La frase Nomen omen (o al plurale nomina sunt omina) è una locuzione latina che, tradotta letteralmente, significa «il nome è un presagio», «un nome un destino», «il destino nel nome», «di nome e di fatto», e deriva dalla credenza dei Romani che nel nome della persona fosse indicato il suo destino.[1]
Origine e utilizzo
[modifica | modifica wikitesto]La frase deriva originariamente dal poeta comico romano Plauto, che usò la frase nomen atque omen (ossia «nome e allo stesso tempo anche premonizione») in un passo della sua commedia Persa (Il persiano).[1]
La locuzione è oggi impiegata, spesso in modo scherzoso, per fare riferimento a caratteristiche personali o professionali che sono richiamate dal nome stesso dell'individuo, ad es. una persona allegra che si chiami Felice, una pescivendola di nome Alice, etc.
Esiste anche una pratica divinatoria basata sull'interpretazione del nome, chiamata onomanzia.
Altre forme
[modifica | modifica wikitesto]La locuzione è anche nota nella forma nomina sunt consequentia rerum (Giustiniano, Institutiones, libro II, 7, 3), ma in questo caso ci si riferisce ai nomi delle cose del mondo.
Nella forma conveniunt rebus nomina saepe suis («spesso i nomi sono appropriati alle cose/persone cui appartengono»)[2] si ritrova nella commedia elegiaca De Paulino et Polla di Riccardo da Venosa (vv. 411-412).
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b Silvia Argento, I tre nomi parlanti delle commedie di Plauto, su ilsuperuovo.it, 2021.
- ^ Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, Hoepli editore, 1980 ISBN 88-203-0092-3, citazione n. 1703, p. 509 (N.B.: il riferimento di Fumagalli a Poésies populaires du Moyen Age di Edelestand du Méril (citato come Duméril) contiene una leggera inesattezza nel titolo e va inteso all'opera Poésies inédites du moyen âge dello stesso autore)