Nel campo di concentramento di Janowska i nazisti accompagnavano le uccisioni dei prigionieri con la musica di un'orchestra di altri prigionieri. Una narrazione tradizionale, epica, vuole che in questo frangente fosse eseguito uno specifico brano, il Tango della morte (in tedesco Todestango; in russo Танго смерти?, Tango smerti), appositamente commissionato a un musicista ebreo detenuto, e che poco prima dello smantellamento del campo tutti gli orchestrali siano stati trucidati dalle SS, uno alla volta, proprio mentre lo eseguivano per loro stessi.
La vicenda così narrata riflette una realtà storica, ma sembra essersi ricomposta in una trama leggendaria, suggestiva ed emblematica delle atrocità naziste. È quindi un'importante testimonianza del vissuto degli internati e degli abusi da loro subiti, che annichilivano la loro dignità umana e avvenivano anche per mezzo della musica.
Tuttavia è improbabile che la fucilazione degli orchestrali sia avvenuta con le modalità tramandate, e sono dubbie sia l'identità del tango sia la sua stessa esistenza. Del brano non esistono spartiti, ma solo rare reminiscenze emerse a distanza di anni in tre distinte versioni. Una non è mai stata riconosciuta; le altre due sono state ricondotte ad altrettanti tanghi famosi, Plegaria di Eduardo Bianco (1927) e To ostatnia niedziela di Jerzy Petersburski (1935).
In assenza di prove documentali, alcuni ritengono più plausibile la versione che privilegia To ostatnia niedziela, mentre altri sostengono che il Todestango non fosse un brano in particolare – tutt'al più marce suonate durante le selezioni degli inabili al lavoro, che conducevano alle fucilazioni – o riflettesse semplicemente la percezione, da parte degli internati, di tutta la musica eseguita in simili occasioni, sublimata nel concetto astratto di Tango della morte.