Pace di Rinonico | |
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Contesto | Guerra dei fuorusciti pisani contro la madrepatria[1] |
Firma | 13 giugno[1] 1276 |
Luogo | Fosso Rinonico, Pisa, Repubblica di Pisa[1] |
Condizioni | Restituzione totale dei beni sequestrati alle consorterie guelfe[1] ed annullamento della condanna all'esilio inflitta ai fuorusciti[1] |
Parti | Repubblica di Pisa[1]
Visconti[1] |
Mediatori | Valesco dei Minori[1] |
Negoziatori | Ugolino Gatto (maggio - 9 giugno 1276)[1] Ugo Bercio da Vico (maggio - 9 giugno 1276)[1] Bartolomeo di San Michele degli Scalzi (maggio - 9 giugno 1276)[1] Marzucco Scornigiani (9 giugno - 13 giugno 1276)[1] Nicola Benigni (9 giugno - 13 giugno 1276)[1] Guido de Vada (9 giugno- 13 giugno 1276)[1] |
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La Pace di Rinonico, firmata a Pisa il 13 giugno del 1276[1], pose fine al conflitto, avviato quasi tre anni prima, tra i fuorusciti pisani e la madrepatria[2].
Antefatti
[modifica | modifica wikitesto]Nel 1273, a seguito di una probabilmente infondata accusa di omicidio[3], il più potente membro della fazione guelfa pisana, il giudice Giovanni Visconti, si era ritirato nei propri domini sardi con il desiderio di allontanarsi momentaneamente dalla turbolenta politica toscana[4]. Il gesto, interpretato come ribelle, condusse, nel luglio 1274, ad una sua definitiva condanna all'esilio ed alla revoca di tutti i possedimenti[5]. L'allontanamento del Visconti causò l'intervento della vasta coalizione guelfa, la quale ribaltò le sorti del conflitto, conducendo alla vittoria i fuorusciti, capeggiati, dopo la prematura morte del giudice di Gallura, dal suocero, il conte Ugolino della Gherardesca[1].
Pace
[modifica | modifica wikitesto]Le trattative, inaugurate nel maggio 1276, furono condotte da Ugolino Gatto, dal giurista Ugo Bercio da Vico e dal monaco Bartolomeo di San Michele degli Scalzi in un primo momento[1], venendo sostituiti successivamente, il 9 giugno, dagli ambasciatori Marzucco Scornigiani, Nicola Benigni e Guido de Vada[1]. Come mediatore venne invece eletto da entrambe le parti Valesco dei Minori, nunzio pontificio e vescovo della città portoghese di Guarda[1]. La firma avvenne nella tenda dei capitani guelfi, i quali costrinsero la repubblica ad una pace onerosissima: il totale reintegro dei fuorusciti nel tessuto cittadino e la restituzione delle vastissime proprietà sarde ai Visconti, ai Capraia ed ai della Gherardesca[1].
Note
[modifica | modifica wikitesto]Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Michele Tamponi, Nino Visconti di Gallura, il dantesco «Giudice Nin gentil» tra Pisa e Sardegna, guelfi e ghibellini, faide cittadine e lotte isolane, Roma, Viella, 2010, ISBN 978-88-8334-454-1.