Lapidazione di santo Stefano | |
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Autore | Pieter van Aelst (bottega) su disegno di Raffaello e aiuti |
Data | 1515-1519 |
Tecnica | arazzo |
Ubicazione | Pinacoteca Vaticana, Roma |
La Lapidazione di santo Stefano è un arazzo della bottega di Pieter van Aelst su disegno di Raffaello Sanzio, databile al 1515-1519 e conservato nella Pinacoteca Vaticana a Roma. Fa parte dei cartoni per gli arazzi della Cappella Sistina.
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Leone X incaricò Raffaello di realizzare dei cartoni preparatori per una serie di arazzi da collocare nella Cappella Sistina, tra la fine del 1514 e l'inizio del 1515. I cartoni vennero inviati a Bruxelles e trasformati in arazzi nella bottega di Pieter van Aelst. Giunsero a Roma entro il 1519, venendo esposti (sette su dieci) durante la solennità di santo Stefano (26 dicembre) di quell'anno. Gli altri tre dovettero pervenire immediatamente dopo. I cartoni erano destinati a decorare il registro più basso delle pareti (quello coi finti tendaggi), nella zona separata dalla transenna marmorea destinata al papa e ai religiosi; erano utilizzati nelle solenni festività e si leggevano, come le storie soprastanti, dalla parete dell'altare verso il lato opposto[1].
Della Lapidazione di santo Stefano non si hanno notizie del cartone, che non fa quindi parte del gruppo al Victoria and Albert Museum.
Descrizione e stile
[modifica | modifica wikitesto]La scena si ispira a un passo degli Atti degli Apostoli (VII, 55-59), ed è riferita, a giudicare dal risultato, dal Sanzio coadiuvato da Giulio Romano[2].
Santo Stefano distende le braccia al centro della scena, inginocchiato, mentre riceve il martirio da alcuni aguzzini, sulla sinistra. Egli si rivolge a un gruppo angelico che appare in alto, mentre assiste Saulo, nell'angolo, prima della sua conversione.
Raffaello, consapevole del confronto con Michelangelo in Cappella, impostò i disegni con un crescendo drammatico, dove le figure prevalgono sul paesaggio o sull'architettura di sfondo, contrapponendosi in gruppi o in personaggi isolati, per facilitare la lettura delle azioni. Gli schemi sono dunque semplificati e i gesti e la mimica dei personaggi enfatizzati, per renderli più eloquenti e "universali"[1]. A differenza di Michelangelo però la monumentalità non deriva dal tormento plastico delle figure, ma da equilibri accuratamente studiati, che bilanciano la composizione e i sussulti spirituali dei protagonisti, nonostante le volute asimmetrie[3].
Nonostante la sorveglianza di Bernard van Orley, affinché i modelli venissero rispettati fedelmente, gli arazzieri alterarono inevitabilmente le composizioni, indurendo i lineamenti delle figure e i paesaggi, nonché aggiungendo l'oro e vari arricchimenti ornamentali[3].
Note
[modifica | modifica wikitesto]Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Pierluigi De Vecchi, Raffaello, Rizzoli, Milano 1975.
- Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 2, Bompiani, Milano 1999. ISBN 88-451-7212-0
- Paolo Franzese, Raffaello, Mondadori Arte, Milano 2008. ISBN 978-88-370-6437-2
- Pierluigi De Vecchi, La Cappella Sistina, Rizzoli, Milano 1999. ISBN 88-17-25003-1