L'Egitto che illumina l'Asia[1] o L'Egitto che porta luce all'Asia[2] (in francese: L'Égypte apportant la lumière à l'Asie) era un progetto per una scultura colossale in stile neoclassico mai costruita, realizzato dallo scultore francese Frédéric-Auguste Bartholdi.[3]
Storia
[modifica | modifica wikitesto]La scultura venne progettata verso la fine degli anni sessanta dell'Ottocento dallo scultore Frédéric-Auguste Bartholdi ed avrebbe dovuto raffigurare una fellà, o contadina egiziana, avvolta da un velo e con una torcia in mano.[4][5] Questo faro doveva essere posto all'ingresso del canale di Suez presso la città egiziana di Porto Said. La statua sarebbe dovuta essere alta 26 metri e il suo piedistallo doveva essere alto 15 metri. La scultura, tuttavia, venne rifiutata dal chedivè d'Egitto Isma'il Pascià per mancanza di fondi.[6][7] Nel 1869, al posto della statua colossale, venne costruito il faro di Porto Said, progettato da François Coignet.[8]
L'idea per una statua presso la foce del canale di Suez venne a Bartholdi dopo la sua visita ad Abu Simbel, dove è situato il tempio con le statue colossali di Ramesse II. Inoltre Bartholdi fece delle ricerche sul Colosso di Rodi, la statua alta 33 metri raffigurante il dio Elio e situata presso il porto di Rodi (ed una delle sette meraviglie del mondo antico).
Dopo il fallimento del progetto, Bartholdi riprese questa statua mai realizzata per creare una nuova statua colossale che fungesse da faro per il porto della città statunitense di New York. La nuova scultura nuovaiorchese venne realizzata partendo dalla posa de L'Egitto che illumina l'Asia (successivamente influenzata dal dipinto La Verità di Jules Lefebvre)[6] e dall'aspetto del Colosso di Rodi: nacque così la Libertà che illumina il mondo, ossia la statua della Libertà.[5][9]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ L'Europeo, Editoriale Domus, 1986-05. URL consultato il 3 settembre 2021.
- ^ Alessandro Vanoli, Strade perdute: Viaggio sentimentale sulle vie che hanno fatto la storia, Feltrinelli Editore, 13 giugno 2019, ISBN 978-88-588-3604-0. URL consultato il 3 settembre 2021.
- ^ La Statua della Libertà potrebbe essere musulmana, su ilGiornale.it, 5 dicembre 2015. URL consultato il 3 settembre 2021.
- ^ (EN) Yasmin Sabina Khan, Enlightening the World: The Creation of the Statue of Liberty, Cornell University Press, 2010, ISBN 978-0-8014-4851-5. URL consultato il 3 settembre 2021.
- ^ a b (EN) Erin Blakemore, The Statue of Liberty Was Originally a Muslim Woman, su Smithsonian Magazine. URL consultato il 3 settembre 2021.
- ^ a b (FR) Jules Lefebvre - Galerie HUBERT DUCHEMIN (PDF), su hubertduchemin.com.
- ^ (EN) Parting the desert : the creation of the Suez Canal, New York : A.A. Knopf, 2003, ISBN 978-0-375-40883-0. URL consultato il 3 settembre 2021.
- ^ (FR) Claudine Piaton, Les phares d’Égypte : laboratoire et conservatoire de l’ingénierie européenne du xixe siècle, in ABE Journal. Architecture beyond Europe, n. 5, 1º dicembre 2014, DOI:10.4000/abe.704. URL consultato il 3 settembre 2021.
- ^ Miss Liberty, la statua riciclata, su Il Sole 24 ORE. URL consultato il 3 settembre 2021.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) Elizabeth Mann, Statue of Liberty, Mikaya Press, 2011, OCLC 782135282.
- (EN) Joan Marans Dim, Lady Liberty - An Illustrated History of America's Most Storied Woman, illustrazioni di Antonio Masi, Fordham University Press, 2019, ISBN 978-0823285334.
- Alessandro Vanoli, Strade perdute - Viaggio sentimentale sulle vie che hanno fatto la storia, Feltrinelli, 2019, OCLC 1251415993.