Massacro di piazza Rabi'a al-'Adawiyya | |
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Una ruspa dell'esercito rimuove le barricate | |
Data | 14 agosto 2013 |
Luogo | Piazza Rabi'a al-'Adawiyya, Il Cairo |
Stato | Egitto |
Coordinate | 30°02′39.84″N 31°14′08.88″E |
Obiettivo | Sostenitori di Mohamed Morsi e del Partito Libertà e Giustizia |
Responsabili | Forze di sicurezza egiziane |
Conseguenze | |
Morti | 817 (secondo Human Rights Watch) 638 (secondo il ministero della Salute egiziano) 2.600 (secondo i Fratelli Musulmani) |
Feriti | almeno 3994 |
Il massacro di piazza Rabi'a (al-'Adawiyya) (in arabo مجزرة رابعة?, Maǧazarat Rābiʿa), o sommariamente Massacro di Rabaa, è stata una strage perpetrata dal governo militare egiziano — giunto al potere il 3 luglio 2013 dopo un colpo di Stato guidato dal generale ʿAbdel Fattāḥ al-Sīsī — contro i manifestanti assiepati nella piazza intitolata a Rābiʿa al-ʿAdawiyya al Cairo nell'agosto 2013. Il numero dei caduti varia da 700 a 2.000 a seconda delle fonti, e il numero dei feriti fu di circa 4.000.[1]
A partire dal 3 luglio 2013, migliaia di sostenitori della Fratellanza Musulmana hanno occupato le piazze Rābiʿa al-ʿAdawiyya al Cairo e al-Nadha a Giza per protestare contro l'estromissione del presidente della Repubblica Moḥamed Morsī dopo il colpo di Stato di al-Sīsī.
Nelle sei settimane in cui hanno avuto il controllo della piazza sono stati allestiti numerosi accampamenti e sit-in, trasformando la piazza nell'epicentro della campagna pro Morsī e contro il colpo di stato militare; secondo Human Rights Watch, la stragrande maggioranza dei partecipanti era disarmata e pacifica. Dalle prove raccolte inoltre emergerebbe come l'esercito e la polizia avrebbero sparato per uccidere.[2] Dopo l'ennesimo rifiuto di resa da parte degli occupanti, il governo ha deciso di evacuare la piazza: il mattino del 14 agosto le forze di polizia egiziane in tenuta antisommossa hanno bloccato tutti gli ingressi di Rābiʿa al-ʿAdawiyya e scatenato un durissimo assedio alla piazza iniziando lo sgombero forzato dei sit-in, durato circa 24 ore, nel corso del quale la polizia ha utilizzato gas lacrimogeni, proiettili di gomma e munizioni per disperdere i manifestanti, sostenuta da ruspe per cancellare barricate e coperti da veicoli blindati e cecchini sui tetti.[3] L'atto finale è stata la distruzione della moschea colma di centinaia di manifestanti, che è stata data alle fiamme.[4]
Tale avvenimento è stato ampiamente trattato e condannato dai maggiori mezzi d'informazione internazionali, mentre sembra che i mass media egiziani sostengano una versione del massacro di Rābiʿa al-ʿAdawiyya coerente con la linea ufficiale del governo.[2] I segni di incendi e devastazioni sono stati cancellati a tempo di record e la televisione pubblica non ha fatto menzione della strage, dato il controllo delle autorità egiziane sui maggiori mezzi d'informazione.[5]
La repressione è stata descritta da Human Rights Watch come
«il peggiore omicidio di massa della storia moderna dell'Egitto[6]»
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Egitto nel caos, centinaia di morti Stato di emergenza per un mese, in Adnkronos, 21 gennaio 2014 (archiviato dall'url originale il 21 gennaio 2014).
- ^ a b (EN) The Rabaa massacre and Egyptian propaganda, in Middle East Eye, 14 agosto 2015. URL consultato il 28 dicembre 2021.
- ^ (EN) David Kirkpatrick, Hundreds Die as Egyptian Forces Attack Islamist Protesters, in The New York Times, 14 agosto 2021. URL consultato il 28 dicembre 2021 (archiviato dall'url originale il 15 agosto 2013).
- ^ Cosa resta della moschea di Rabaa Al-Adawiya, in Il Post, 15 agosto 2013. URL consultato il 28 dicembre 2021.
- ^ Cairo, storia di Habiba, martire della strage di Rabaa, in Linkiesta, 6 settembre 2013. URL consultato il 28 dicembre 2021.
- ^ Egitto: il 14 agosto sarà Rabaa Day in ricordo massacro sostenitori Morsi, in Adnkronos, 9 luglio 2014. URL consultato il 28 dicembre 2021.
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