Il rapporto Harrison fu un resoconto dell'avvocato statunitense Earl G. Harrison, scritto nel luglio 1945 in qualità di rappresentante degli Stati Uniti presso la Commissione intergovernativa sui rifugiati sulle condizioni dei campi profughi nell'Europa del secondo dopoguerra:[1] fu sfruttato per la creazione della Commissione d'inchiesta anglo-americana sul Mandato britannico della Palestina per attuare politiche specifiche nei confronti sia dei rifugiati di guerra ebrei che dei problemi della Palestina.[2]
Dopo che il rapporto fu completato, il presidente Truman inviò una copia al primo ministro britannico Clement Attlee, in merito alla responsabilità della Gran Bretagna per la Palestina. Truman scrisse:"Sulla base di questa e di altre informazioni che mi sono pervenute, concordo nella convinzione che nessun'altra singola questione sia così importante per coloro che conoscono gli orrori dei campi di concentramento da oltre un decennio come lo è il futuro delle possibilità di immigrazione in Palestina".[3]
Gli inglesi risposero negativamente al rapporto incolpando la pressione sionista per la conclusione del rapporto sulla Palestina e suggerendo che anche gli Stati Uniti dovessero accogliere una parte dei rifugiati.[4] Attlee volle che il rapporto rimanesse riservato, ma la sua richiesta fu ignorata.[5]
Lo scopo del rapporto
[modifica | modifica wikitesto]Il 15 marzo 1945 il presidente Roosevelt nominò Harrison rappresentante degli Stati Uniti presso la Commissione intergovernativa sui rifugiati.[6]
Il 18 giugno, l'Agenzia ebraica in Palestina inviò una nota dettagliata alle autorità britanniche chiedendo 100.000 permessi di immigrazione per gli sfollati ebrei in Europa.[7]
Il 22 giugno, due mesi dopo la morte di Roosevelt, il presidente Truman chiese a Harrison di condurre un giro di ispezione dei campi che ospitavano gli sfollati in Europa, su sollecitazione del segretario al Tesoro uscente Henry Morgenthau Jr.[8] Harrison fu invitato a indagare sulle condizioni di vita degli sfollati nei paesi liberati dell'Europa occidentale, nella Germania occupata dagli Alleati e nell'Austria occupata dagli Alleati, con particolare riferimento ai profughi ebrei che potessero essere apolidi o non rimpatriabili:[9]
«(1) le condizioni in cui vivono attualmente gli sfollati e in particolare coloro che possono essere apolidi o non rimpatriabili, specialmente in Germania e Austria,
(2) i bisogni di tali persone,
(3) come tali bisogni vengono soddisfatti a presenti dalle autorità militari, dai governi di residenza e dagli organismi di soccorso internazionali e privati, e
(4) le opinioni delle persone eventualmente non rimpatriabili sulle loro destinazioni future.»
Harrison partì all'inizio di luglio a capo di una piccola delegazione comprendente due rappresentanti dell'American Jewish Joint Distribution Committee, Joseph J. Schwartz e Herbert Katzki, quest'ultimo anche lui nel Consiglio per i rifugiati di guerra (in inglese: War Refugee Board), e Patrick Murphy Malin della Commissione intergovernativa sui rifugiati.[8] Il gruppo si divise per visitare complessivamente una trentina di campi: Schwartz si recò nei campi in Germania settentrionale mentre Harrison visitò i campi degli Stati Uniti in Austria e in Baviera. In Germania, Harrison fu accolto dal cappellano dell'esercito americano Abraham Klausner che organizzò personalmente la visita per mostrare la reale natura della situazione degli sfollati in Baviera.[10][8]
Il rapporto
[modifica | modifica wikitesto]Il rapporto fu datato 24 agosto,[11] e incolpò le autorità militari statunitensi per le condizioni orribili descritte:[11]
«Molti sfollati ebrei... vivono sotto scorta dietro recinzioni di filo spinato... inclusi alcuni dei più famosi campi di concentramento... non avevano vestiti diversi dall'abbigliamento da campo di concentramento... La maggior parte di loro è stata separata [dagli affetti] tre, quattro o cinque anni e non riescono a capire perché i liberatori non avrebbero dovuto intraprendere immediatamente lo sforzo organizzativo per riunire i gruppi familiari.... Molti degli edifici... sono palesemente inadatti all'inverno....»
Harrison mise a confronto queste condizioni di vita con la normalità condotta dalle vicine popolazioni tedesche e si meravigliò della situazione:[11]
«Sembra che trattiamo gli ebrei come li trattavano i nazisti, tranne per il fatto che non li sterminiamo. Sono in gran numero nei campi di concentramento sotto la nostra guardia militare invece delle truppe delle SS. Viene da chiedersi se il popolo tedesco, vedendo questo, non stia supponendo che stiamo seguendo o almeno condonando la politica nazista.»
Riportò che le autorità statunitensi stavano considerando gli sfollati in gruppi di nazionalità simile, ma le condizioni e la storia dell'antisemitismo nazista richiese il riconoscimento dell'identità distinta di questi sfollati:[11]
«Il primo e più evidente bisogno di queste persone è il riconoscimento del loro status attuale e con questo intendo il loro status di ebrei... Il rifiuto di riconoscere gli ebrei come tali ha l'effetto, in questa situazione, di chiudere gli occhi sul loro passato e sulle più barbare persecuzioni.»
Raccomandò al Presidente che a 100.000 sfollati in quei campi fosse permesso di reinsediarsi in Palestina.[11]
Le conseguenze
[modifica | modifica wikitesto]Truman inoltrò il rapporto al generale Eisenhower, comandante delle forze americane in Europa. Eisenhower rispose prontamente con una serie di misure per separare gli sfollati ebrei, trovando loro gli alloggi anche se ciò significò lo spostamento dei tedeschi, l'aumento delle razioni e la corsia preferenziale nell'occupazione, forse aiutati dalle informazioni sul contenuto del rapporto prima che raggiungesse Truman.[11] Un altro risultato immediato delle indicazioni di Harrison fu la nomina di un consigliere per gli affari ebraici dell'esercito americano anche in base alle raccomandazioni di diverse organizzazioni ebraiche al segretario alla guerra. Il rabbino Judah P. Nadich fu il primo, seguito nell'ottobre 1945 da Simon H. Rifkind, giudice di New York.[11]
Infine, il rapporto concentrò l'attenzione di Truman e dell'esercito americano sugli ebrei. Truman scrisse a Eisenhower il 31 agosto:[11]
«So che sarete d'accordo con me sul fatto che abbiamo una responsabilità particolare nei confronti di queste vittime della persecuzione e della tirannia che si trovano nella nostra zona. Dobbiamo chiarire al popolo tedesco che detestiamo completamente le politiche naziste di odio e di persecuzione. Non abbiamo occasione migliore per dimostrarlo che dal modo in cui noi stessi trattiamo effettivamente i sopravvissuti rimasti in Germania.»
Nel testo fu evidenziata la Palestina stessa come una soluzione possibile e, all'opposto, il controllo britannico dell'immigrazione come una barriera cruciale.[11] Eisenhower rispose dal canto suo con un lungo aggiornamento a Truman a metà ottobre, spiegando i cambiamenti delle condizioni e contestando l'affermazione di Harrison che "le nostre guardie militari stanno ora sostituendo le truppe delle SS". Scrisse che:[12]
«Il rapporto del Sig. Harrison tiene poco conto dei problemi affrontati, dei veri successi ottenuti nel salvare la vita di migliaia di ebrei e di altre vittime dei campi di concentramento e nel rimpatriare coloro che potevano e desideravano essere rimpatriati, oltre i progressi compiuti in due mesi per portare questi sfortunati che sono rimasti sotto la nostra giurisdizione dalle profondità della degenerazione fisica a una condizione di salute e di comfort essenziale.»
Harrison, in un discorso radiofonico, rispose che quanto considerato come miglioramenti da Eisenhower in realtà fu molto al di sotto di quanto richiesto:"Il punto è che non dovrebbero essere in nessun campo, ma in casa. Spostandoli da un campo all'altro difficilmente si può parlare di liberazione".[13]
La Palestina
[modifica | modifica wikitesto]Il rapporto di Harrison diede nuovo impulso alla creazione del Comitato d'inchiesta anglo-americano sulla Palestina,[2] Harrison stesso portò avanti una campagna a favore della sua proposta, testimoniando nel gennaio 1946 davanti al Comitato Anglo-Americano.[14] Nel 1946, il New York Times definì il lavoro di Harrison "la prima proposta ufficiale per l'insediamento immediato di 100.000 ebrei in Palestina".[15] Il rapporto fu accreditato da alcuni storici come un passo cruciale nel sostegno degli Stati Uniti allo Stato di Israele.[16]
A giugno fu chiesto alle Nazioni Unite di creare un'agenzia per affrontare i problemi dei deportati negli anni della guerra, in molti poi divenuti apolidi, e si pensò che l'America Latina potesse accoglierne molti.[17]
Il Ministro degli Esteri britannico Ernest Bevin fece riferimento al rapporto in un discorso alla Camera dei Comuni, una settimana dopo il fallimento della Conferenza di Londra del 1946-1947, l'ultimo tentativo britannico di negoziare la pace in Palestina. Nel discorso, incolpò il rapporto per il malumore che ne conseguì:[18]
«Ma penso che avremmo potuto fare di più per gli ebrei, e aumentare anche questi sforzi, se l'amarezza del sentimento che circonda questo problema dell'immigrazione non fosse stata accresciuta dalla pressione americana per l'ammissione immediata di 100.000 persone. Non desidero creare alcun rancore con gli Stati Uniti; in effetti, ho fatto tutto il necessario per promuovere le migliori relazioni possibili con loro, come con altri paesi, ma sarei stato più felice se avessero tenuto conto del fatto che noi eravamo il Paese Mandatario, e che stavamo portando la responsabilità e se solo avessero aspettato di chiederci cosa stavamo facendo, allora avremmo potuto informarli. Ma invece, una persona di nome Earl Harrison si recò nella zona sotto controllo statunitense in Germania raccogliendo quelle informazioni con cui stilò il rapporto.»
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Robert L. Hilliard, Surviving the Americans: The Continued Struggle of the Jews After Liberation, New York, Seven Stories Press, 1997, p. 214.
- ^ a b Dan Stone, The Liberation of the Camps: The End of the Holocaust and Its Aftermath, Yale University Press, 2015, ISBN 978-0-300-21603-5.
- ^ JVL, su jewishvirtuallibrary.org, 31 agosto 1945.
- ^ Penkower, pp. 56-58: "La risposta ufficiale britannica potrebbe essere immaginata. La richiesta di Truman del 24 luglio a Churchill aveva già messo a dura prova lo specialista del Vicino Oriente Beeley, indicandogli che i sionisti avevano "avuto un pessimo successo nel vendere l'idea" che, anche dopo la vittoria alleata, l'immigrazione in Palestina rappresentava per molti ebrei "la loro unica speranza di sopravvivenza." Volendo evitare un afflusso postbellico di ebrei in Palestina, il Foreign Office’s Refugee Department aveva espresso il timore nel marzo 1944 che i processi britannici contro i tedeschi con l'accusa di crimini contro l'umanità commessi contro gli ebrei avrebbero convinto i sopravvissuti a non tornare nei loro paesi d'origine dopo la guerra. L'esperto di Whitehall sui rifugiati, Ian Henderson, era convinto che i sionisti fossero dietro le raccomandazioni di Harrison. Le autorità militari britanniche in Germania respinsero le critiche di Harrison, sostenendo che gli ebrei venivano trattati esattamente come tutti gli altri sfollati... Nella mente di Bevin, il rapporto di Harrison era "non basato su indagini reali." Bevin disse a Weizmann che Truman stava semplicemente cercando di ottenere voti dalla sua posizione; gli Stati Uniti dovevano prendere la loro parte di quegli ebrei che dovevano essere rimossi dall'Europa."
- ^ Haron, pp. 28–29.
- ^ E.G. Harrison Appointed (PDF), in New York Times, 16 marzo 1945. URL consultato il July 16, 2013.
- ^ Penkower, p. 22:"Il 18 giugno, Shertok aveva ufficialmente richiesto all'Alto Commissario palestinese Lord Gort, alla luce della "campagna di sterminio" senza precedenti che aveva distrutto più di sei milioni di ebrei europei, di mettere immediatamente a disposizione 100.000 permessi di immigrazione, di cui il 25% per i bambini. Un memorandum dettagliato indicava che un accordo di queste dimensioni non solo era praticabile, ma avrebbe generalmente giovato alla struttura economica del paese." (Penkower cita: 39Shertok to Gort, 18 giugno 1945, Jewish Agency files, Archivio sionista, New York City (ora nella CZA))
- ^ a b c Königseder, Wetzel, p. 31.
- ^ Testo del Rapporto Harrison in inglese
- ^ US Holocaust Memorial Museum Interview, su ushmm.org.
- ^ a b c d e f g h i Königseder, Wetzel, p. 31ff.
- ^ Text of Eisenhower's Letter to Truman on Displaced Persons (PDF), in New York Times, 17 ottobre 1946. URL consultato il 16 luglio 2013.
- ^ Harrison Strikes Back (PDF), in New York Times, 18 ottobre 1945. URL consultato il 16 luglio 2013.
- ^ Palestine Board to Hear Harrison (PDF), in New York Times, 6 gennaio 1946. URL consultato il 16 luglio 2013.
- ^ Fraternity Honors Dean (PDF), in New York Times, 3 maggio 1946. URL consultato il 16 luglio 2013.
- ^ Harry Reicher, "The Post-Holocaust World and President Harry S. Truman: The Harrison Report and Immigration Law and Policy" (PDF), su schnader.com. URL consultato il 16 luglio 2013 (archiviato dall'url originale il 12 settembre 2012).
- ^ U.N. Urged to Plan World Agency to Deal with Displaced Persons (PDF), in New York Times, 15 giugno 1946. URL consultato il 16 luglio 2013.
- ^ PALESTINE (GOVERNMENT POLICY), HC Deb 25 February 1947 vol 433 cc1901–2007, su api.parliament.uk.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Allen H. Podet, Anti-Zionism in a Key United States Diplomat: Loy Henderson at the End of World War II (PDF), American Jewish Archives Journal, 1978, pp. 155–87.
- Monty Noam Penkower, The Earl Harrison Report: Its Genesis and Its Significance (PDF), vol. 68, n. 1, American Jewish Archives Journal, 2016, pp. 1–75.
- Angelika Königseder e Juliane Wetzel, The Harrison Report and Its Repercussions, in Waiting for Hope: Jewish Displaced Persons in Post-World War II Germany, Northwestern University Press, 2001, pp. 31–42, ISBN 978-0-8101-1477-7.
- Miriam Joyce Haron, Palestine and the Anglo-American connection, 1945–1950, P. Lang, 1986, ISBN 978-0-8204-0292-5.