresentato il partito liberale di Grecia (virgola Fileleftheron; KF). Am 20. Il 20 Januar 1949 wird er im fünften Kabinett des Ministerpräsidenten Themistoklis Sophoulis Versorgungsminister. Dieses Amt behielt er auch im sechsten Kabinett Sophoulis und im ersten Kabinett Alexandros Diomidis bis zum 6. Questo ufficio ha mantenuto anche nel sesto gabinetto Sophoulis e il primo gabinetto Alexandros Diomidis a 6 Januar 1950. Gennaio 1950. Von Ministerpräsident Sophoklis Venizelos wurde er am 27. Dal Primo Ministro Sophoklis Venizelos, era il 27 März zum Minister für nationale Wirtschaft in dessen zweitem Kabinett berufen. Marzo, il Ministro dell'economia nazionale nel suo secondo gabinetto. Mit dem Amtsantritt von Nikolaos Plastiras als neuer Ministerpräsident verlor er das Amt bereits am 15. Con l'inaugurazione di Nikolaos Plastiras come nuovo Primo Ministro, ha perso la carica il 15 April 1950. Aprile 1950. Am 21. Il 21 August 1950 wird Averoff in der dritten Regierung von Sophoklis Venizelos Landwirtschaftsminister. Averoff agosto 1950 è il terzo governo di Sophoklis Venizelos Ministro dell'Agricoltura. 7 Tage später wechselte in das Wirtschaftsressort und übernahm kommissarisch das zwischenzeitlich nicht besetzte Versorgungsministerium. 7 giorni dopo, nel dipartimento di marketing e nel frattempo, non agendo di personale di assistenza ministero. Am 28. Il 28 Januar 1951 trat Averoff als Wirtschafts- und Versorgungsminister zurück. Averoff entrato nel gennaio 1951 come un punto di vista economico e di fornitura ministro. In der dritten Regierung von Nikolaos Plastiras wurde Averoff zum Stellvertretenden Außenminister. Nel terzo governo di Nikolaos Plastiras Averoff come è stato il Vice Ministro degli Affari Esteri. In dieser Funktion unterbreitete er nach eigenen Angaben dem britischen Außenminister Anthony Eden den Vorschlag, Zypern mit Griechenland zu vereinen und gleichzeitig Großbritannien für 99 Jahre Militärbasen auf der Insel zu verpachten. In questo ruolo, ha presentato osservazioni al ministro degli Esteri britannico Anthony Eden della proposta, per unire Cipro con la Grecia e la Gran Bretagna per 99 anni di basi militari sull'isola di lasciarli. Eden lehnte das Angebot ab. [3] Mit dem Rücktritt der Regierung Plastiras endete auch Averoffs Amtszeit am 11. Eden ha respinto l'offerta. [3] Con le dimissioni del governo si è conclusa anche Plastiras Averoff ufficio in data 11 Oktober 1952. Ottobre 1952. Anschließend gehörte er weder der Übergangsregierung Kiosopoulos noch der Regierung Alexandros Papagos im Gegensatz zum späteren Ministerpräsidenten Konstantinos Karamanlis. Successivamente, egli non è stato né il governo né il governo Kiosopoulos Alexandros Papagos a differenza del primo ministro dopo Konstantinos Karamanlis. Das Abgeordnetenmandat für Ioannina verteidigte er bei den Wahlen 1950 und 1951 als Parteigänger der KF. Il mandato parlamentare è di Ioannina difeso alle elezioni nel 1950 e il 1951 come la parte KF frequentatori. Bei den Parlamentswahlen am 16. Nelle elezioni parlamentari del 16 November 1952 – im Gegensatz zu den vorherigen mit Mehrheitswahlrecht – wurde Averoff im Wahlkreis Ioannina nicht wiedergewählt und schied aus dem griechischen Parlament aus. [4] [5] Novembre 1952 - in contrasto con la precedente, con un voto a maggioranza - nella circoscrizione Averoff Ioannina non è stato rieletto e dimesso dal Parlamento greco. [4] [5]
Bei den Parlamentswahlen 1956 gelang Averoff der Wiedereinzug in das Parlament als Abgeordneter des Wahlkreisis Ioannina. Per il 1956 le elezioni parlamentari sono riusciti Averoff di recupero in Parlamento come deputato al Parlamento per il Wahlkreisis Ioannina. Vor der Wahl hatte sich Averoff der konservativen Partei Nationale Radikale Union (Ethniki Rizospastiki Enosi, ERE) des langjährigen Ministerpräsidenten Konstantinos Karamanlis angeschlossen, deren Mitglied er bis zu Ihrer de facto Auflösung im Rahmen der Militärdiktatur 1967 blieb. Prima delle elezioni avevano Averoff Partito conservatore radicale Unione Nazionale (Ethniki Rizospastiki Enosi, ERE), del lungo tempo primo ministro Konstantinos Karamanlis collegato, che fino al suo scioglimento de facto, sotto la dittatura militare del 1967 è rimasta. Aus seiner bisherigen Liberalen Partei mit deren Vorsitzenden Sophoklis Venizelos trat er aus. [6] Das Abgeordnetenmandat für Ioannina verteidigte er erfolgreich 1958, 1961, 1963 und 1964. [7] Da parte sua l'ex presidente liberale Sophoklis Venizelos che ha fatto. [6] Il mandato parlamentare per Ioannina ha difeso con successo nel 1958, 1961, 1963 e 1964 [7].
Mit seiner Berufung als Landwirtschaftsminister am 29. Con la sua nomina a Ministro delle Politiche Agricole il 29 Februar 1956 trat er in das 2. Febbraio 1956, è entrato a far parte del 2. Kabinett Konstantinos Karamanlis und damit in die griechische Regierung ein. Konstantinos Karamanlis armadio e quindi il governo greco. Knapp drei Monate später wechselte Averoff vom Landwirtschafts- in das Außenministerium. Quasi tre mesi dopo spostato Averoff di Agricoltura presso il Ministero degli Affari Esteri. Diesen Posten behielt er bis zum Rücktritt von Konstantinos Karamanlis am 20. Ha mantenuto questa posizione fino a quando le dimissioni di Konstantinos Karamanlis, 20 Juni 1963, lediglich monatsweise unterbrochen durch Übergangsregierungen mit dem dann Außenminister Michail Pesmazoglou. Giugno 1963, solo mensili interrotta da governi di transizione con l'allora ministro degli Esteri Mikhail Pesmazoglou. In seiner Zeit als griechischer Außenminister dominierte der Zypernkonflikt die außenpolitische Agenda Griechenlands. A suo tempo, come ministro degli Esteri greco ha dominato il conflitto cipriota, la politica estera in Grecia. Während seiner Amtszeit eskalierte der bewaffnete Widerstand der griechischen Zyprioten in Form der Untergrundorganisation EOKA unter Georgios Grivas gegen die britische Kolonialherrschaft auf Zypern mit dem Ziel des Anschlusses von Zypern an Griechenland (Enosis). Durante il suo incarico aumentata resistenza armata dei greco-ciprioti, in forma di organizzazione sotterranea EOKA sotto Georgios Grivas contro il dominio coloniale britannico a Cipro, con l'obiettivo di collegare Cipro alla Grecia (Enosis). Neben dem bewaffneten Kampf gegen die britische Kolonialmacht eskalierten die Streitigkeiten zwischen der griechisch-zypriotischen und türkisch-zypriotischen Bevölkerungsgruppe zu einem offenen bewaffneten Konflikt im Juni 1958). Oltre alla lotta armata contro la potenza coloniale britannica aumentata la controversia tra la greco-cipriota e turco-cipriota popolazione ad un aperto conflitto armato nel giugno 1958). Eine Initiative von Averoff den Zypernkonflikt durch eine Unabhängigkeit Zyperns mit gleichzeitigen griechischen Garantien gegen eine Enosis wurden sowohl vom Anführer der Zypern-Griechen, Makarios , als auch vom eigenen griechischen Kabinett verhindert. [8] Einen Monat später nimmt Averoff zur Versicherung der Unterstützung der blockfreien Staaten für die griechische Position im schwelenden Zypernkonflikt an dem Treffen des damaligen jugoslawischen Staatschefs Josip Broz Tito mit Ägyptens Präsident Gamal Abdel Nasser auf der Insel Brijuni am 8. Una iniziativa del conflitto cipriota Averoff da un perito indipendente, Cipro con traduzione simultanea garanzie nei confronti di un greco Enosis erano i leader di entrambi i greci di Cipro, Makarios, così come dal proprio gabinetto greco impedito. [8] Un mese più tardi, Averoff per assicurare il sostegno della non allineati membri per quanto riguarda il greco posizione nel conflitto cipriota Simmering in occasione della riunione del l'ex leader di Stato Josip Broz Tito con l'Egitto, il presidente Gamal Abdel Nasser, sull'isola di Brioni, l'8 und 9. e 9 Juli 1958 teil. Luglio 1958 parte. Im Herbst 1958 scheiterte Averoff als Vertreter Griechenlands bei der UNO eine Resolution zu erhalten, mit welcher die griechische Position im Zypernkonflikt gestützt werden sollte. Nell'autunno del 1958 non Averoff in qualità di rappresentante della Grecia presso le Nazioni Unite ha approvato una risoluzione per arrivare a ciò che la posizione in greco di Cipro conflitto dovrebbe essere basata. Averoff eröffnete darauf hin in Anerkennung der Notwendigkeit einer Verhandlungslösung mit dem damaligen türkischen Außenminister Zorlu Gespräche über die Zukunft Zyperns. [9] Bei den nachfolgenden Verhandlungen in Zürich über die Lösung des Zypernkonfliktes zwischen Großbritannien, der Türkei und Griechenland vertrat Averoff offiziell neben Ministerpräsident Griechenland: die Verhandlungen führen zum Londoner Garantievertrag für ein unabhängiges Zypern vom 19. Averoff aperto sottolinea in riconoscimento della necessità di una soluzione negoziata con l'allora Ministro degli esteri turco Zorlu discutere il futuro di Cipro. [9] Nel corso delle successive trattative a Zurigo per la soluzione della questione di Cipro controversia tra la Gran Bretagna, Turchia e Grecia, rappresentata ufficialmente Averoff Grecia prossimo Primo Ministro: negoziati che hanno portato a Londra il contratto di garanzia per l'indipendenza di Cipro, 19 Februar 1959. Febbraio 1959. Am 16. Il 16 August 1960 wird Zypern ein unabhängiger Staat. Agosto 1960, Cipro è diventata uno Stato indipendente. Zur Stabilisierung des auf Zypern eingeleiteten Friedensprozesses einigen sich im Dezember 1960 in Paris Averoff als Außenminister für Griechenland, der türkische Außenminister Sarper und der zypriotische Außenminister Kyprianou auf die Einrichtung einer Schlichtungskommission. Per stabilizzare il processo di pace a Cipro, nel dicembre 1960 a Parigi Averoff come Ministro degli Affari Esteri per la Grecia, il Ministro degli esteri turco e il ministro degli Esteri cipriota SARP Kyprianou per l'istituzione di una commissione di conciliazione. Im August 1962 besuchte Averoff die Türkei um die Spannungen zwischen beiden Ländern wegen des Zypernkonfliktes weiter zu entschärfen. Nel mese di agosto 1962 Averoff visita in Turchia per le tensioni tra i due paesi a causa del conflitto cipriota per disinnescare.
Mit dem Rücktritt von Ministerpräsident Karamanlis am 11. Con le dimissioni del Primo Ministro Karamanlis su 11 Juni 1963 musste Averoff mit Rücktritt das Amt des Außenministers abgeben. Giugno 1963 aveva Averoff a dimettersi il posto di ministro degli Esteri competenza. Bei den nachfolgenden zwei geschäftsführenden Regierungen bis zu den Parlamentswahlen bekleidete Averoff kein Ministeramt. Nei seguenti due governi esecutivo prima delle elezioni parlamentari in borsa non Averoff ministeriale. Die Wahlniederlage der ERE 1963 bringt die bis dahin oppositionelle Zentrumsunion (Enosis Kendrou, EK) an die Macht. La sconfitta elettorale del 1963, l'allora opposizione ERE Centro Union (Enosis Kendrou, CEC) al potere. Bis 1967 war er Abgeordneter; in den konservativen Regierungen vom Juli 1965 bis April 1967 war er nicht vertreten. Fino al 1967 è stato deputato nella governi conservatori a partire dal luglio 1965 ad aprile 1967, egli non è stato rappresentato. Der konservative Ministerpräsident Panagiotis Kanellopoulos berief Averoff in der letzten Regierung vor Beginn der Militärdiktatur am 3. Il Primo Ministro conservatore Panagiotis Kanellopoulos Averoff convocato negli ultimi governo prima della dittatura militare in data 3 April 1967 zum zweiten Male zum Landwirtschaftsminister. Aprile 1967 per la seconda volta il ministro dell'Agricoltura. Nach 18 Tagen endete die Amtszeit Averoffs mit dem Beginn der Griechischen Militärdiktatur am 21. Dopo 18 giorni, si è concluso il mandato Averoff con l'inizio della dittatura militare greco, 21 April 1967. Aprile 1967.
Während der griechischen Militärdiktatur von 1967 bis 1974 verließ Averoff Griechenland nicht. Durante la dittatura militare greca dal 1967 al 1974 sinistra non Grecia Averoff. In das Visier des Repressionsapparates der Militärdiktatur geriet Averoff endgültig 1973. In vista della apparato repressivo della dittatura militare finalmente cadde Averoff il 1973. Im Zusammenhang mit der Meuterei auf dem griechischen Zerstörer Velos und dessen „Desertation“ nach Italien wurde Averoff unter der Beschuldigung der „Anstiftung“ verhaftet. In connessione con l'ammutinamento sul cacciatorpediniere Velos greco e il suo "Desertation" Averoff in Italia era sotto l'accusa di "incitamento" sono stati arrestati.
Mit der Rückkehr von Konstantinos Karamanlis aus dem französischen Exil im Juli 1974 rückte Averoff wieder in wichtige politische Ämter vor. Con il ritorno di Konstantinos Karamanlis esilio da un francese, nel luglio 1974 Averoff spostati indietro di importanti cariche politiche. Karamanlis berief ihn als Verteidigungsminister in seine Übergangsregierung. Karamanlis nominato come ministro della Difesa nel suo governo di transizione. Der von Karamanlis 1974 gegründeten Mitte-Rechts-Partei Nea Dimokratia (ND) trat Averoff bei. Il Karamanlis fondata nel 1974 dal centro-destra partito Nuova Democrazia (ND) si è verificata nel Averoff. Im November 1974 gewann Karamanlis und die ND die Parlamentswahlen : Averoff wurde erneut zum Verteidigungsminister berufen und behielt dieses Amt bis zum 21. Nel novembre 1974 ha vinto il Karamanlis ND e le elezioni parlamentari: Averoff è stato nuovamente nominato ministro della Difesa e mantenuto questa carica fino al 21 Oktober 1981 (ab Mai 1980 nach dem Rücktritt von Karamanlis unter dem Ministerpräsidenten Georgios Rallis ). Ottobre 1981 (a partire dal maggio 1980 dopo le dimissioni del Primo Ministro Karamanlis Georgios Rallis). Nach dem Rücktritt von Karamanlis konkurrierten Rallis und Averoff um den Parteivorsitz der ND: Averoff unterlag Rallis knapp mit 84 zu 88 Stimmen am 8. In seguito alle dimissioni del Karamanlis e Rallis Averoff gara per la presidenza del partito ND: Rallis Averoff quasi subito da 84 a 88 voti su 8 Mai 1980. [10] [11] Die ND mit der von ihr gestellten Regierung Georgios Rallis verlor die Wahlen gegen die bis dahin oppositionelle PASOK unter Andreas Papandreou . Maggio 1980. [10] [11] ND con il suo governo da Georgios Rallis perso le elezioni contro l'allora opposizione, il PASOK sotto Andreas Papandreou. Andreas Papandreou selbst wurde Nachfolger von Averoff im Amt des Verteidigungsministers (gleichzeitig mit Ministerpräsident). Andreas Papandreou è stato Averoff successore di l'ufficio del ministro della Difesa (nello stesso momento in cui il Primo Ministro).
Die Wahlniederlage der ND 1981 beförderte Averoff an die Spitze der Partei Nea Dimokratia: er wurde zu deren Vorsitzenden gewählt und löste Georgios Rallis in dieser Funktion ab. La sconfitta elettorale del 1981 ND Averoff trasportato verso l'alto della Nuova Democrazia parte, è diventato il suo presidente, in sostituzione di Georgios Rallis in questa funzione. In seiner Eigenschaft als Oppositionsführer konnte er gegen die regierende PASOK bei den Europawahlen 1984 sieben Prozentpunkte im Vergleich zur letzte Parlamentswahl hinzugewinnen: die PASOK verlor im gleichen Ausmaß. Nella sua veste di leader del partito di opposizione, avrebbe potuto contro la sentenza del PASOK nel 1984 le elezioni europee di sette punti percentuali rispetto alle ultime elezioni generali per vincere: il PASOK perso nella stessa misura. Das Ziel die PASOK als stärkste Partei abzulösen wurde verfehlt. L'obiettivo del PASOK parti separabili come il più forte è stata inadeguata. Ende 1984 trat er im Alter von 75 Jahren als Parteivorsitzender zurück und wurde zum Ehrenvorsitzenden der Nea Dimokratia gewählt. [12] Fine del 1984, è entrato all'età di 75 anni come presidente e il partito è stato eletto Presidente Onorario della Nuova Democrazia scelto [12].
Publizistisches Wirken [ Bearbeiten ] [Modifica] lavoro giornalistico
Averoff publizierte entsprechend seines Studiums 1933 ein wirtschaftswissenschaftliches Werk über eine Zollunion auf dem Balkan, welches mit einem Preis ausgezeichnet wurde. Averoff pubblicato il suo secondo studio 1933 su una economia di lavoro Unione doganale nei Balcani, con un premio. Ab 1939 wandte er sich politischen Publikationen zu und veröffentlichte – noch zu Zeiten der Diktatur von Ioannis Metaxas – eine Abhandlung über das Bevölkerungsproblem Griechenlands. Dal 1939 si è rivolto a politici e pubblicato pubblicazioni - anche ai tempi della dittatura di Ioannis Metaxas - un trattato sulla popolazione problema in Grecia. 1948 engagierte er sich mittels eines Buches für die Belange der Kutsovlachen (Aromunen). [13] Ab den 1960er Jahren veröffentlichte Averoff auch prosaische und dramatische Literatur. 1948, si sta utilizzando un libro per gli interessi di Kutsovlachen (Aromanians). [13] Dal 1960, pubblicato anche Averoff prosaico e letteratura drammatica. Die Publikationen von politikwissenschaftlichen und politischen Schriften führte er in reduziertem Maße fort. [14] In seinen Romanen „Die Stimme der Erde“ und „Stimme des Schmerzes“ und „Delphische Erde“ behandelte Averoff die italienische Besatzungszeit in Thessalien und die Lage der Bevölkerung währenddessen. [14] Le pubblicazioni di scienze politiche e scritti politici, ha continuato ad una riduzione della misura. [14] Nei suoi romanzi, "La voce della Terra" e "voce del dolore" e "terra Delphic trattati Averoff la occupazione italiana in Tessaglia e la situazione della popolazione, mentre [14].
Ausgewählte Werke von Averoff in chronologischer Reihenfolge sind: Averoff di opere selezionate in ordine cronologico, sono i seguenti:
* 1933 - Die Balkanische Zollunion (in französischer Sprache). 1933 - L'unione doganale dei Balcani (in francese). Ausgezeichnet mit dem ersten Carnegie-Preis) Vincitore del primo premio Carnegie) * 1939 – Vorschlag zur Untersuchung des Bevölkerungsproblems Griechenlands (Συμβολή εις την έρευνα του πληθυσμιακού προβλήματος της Ελλάδος). 1939 - Proposta di studiare il problema della popolazione Grecia (Συμβολή εις την έρευνα του πληθυσμιακού προβλήματος της Ελλάδος). Ausgezeichnet mit dem Preis der Akademie Athen. Assegnato il Premio della Accademia di Atene. * 1945 – Freiheit oder Tod 1945 - Libertà o Morte * 1948 – Die Politische Seite des Koutsovlachischen Verlangens (Η πολιτική πλευρά του Κουτσοβλαχικού Ζητήματος) 1948 - Il lato politico del desiderio Koutsovlachischen (Η πολιτική πλευρά του Κουτσοβλαχικού Ζητήματος) * 1960 – Die Außenpolitik Griechenlands (in italienischer Sprache) 1960 - La politica estera della Grecia (in italiano) * 1964 – Die Stimme der Erde. 1964 - La voce della Terra. * 1968 – Schwalben (Περιστέρια). 1968 - rondini (Περιστέρια). Prosa. * 1969 – Als die Götter vergaßen (Όταν ξεχνούσαν οι θεοί). 1969 - Quando gli dei dimenticato (Όταν ξεχνούσαν οι θεοί). Prosa. * 1973 – Feuer und Axt – Griechenland 1944-1949 (in französischer Sprache). 1973 - Fuoco e ax - Grecia 1944-1949 (in francese). Ausgezeichnet mit der Goldmedaille der französischen Akademie Assegnati la medaglia d'oro della Accademia di Francia * 1973 – Rückkehr nach Mykene (Επιστροφή στις Μυκήνες), Theaterstück 1973 - ritorno a Micene (Επιστροφή στις Μυκήνες), svolgere * 1981 - Eine Geschichte mit verlorenen Gelegenheiten – Das Zypern-Problem 1956-1963 (A History of missed opportunities: The Cypriot Problem 1956-1963; in englischer Sprache) 1981 - Una storia di occasioni perdute - il problema di Cipro 1956-1963 (Una storia di occasioni mancate: il problema cipriota 1956-1963, in inglese)
Wirtschaftliches Wirken [ Bearbeiten ] [Modifica] L'attività economica
Averoff betätigte sich als Winzer in dem Weingut seiner Familie (Averoff bzw. Katogi Strofilia ) in Metsovo . Averoff gestito come viticoltori nel vigneto di famiglia (o Averoff Katogi Strofilia) in Metsovo. Er kreierte in den 1960er Jahren erstmalig einen Rotwein (Cuveé) aus einer einheimischen griechischen und einer importierten Rebsorte. Ha creato nel 1960, la prima volta, un vino rosso (Cuvee) da un indigeno vitigno greco e uno importato. Neben dem Weingut war er als Vorsitzender der Einrichtung „Michail Tositsa“ in Kifissia , einer Vorstadt Athens, tätig. Oltre alla cantina, è stato presidente dell 'organizzazione "Mikhail Tositsa a Kifissia, un sobborgo di Atene, ha lavorato.
Quellen [ Bearbeiten ] [Modifica] Fonti