Lex Cornelia de iniuriis | |
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Senato di Roma | |
Tipo | Legge |
Nome latino | Lex Cornelia de iniuriis |
Autore | Lucio Cornelio Silla |
Anno | 81 a.C. |
Leggi romane |
La lex Cornelia de iniuriis fu una legge del dittatore Silla, rogata e poi approvata insieme con le altre leggi criminali: istituì la quaestio in materia di crimen iniuriae, uno dei delitti in origine privato, e successivamente, nel periodo del Principato, attratti nella sfera pubblicistica.[1]
Descrizione
[modifica | modifica wikitesto]La Lex Cornelia de iniuriis istituì una quaestio (quaestiònes perpètuae) per alcune particolari ipotesi di iniuriae qualificate, quali percosse, frustate, violazione di domicilio, attentati alla libertà personale; come conseguenza il colpevole era tenuto al risarcimento pecuniario, a titolo di pena, nei confronti della persona lesa; un successivo senatus consùltum ampliò la previsione, ricomprendendovi la redazione e la diffusione di scritti diffamatori e prevedendo la pena accessoria dell’intestabìlitas[2], ovvero incapacità di testimoniare e di fare testamento.
In seguito si previde che, a prescindere dal dettato della Lex Cornelia, alcuni tipi di iniuriae, quali offese al pudore di donne e fanciulli, offese arrecate a persone di alto lignaggio, vilipendio, lesioni personali, violazione di domicilio, getto di letame o rifiuti, fossero puniti con pene corporali, consistenti, a seconda della gravità dei casi, nella fustigazione, nella deportàtio in ìnsulam (pena che consisteva nel soggiorno coatto temporaneo o perpetuo in una località isolata e comportava, oltre alla perdita dello status civitàtis, la confisca dei beni, totale o parziale), nella damnàtio in òpus publicum (una delle pene previste per numerosi delitti di minore gravità che prevedeva la condanna a lavori forzati da espiare presso opere di pubblico interesse) e persino nella pena di morte.
La legge non istituì una quaestio con un pretore speciale: è in dubbio se la presidenza spettasse al praetor urbànus che esercitava la giurisdizione nelle controversie tra cittadini romani o al quaesitor inter sicarios. Non potevano sedere giudici e i parenti dell'attore (“gener, socer, vitricus privignus, propiusve eorum quem ... quive eorum eius parentisve cuius eorum patronus erit”).
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Zumpt, filologo ed epigrafista tedesco, noto in particolare per i suoi studi di epigrafia latina, nella sua opera “Das kriminalrecht der röm. Republik” (1865-1869) nega l'esistenza autonoma di una tale legge che ricollega, invece, alla Lex Cornelia Sullae de sicariis et veneficis; le fonti, tuttavia, sembrano decisive in contrario.
- ^ Giancarlo Muciaccia si è posto il problema se l’intestabìlitas per gli autori di opere infamanti sia stata disposta o meno dalla suddetta legge, e quindi, se la Lex Cornelia (Sullae) de iniuriis si sia occupata anche di opere ad infamiam; egli, analizzando un frammento di Ulpiano, politico e giurista del 200, afferma che per Ulpiano si trattava solo della incapacità di redigere testamento e di essere teste del testamento altrui. Secondo altri studiosi, invece, si trattava della incapacità di rendere testimonianza mentre, Pugliese, insegnante di storia greca e romana all'università di Pisa, deceduto qualche anno fa, negava del tutto che tale legge avesse avuto attinenza con i carmina ad infamiam. Muciaccia, dopo avere analizzato le posizioni altrui, ritiene che l’intestabìlitas era una pena duramente afflittiva per l'onorabilità di un civis, al punto che giudica estremamente improbabile che tale pena potesse applicarsi all'autore di semplici pestaggi o violazioni della casa altrui; a suo avviso, però, dalla legge è stabilito che se qualcuno abbia scritto, composto o edito un libro diretto alla diffamazione altrui o se lo abbia edito sotto altro nome o senza nome, per tale fatto si possa agire contro di lui e, se condannato, divenga intestabilis; l’intestabìlitas per Muciaccia, dunque, consiste nella perdita della facoltà di rendere testimonianza e di quella di fare testamento, pena per lui adeguata a coloro che, a seguito di una condanna, venivano a perdere gran parte della propria onorabilità per avere posto in pericolo quella altrui.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- DEL GIUDICE F., BELTRANI S., Nuovo dizionario giuridico romano, Napoli, Esselibri-Simone, 1995.
- INDEX, «Libri ad infamiam» e «Lex Cornelia de iniuriis», a cura di MUCIACCIA G., XXVI, Napoli, Jovene editore, 1998, pp. 149-162.
- PANI M., TODISCO E., Storia romana dalle origini alla tarda antichità, Roma, Carocci, 2008, pp. 172-172.
- ROTONDI G., Leges publicae populi Romani: elenco cronologico con un'introduzione sull'attività legislativa dei comizi romani, Hildesheim, Olms, 1962, pp. 352-359.