Lo Skírnismál (Discorso di Skírnir) è uno dei poemi che compongono l'Edda poetica. È attualmente conservato nel Codex Regius, il manoscritto del XIII secolo e nell'AM 748 I 4to ma la critica è generalmente d'accordo nel datarlo alla prima metà del X secolo, o forse addirittura intorno al 900[1], probabilmente in Norvegia. Il prologo e due brevi passi in prosa furono presumibilmente scritti dal compilatore medievale del manoscritto dell'Edda poetica, che sentì la necessità di palesare il contesto della vicenda e fornire alcuni dettagli a chi non avesse familiarità col racconto. Molti studiosi ritengono inoltre che il poema fosse recitato, forse in una sorta di ierogamia.
Gli dèi non compaiono a fornire lunghe esibizioni di sapienza mitologica, ma come protagonisti di una vicenda, una vicenda d'amore. L'argomento è avventuroso: il dio Freyr si è perdutamente innamorato della bella gigantessa Gerðr e il suo servitore Skírnir affronta un lungo e pericoloso viaggio in nome del suo padrone. L'argomento del poema è pertanto il tentativo, da parte di Skírnir di convincere la bella Gerðr a concedersi in moglie a Freyr.
La forma di questo poema è essenzialmente dialogica, ma non in senso stretto; infatti le voci che si susseguono sono più di due.
Trama
[modifica | modifica wikitesto]All'inizio, seduto sul trono di Odino, Hliðskjálf, da dove è possibile scrutare tutti i mondi, Freyr vede in Jǫtunheimr una fanciulla così bella e se ne innamora immediatamente, e comincia a desiderarla come sua sposa. Preoccupato per l'umore melanconico del figlio, Njörðr chiede al servo di questi, Skírnir, di indagare, per saperne qualcosa di più. È tuttavia Skaði, nell'incipit del poema, a porre la domanda a Skírnir, il quale dapprima mostra perplessità, infatti teme che Freyr non gradisca la sua invadenza e gli risponda male. Skírnir si rivolge dunque a Freyr, il quale, dopo avergli rivelato del suo innamoramento, gli chiede di andare a chiedere alla gigantessa di concedergli un convegno d'amore.
«Skírnir:
Segðu þat, Freyr,
fólkvaldi goða,
ok ek vilia vita,
hví þú einn sitr
ennlanga sali,
minn dróttinn, um daga.»
«Skírnir disse:
Dimmi questo, Freyr,
condottiero fra gli dèi,
e che io vorrei sapere,
perché tu siedi solo
nella vasta sala,
mio signore, tutti i giorni?»
Freyr fornisce al messaggero il suo cavallo magico, che sa attraversare magiche barriere di fuoco, ed in ricompensa gli cede la sua spada, che combatte da sola contro i giganti, e Skírnir, intrapresa l'avventura, si rivolge al cavallo incitandolo a compiere il difficile viaggio verso Jötunheimr.
«Skírnir mælti við hestinn:
Myrkt er úti,
mál kveð ek okr fara
úrig fiöll yfir,
þyria þióð yfir;
báðír vit komumk,
eða okr báða tekr
sá inn ámátki iötunn.»
«Skírnir disse al cavallo:
Buio è là fuori,
è tempo, dico, di metterci in viaggio
attraverso montagne brumose,
attraverso paesi di giganti;
o entrambi passeremo
o ci prenderà entrambi
quel gigante oltremodo possente.»
Poche righe in prosa narrano il viaggio di Skírnir e l'arrivo alla dimora di Gerðr, vigilata da cani feroci. Un pastore lo sconsiglia di proseguire, ma il messaggero non ascoltandolo giunge presso la casa della graziosa fanciulla.
Gerðr, sentendo un gran frastuono, ne chiede alla serva la causa e quella le risponde che uno straniero è arrivato alla porta; Gerðr lo fa entrare e gli chiede chi sia. Giunto al cospetto di Gerðr, Skírnir cerca di convincerla a concedersi a Freyr. Dapprima la tenta offrendole dei doni: mele d'oro e un anello prezioso, ma, Gerðr rifiuta quanto le viene offerto. Allora Skírnir passa alle minacce: mostra alla fanciulla la spada avuta da Freyr, senza che lei ne sia intimorita. Allora, in un lungo monologo che da solo occupa quasi un quarto del poema, Skírnir descrive a Gerðr il destino di povertà, angoscia e follia che le è riservato se non accetterà le offerte d'amore di Freyr, e pronuncia magiche rune che costringono la fanciulla a cedere alla richiesta.
La ritrosia di Gerðr è vinta: la fanciulla promette di incontrarsi con Freyr entro nove notti. Skírnir, ritornato a casa, riferisce a Freyr la buona notizia, ma il dio consumato d'amore mormora che non sa se potrà resistere per ben nove notti, tanto è possente il suo desiderio.
«Freyr kvað:
Löng er nótt,
langar ro tvær,
hvé um þreyiak þriár?
opt mér mánaðr
minni þótti
en siá hálf hýnott.»
«Freyr disse:
Lunga è una notte,
più lunghe sono due,
come potrò reggerne tre?
Spesso un mese
mi è parso più breve
di metà di questa notte d'attesa.»
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Scardigli 1982
Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Skírnismál
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Traduzione in italiano con testo norreno a fronte di Bjǫrn Mánagoði.
- Il testo completo del poema su Bifrost.it.
- [1] Carolyne Larrington, "What Does Woman Want? Mær and munr in Skírnismál," Alvíssmál 1 (1992): 3–16.
- [2] Heinz Klingenberg, "För Skírnis: Brautwerbungsfahrt eines Werbungshelfers," Alvíssmál 6 (1996): 21–62 (English summary, pp. 59–62).
- [3] Anatoly Liberman, Review of Klaus von See et al., "Skírnismál": Modell eines Edda-Kommentars, Alvíssmál 6 (1996): 114–18.
- [4] Anne Heinrichs, "Der liebeskranke Freyr, euhemeristisch entmythisiert," Alvíssmál 7 (1997): 3–36 (English summary, p. 36).