Raymond de Chameyrac vescovo della Chiesa cattolica | |
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Incarichi ricoperti |
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Nominato vescovo | 5 agosto 1342 da papa Clemente VI |
Deceduto | 5 aprile 1348 a Roma |
Raymond de Chameyrac, spesso citato anche nella forma italianizzata di Raimondo (Francia, ... – Roma, 5 aprile 1348), è stato un vescovo cattolico francese, vicario generale di Roma durante la sedizione di Cola di Rienzo.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]La Cronica dell'Anonimo Romano lo definisce "grande decretalista oltramontano", da cui si può dedurre che provenisse dalla Francia e che fosse probabilmente laureato in diritto.[1] Fu penitenziere maggiore presso la corte pontificia di Avignone e poi canonico di Amiens finché nel 1342 papa Clemente VI lo scelse come nuovo vescovo di Rieti, andando contro il parere del capitolo diocesano che aveva invece eletto un altro sacerdote.[2] Raymond tuttavia mise raramente piede nella sua diocesi, poiché pochi mesi dopo fu nominato vicario generale di Roma, ossia governatore della città e dei territori pontifici in vece del papa. La stessa nomina alla sede di Rieti, così come il suo successivo passaggio a quella di Orvieto, servì probabilmente solo a garantire a Raymond una buona fonte di reddito in prossimità di Roma, dove visse in maniera stabile almeno dal dicembre 1344.[3]
Nell'Urbe fu probabilmente già tra i primi sostenitori di Cola di Rienzo, che nel suo discorso tenutosi il 18 maggio 1347 sull'Aventino lo indica alla folla come testimone delle ingenti somme di denaro che le istituzioni pontificie avrebbero portato, col benestare del papa, alla città.[4][5] Il sostegno del vicario fu fondamentale per l'ascesa al potere del capopopolo romano, che poteva così dare a vedere alla cittadinanza di agire con il pieno appoggio della Chiesa e del pontefice. Il successivo 20 maggio, domenica di Pentecoste, fu accanto a Cola di Rienzo quando questi salì al Campidoglio a capo di un contingente armato e occupò il Senato: i due furono insieme messi a capo del Comune dal popolo romano, assumendo il titolo di "tribuni del popolo".[4][6][7] Clemente VI venne a sapere di quanto accaduto a Roma solo a cose fatte e, pur con qualche riserva, decise di assecondare gli eventi e di legalizzare la situazione dei tribuni, concedendo loro il titolo ufficiale di rectores Urbis et districtus.[4]
Dopo poche settimane tuttavia, avendo ormai consolidato il proprio potere, Cola accantonò ogni apparenza e liquidò Raymond, proclamandosi come unico tribuno di Roma. Il vicario inviò allora un messaggero ad Avignone per informare il papa e la Curia, i quali espressero forti preoccupazioni sull'operato del capopopolo e inviarono in Italia il legato Bertrando di Deux.[4][6][8] Ciononostante, Raymond rimase al fianco del tribuno, figurando accanto a lui nella pomposa parata che precedette la sontuosa festa tenutasi nel palazzo lateranense in occasione dell'investitura a cavaliere di Cola.[9] La mattina dopo, al termine della messa di investitura tenutasi presso il battistero lateranense, il tribuno prese la parola davanti all'assemblea e dichiarò che, poiché papa Clemente VI e l'imperatore Ludovico IV non riuscivano a trovare accordo sulla legittimità delle pretese imperiali di quest'ultimo, l'ultima parola spettava per antica consuetudine al popolo romano e invitò quindi solennemente il pontefice e il collegio cardinalizio da una parte e l'imperatore e i principi elettori dall'altra a recarsi a Roma affinché lui potesse esaminarne le ragioni. Raymond fu colto completamente di sorpresa da questa dichiarazione e insieme a un suo notaio cercò di protestare apertamente che questa era un'iniziativa personale del tribuno e che non godeva dell'approvazione papale, ma le loro voci furono coperte dallo squillare delle trombe, fatte suonare immediatamente per ordine di Cola.[10] Tuttavia nel banchetto che seguì, il vicario, dopo aver formalmente presentato le proprie rimostranze per iscritto e aver ricevuto rassicurazioni che l'autorità del papa e della Chiesa sarebbero state preservate, accettò di sedersi con il neocavaliere alla mensa marmorea papale della sala del palazzo lateranense.[6][11]
Quando sul finire dell'anno, Cola, il cui governo si era fatto nei mesi sempre più dispotico ed erratico, si rese conto di aver ormai perso il supporto del popolo romano, provò a riallacciare i rapporti con la Chiesa, disconoscendo quanto detto in occasione della sua investitura a cavaliere e ripristinando il vescovo vicario come come suo co-tribuno. Dopo pochi giorni, tuttavia, anche Raymond tolse al capopopolo il proprio supporto e questi dovette presto fuggire dalla città.[4]
Raymond de Chameyrac morì a Roma nel 1348, presumibilmente il 5 aprile, data in cui viene commemorato nei registri liturgici della diocesi reatina.[12]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Brentano 1994, p. 181.
- ^ Brentano 1994, p. 147.
- ^ Brentano 1994, p. 174.
- ^ a b c d e Giorgio Falco, Cola di Rienzo, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
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«Puoi disse «Della moneta non dubitete, ca la Cammora de Roma hao moite riennite inestimabile. In prima, per lo focatico pacano per fumante quattro , comenzanno dallo ponte Ceperano fi’ allo ponte della Paglia. Montava ciento milia fiorini. Item de sale ciento milia fiorini. Anche li puorti de Roma e·lle rocche de Roma ciento milia fiorini. Anche per lo passo delle vestie e per connannazioni ciento milia fiorini». Puoi disse: «Allo presente comenzaremo con quattro milia fiorini, li quali hao mannati missore lo papa, e ciò sao lo vicario sio»»
- ^ a b c Jean-Claude Maire Vigueur, Cola di Rienzo, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 26, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1982.
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«Ora prenne audacia Cola de Rienzi, benché non senza paura, e vaone una collo vicario dello papa, e sallìo lo palazzo de Campituoglio anno Domini MCCCXLVI[I]. Aveva in sio sussidio forza da ciento uomini armati. [...] tutti levaro voce in aito e con granne letizia voizero che remanessi là signore una collo vicario dello papa. Anco li diero licenzia de punire, occidere, de perdonare, de promovere a stato, de fare leie e patti colli puopoli, de ponere tiermini alle terre. Anco li diero mero e libero imperio quanto se poteva stennere lo puopolo de Roma. [...] E puoi parlao allo puopolo, e in quello parlamento se fece confermare e fece fermare tutti suoi fatti, e domannao de grazia dallo puopolo che esso e·llo vicario dello papa fussino chiamati tribuni dello puopolo e liberatori.»
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«In tiempo de tanta prosperitate, volenno essere solo signore, [Cola de Rienzi] licenziao lo vicario dello papa, sio collega, lo quale fu uno oitramontano, granne decretalista e vescovo de Vitervo, benché de Avignone, dalli granni prelati, avessi le moite lettere e·lle moite ambasciate. Allora mannao uno ammasciatore allo papa significanno questo stato. Questo ammasciatore, puoi che fu tornato, disse che lo papa con tutti li cardinali forte dubitaro.»
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«Po’ questi venne gran numero de iocatori da cavallo, fra li quali Peroscini e Cornetani fuoro li più avanzarani. Doi voite iettaro loro vestimenta de seta. Puoi veniva lo tribuno e·llo vicario dello papa allato. Denanzi allo tribuno veniva uno lo quale portava in mano una spada nuda. Sopra lo capo un aitro li portava uno pennone. In mano portava una verga de acciaro.»
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«Mentre che tale solennitate se celebrava, lo tribuno se fece ’nanti allo puopolo, mise gran voce e disse: «Noi citemo missore papa Chimento che a Roma venga alla soa sede». Puoi citao lo colleio delli cardinali. Anco citao lo Bavaro. Puoi citao li elettori dello imperio in la Alamagna e disse: «Voglio che questi vengano a Roma. Voglio vedere che rascione haco nella elezzione»; ca trovava scritto che, passato alcuno tiempo, la elezzione recadeva a Romani. Fatta tale citazione, prestamente fuoro apparecchiate lettere e currieri e fuoro messi in via. Puo’ questo trasse fòra della vaina la soa spada e ferìo lo aitare intorno in tre parte dello munno e disse: «Questo è mio, questo è mio, questo è mio». Era là presente a queste cose lo vicario dello papa. Stava como leno idiota. Non sentiva, ma stupefatto de questa novitate contradisse. Abbe un sio notaro e per sentenzia piubica se protestao e disse ca queste cose non se facevano de soa voluntate, anco senza soa coscienzia e licenzia de papa; e de ciò pregao lo notaro che ne traiessi piubico instrumento. Mentre che lo notaro gridanno ad aita voce queste protestazioni allo puopolo faceva, commannao missore Nicola che tromme, trommette, naccari e ceramelle sonassino, che per lo maiure suono la voce dello notaro non se intennessi.»
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«Ora ne vaco allo solennissimo pranzo de varietate de moiti civi e nuobili vini signori e donne assai. Sedéo missore Nicola e·llo vicario dello papa soli alla tavola marmorea — menza papale ène — nella sala de Santo Ianni, la vecchia. Tutta quella sala fu piena de menze. La moglie colle donne manicao nella sala dello palazzo nuovo dello papa.»
- ^ Brenatno 1994, p. 175.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- XVIII - Delli granni fatti li quali fece Cola de Rienzi, lo quale fu tribuno de Roma augusto, in Cronica dell'Anonimo Romano, Roma, 1357 circa.
- (EN) Robert Brentano, A New World in a Small Place: Church and Religion in the Diocese of Rieti, 1188–1378, Berkeley, Los Angeles, Oxford, University of California Press, 22 febbraio 1994, ISBN 978-0520080768.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) David M. Cheney, Raymond de Chameyrac, in Catholic Hierarchy.