Publilio Volerone | |
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Magistrato romano | |
Nascita | Roma |
Tribunato della plebe | 472 a.C., 471 a.C. |
Publilio Volerone (Roma, ... – ...; fl. V secolo a.C.) è stato un politico romano.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Nel 473 a.C., consoli Lucio Pinario Mamercino Rufo e Vopisco Giulio Iullo, fu indetta una leva militare, nella quale Publilio Volerone fu arruolato come soldato semplice, quando lo stesso, aveva già servito nell'esercito come centurione. Alle sue rimostranze, prima intervennero i littori, che però finirono malmenati dallo stesso Publilio, e quindi scoppiarono disordini tra la plebe, tali per cui i consoli dovettero rifugiarsi all'interno della Curia[1], rinunciando poi alla leva e ad ogni altra azione repressiva[2].
«Volerone si appella ai tribuni. Ma dato che nessuno di essi si presentò a sostenere la sua causa, i consoli ordinarono di spogliarlo e di farlo frustare. Allora Volerone disse: «Mi appello al popolo, perché i tribuni preferiscono assistere alla fustigazione di un cittadino romano piuttosto che lasciarsi trucidare da voi nel loro stesso letto». E più si agitava e dava in escandescenze, più il littore si accaniva a spogliarlo e a strappargli le vesti. Allora Volerone, già di per sé possente e in più coadiuvato da quanti aveva fatto intervenire in suo soccorso, si scrollò di dosso il littore e, andandosi a rifugiare nel mezzo della mischia tra quelli che urlavano con più accanimento, disse: «Mi appello al popolo e invoco la sua protezione! Aiuto, concittadini! Aiuto, commilitoni! Non contate sui tribuni: sono loro che han bisogno del vostro aiuto!» La gente, quanto mai eccitata, si prepara come per andare in battaglia: era chiaro ce la situazione poteva avere qualsiasi tipo di sviluppo e che nessun diritto pubblico o privato sarebbe stato rispettato. I consoli, dopo aver tenuto testa a quella bufera, si resero conto di quanto sia insicura l'autorità senza l'impiego della forza. I littori furono malmenati e i loro fasci fatti a pezzi; quanto poi ai consoli stessi, vennero spinti dal foro nella curia, senza sapere fino a che punto Volerone avrebbe voluto sfruttare quella vittoria.»
Per la notorietà guadagnata con questi fatti, l'anno successivo, nel 472 a.C. consoli Publio Furio Medullino Fuso e Lucio Pinario Mamercino Rufo, fu eletto tribuno della plebe. Come tale propose una legge per la quale i tribuni della plebe fossero eletti dai comizi tributi, da cui erano esclusi i patrizi, privandoli così del potere di influenzare i risultati delle elezioni plebee[3]. La proposta di legge, la Lex Publilia Voleronis, non fu votata quell'anno, per i forti dissidi tra patrizi e plebei, e per il sopraggiungere di una pestilenza a Roma[4].
Fu però eletto tribuno anche per l'anno successivo, il 471 a.C. consoli Appio Claudio Sabino Inregillense e Tito Quinzio Capitolino Barbato, per portare in votazione la proposta di legge[5], come poi fece, attribuendo ai comizi tributi anche l'elezione degli edili[6].
La proposta di legge, fortemente osteggiata da Appio Claudio e da parte dei senatori, alla fine arrivò in votazione al Senato, che la promulgò come legge di Roma[7].
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Tito Livio, Ab Urbe Condita Libri, II, 55.
- ^ Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, Libro IX, 39.
- ^ Tito Livio, Ab Urbe Condita Libri, Libro II, 56.
- ^ Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, Libro IX, 41-42
- ^ Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, Libro IX, 42
- ^ Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, Libro IX, 43
- ^ Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, Libro IX, 49