Gli Statuti cadorini, ai quali vanno associati quegli statuti speciali conosciuti sotto il nome di Laudi[1], sono una raccolta di leggi e di norme di diritto consuetudinario[2] che costituiscono un importantissimo ed abbondante corpus di documenti giuridici di età tardo-medievale e che collocano quell'area geografica denominata Cadore in una posizione particolare rispetto al panorama storico-giuridico del resto del territorio italiano. La gestione autonoma del territorio era fondata sulle Regole [3] rappresentando uno degli esempi più caratteristici della gestione di proprietà collettiva dell'arco alpino.
Questi testi redatti in latino notarile od in volgare hanno da sempre suscitato l'interesse di storici e giuristi. Tuttavia, sorprendentemente, solo di recente è stato messo in evidenza un ulteriore aspetto non meno importante, l'aspetto filologico e linguistico[4][5]. Infatti, i Laudi presentano una evidente dialettalità ladino-cadorina riscontrabile nella micro-toponomastica locale e nel lessico, in particolare per quanto riguarda l'esercizio dell'attività agricola e silvo-pastorale, degli strumenti di lavoro e quant'altro.
Il manoscritto originale dello Statuto del 1338 fu sottratto come bottino di guerra nel 1511 dalle truppe imperiali[6] di Massimiliano I a Pieve di Cadore durante la guerra cambraica. Fu portato dapprima a Dobbiaco e successivamente a Trento. Oggidì viene conservato al Tiroler Landesarchiv, l'archivio della Luogotenenza di Innsbruck. Tentarono i cadorini, a più riprese, di riottenerlo ma invano. Una copia anastatica dell'originale è presente presso la Magnifica Comunità di Cadore quale «dono[7]» ricevuto dal Tirolo nel 2004.
Origini
[modifica | modifica wikitesto]La storia degli Statuti cadorini origina con ogni probabilità nel 1235 con lo Statuto dato al Cadore da Biaquino III da Camino. Quest'ordinamento che porta il nome di «Statuta de Cadubrio per illos da Camino», fu scritto a Pieve di Cadore dal notaio Wacellus[8] alla presenza di dodici rappresentanti, nove dei quali erano cadorini[9] e fu pubblicato il 5 novembre 1235. Questo documento, che comprende cinquantuno articoli, ha una vera e propria forma statutaria, è scritto in un latino cancelleresco (latinus grossus) con la costante immistione di voci cadorine tutte le volte che il notaio ha dovuto definire il nome degli oggetti comunemente usati nei vari lavori oppure nella descrizione di particolari consuetudini.
Dello Statuto cadorino del 1235 esistevano più esemplari, tuttavia il solo attualmente conosciuto è quello analizzato e pubblicato[10] da Antonio Ronzon e che si trova nell'Archivio di Stato di Modena[11] e cioè l'esemplare di Beatrice da Camino[12], una delle tre figlie di Rizzardo III ultimo Caminese signor di Cadore, sposa di Aldobrandino III d'Este marchese di Ferrara. Fu decapitata col figlio Obizzo d'Este per congiura contro il cognato Alberto al fine di togliergli la signoria di Ferrara. Nel 1338 furono redatti i nuovi Statuti, riconosciuti nel 1347 dal Patriarca di Aquileia Bertrando e, nel 1420, dalla Serenissima. Il sistema regolato dagli Statuti era di tipo democratico, incentrato su un "Maggior e General Consiglio".
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ I Laudi delle Regole sono documenti giuridici più circoscritti ovvero dei piccoli codici rurali rappresentativi di piccole comunità o entità familiari, il cui compito, secondo il giurista Francesco Schupfer, consiste nel garantire la proprietà ed il libero uso dei beni comuni. I Laudi inoltre definiscono l'organizzazione di ogni Regola (comune) come ad esempio l'elezione del marigo (sindaco), dei laudatori (assessori) dei saltari (guardie boschive) e delle altre cariche regoliere. Fissano le festività religiose da osservare, l'inizio e la fine del pascolo, di piano o di monte, come pure le punizioni per chi danneggia i beni altrui ecc. Il più antico Laudo che si conosca è quello della Regola di Festornigo, risalente al 1239. Quello di Candide ha invece una datazione incerta, compresa fra il 1191 e il 1307.
- ^ Nella storiografia, per diritto consuetudinario si intende il diritto vincolante e tramandato oralmente, formatosi con la tradizione e la pratica nell'ambito di una comunità giuridica - Dizionario storico della Svizzera (DSS - 2010). La stessa definizione appare pure in Alessandro Lattes, Diritto consuetudinario delle città lombarde, con un'appendice di testi inediti, Hoepli Milano 1899 come pure in Antonio Ronzon, Introduzione agli Statuti e Laudi del Cadore, Archivio storico cadorino, Anno III N. 5, Lodi 1º maggio 1900: « là dove non vigeva il diritto scritto vigeva il diritto consuetudinario tramandato oralmente da generazione in generazione ».
- ^ ovverosia dall'unione delle circoscrizioni territoriali ed amministrative costituite dai nuclei abitativi limitrofi che tutti assieme formavano la Comunità di Cadore
- ^ Maria Teresa Vigolo, Il ladino-cadorino nei documenti giuridici tardo medievali e nelle parlate odierne, in 100 anni di Cultura alpina, Atti del Convegno di Studi, Borca di Cadore, Istituto di Studi per l'Alto Adige, Firenze 2008.
- ^ Maria Teresa Vigolo e Paola Barbierato, Glossario del cadorino antico, Società Filologica Friulana (Udine) e Fondazione G.Angelini (Belluno) 2012, ISBN 978-88-7636-156-2.
- ^ Statuto rubato nel 1511 dai tedeschi, Giovanni Fabbiani, Breve storia del Cadore, Udine, Banca del Friuli, 1957
- ^ « Ridateci il nostro antico Statuto - Grati alla Tiroler Landesarchiv di Innsbruck per la copia ma noi vogliamo riavere il documento » è il titolo dell'appello di Bruno De Donà in un articolo apparso sul mensile il Cadore, Giugno 2009, Anno LVII – N. 6: « Peccato davvero che quel documento sia un falso. Si tratta infatti solo – come si legge in un foglio illustrativo – dell'anastatica dell'esemplare manoscritto. ».
- ^ Lo Statuto fu scritto nella casa del fu Mainardo da Pieve dal notaio Vacelo (Guecello?) - Statuta pubblicati da Antonio Ronzon - Archivio Storico Cadorino, n. 4, 1900, pp. 41-46
- ^ Le persone presenti durante la stesura dello Statuto erano le seguenti: l'Arciprete di Cadore Odolrico, Aliprando notaio da Camino, Gilberto di Pieve, Atolino notaio di Pieve, Ambrogio di Lorenzago, Bartolomeo di Salagona, Gerardino da Vallesella, Giovanni notaio di San Vito, Azone notaio di Ampezzo, Alieprando di Candide (?), Ottone di Resinego Trenisio di Domenico Mauronto (?) e altri. Nove sono cadorini come lo si rileva dal nome del villaggio scritto accanto al loro nome personale.
- ^ Archivio storico cadorino, Anno III, 1º aprile 1900.
- ^ Un fascio di carte e pergamene giunse nella città di Modena poiché nel 1598 gli Estensi dovettero lasciare Ferrara per trasferirsi a Modena.
- ^ Nell'Archivio di Stato di Modena, nella serie «Cancelleria Ducale», documenti di stati esteri, R. Treviso, da Camino, busta 137, troviamo un fascio di carte e pergamene con una nota sulla cartellina: «Beatrice, figlia di Rizzardo da Camino, sposò il 18 settembre 1351 Aldobrandino III, marchese di Ferrara, regnante dal 1352 al 1361», ed il testamento di Beatrice del 2 novembre del 1361.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Antonio Ronzon, Archivio storico cadorino, periodico mensile dal 1898 al 1903, Lodi 1898-1903
- Antonio Ronzon, Da Pelmo a Peralba, Almanacco cadorino, dal 1873 al 1896
- Maria Teresa Vigolo, Il ladino-cadorino nei documenti giuridici tardo medievali e nelle parlate odierne, in 100 anni di Cultura alpina, Atti del Convegno di Studi, Borca di Cadore, Istituto di Studi per l'Alto Adige, Firenze 2008.
- Giovanni Fabbiani, Breve storia del Cadore, Udine, Banca del Friuli, 1957.
- Orietta Ceiner - Silvia Miscellaneo, I protocolli notarili d'Ampezzo (1598-1808)- Rassegna degli Archivi di Stato, LXI (2001), 1-2-3
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Tiroler Landesarchiv, su tirol.gv.at. URL consultato il 29 marzo 2010 (archiviato dall'url originale il 1º maggio 2010).