Interplanetary Monitoring Platform F | |||||
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Immagine del veicolo | |||||
Dati della missione | |||||
Operatore | NASA | ||||
NSSDC ID | 1967-051A | ||||
SCN | 02817 | ||||
Vettore | Delta E 486/D49 | ||||
Lancio | 24 maggio 1967, 14:05:54 UTC | ||||
Luogo lancio | Complesso di lancio 2, base aerea Vandenberg | ||||
Fine operatività | 3 maggio 1969 | ||||
Rientro | 3 maggio 1969 | ||||
Proprietà del veicolo spaziale | |||||
Massa | 74 kg | ||||
Strumentazione | Magnetometro fluxgate, radiofaro, sonde di Langmuir | ||||
Parametri orbitali | |||||
Orbita | Geocentrica, altamente ellittica | ||||
Apogeo | 214382 km[1] | ||||
Perigeo | 242,1 km | ||||
Periodo | 6 231 minuti[1] | ||||
Inclinazione | 67,12° | ||||
Eccentricità | 0,92489 | ||||
Programma Explorer | |||||
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L'Interplanetary Monitoring Platform F, a volte citato anche come Explorer 34 o con l'acronimo IMP F o IMP 4, è stato un satellite artificiale NASA lanciato nel maggio 1967. È stato il quinto satellite del programma Interplanetary Monitoring Platform (a dispetto del nome fu infatti lanciato tre mesi prima dell'Interplanetary Monitoring Platform E), iniziato nel 1963 ed avente lo scopo di ricavare informazioni sul plasma e il campo magnetico interplanetari, ma è comunque spesso indicato come "IMP 4" essendo il precedente lancio parte del sottoprogramma "Anchored IMP" (l'IMP D è infatti noto anche come AIMP 1).[2]
Come detto, tre mesi dopo l'IMP F fu anche l'Interplanetary Monitoring Platform E, anch'esso facente parte del sottoprogramma "Anchored IMP" e noto come AIMP 2, tuttavia il primo dei satelliti successivi all'IMP F a fare uso del suo stesso design fu l'Interplanetary Monitoring Platform G, noto anche come "Explorer 41" e "IMP 5", lanciato nel 1969.
Struttura e funzionamento
[modifica | modifica wikitesto]Lo scopo principale dell'IMP F era quello di portare avanti gli studi effettuati dai suoi predecessori effettuando misurazioni più dettagliate e precise in orbita terrestre. A differenza dei primi satelliti del programma IMP, però, l'IMP F, così come anche l'IMP G, fu lanciato quando ci si attendeva che l'attività solare avrebbe raggiunto il suo picco. Dati anche i miglioramenti introdotti grazie alle esperienze dei satelliti precedenti, il tempo di vita utile degli IMP F e G fu esteso da uno a due anni.
Come già i satelliti precedenti, anche l'IMP F aveva una struttura principale ottagonale in alluminio, a cui erano agganciati quattro bracci, posti a 90° l'uno dall'altro, con all'estremità i pannelli solari utili a ricaricare la batteria, nonché il tubo di spinta del motore. Dalla struttura, larga 71 cm e alta 28,6 cm, partivano anche i due bracci in fibra di vetro lunghi 1,83 m e orientati in direzione opposta che avevano alle loro estremità i magnetometri. Il Platform F recava con sé 11 esperimenti (4 in più dei satelliti precedenti) dedicati all'analisi delle particelle costituenti i raggi cosmici, il vento solare e presenti nella magnetosfera, per cui utilizzava, tra le altre cose, delle sonde di Langmuir, nonché all'analisi del campo magnetico interplanetario, per cui utilizzava dei magnetometri fluxgate.[1][3]
Una volta messo in orbita il satellite era stabilizzato utilizzando la tecnica di stabilizzazione di spin,[4] una tecnica di stabilizzazione passiva nella quale l'intero veicolo ruota su se stesso in modo che il suo vettore di momento angolare rimanga pressoché fissato nello spazio inerziale.[5] Il movimento di rotazione è stabile se il satellite gira attorno all'asse che ha momento d'inerzia massimo.[5] Nel caso dell'IMP F, la velocità di rotazione era inizialmente di 23,1 giri al minuto (rpm) ma, a causa della pressione della radiazione solare si rilevarono diverse variazioni in essa. L'asse di spin, invece, era stato posto perpendicolare al piano dell'eclittica.[1][6][7]
Lancio e operatività
[modifica | modifica wikitesto]L'Interplanetary Monitoring Platform F venne lanciato il 24 maggio 1967 per mezzo di un razzo Delta E dal complesso di lancio 12 della base aerea Vanderberg, in California.
Dopo essersi stabilito in orbita, nonostante alcuni piccoli malfunzionamenti verificatisi subito dopo la partenza,[1] il satellite ha iniziato ad inviare dati a terra con regolarità. A partire dal 4 marzo 1969 il sistema ottico del satellite smise di funzionare, ma l'IMP F continuò comunque a inviare dati utili fino a poco prima del proprio rientro atmosferico, effettuato il 3 maggio 1969.[6]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b c d e The IMP Spacecraft, Its Orbits and Performance (PDF), in Interplanetary Monitoring Platform - Engineering History and Achievements, NASA, maggio 1980. URL consultato l'8 agosto 2021.
- ^ Explorer 34/IMP-4, su Spacecraft Encyclopedia, Claude Lafleur. URL consultato l'8 agosto 2021.
- ^ IMP F - Experiment Search Results, su nssdc.gsfc.nasa.gov, NASA. URL consultato l'8 agosto 2021.
- ^ IMP F, G (Explorer 34, 41), su space.skyrocket.de, Gunter's Space Pages. URL consultato il 10 agosto 2021.
- ^ a b Manuela Ciani, Studio del sistema di assetto del satellite AtmoCube tramite attuatori magnetici (PDF), su www2.units.it, Università degli studi di Trieste, 2003, p. 14. URL consultato il 6 agosto 2021 (archiviato dall'url originale il 1º dicembre 2017).
- ^ a b IMP F, su nssdc.gsfc.nasa.gov, NASA. URL consultato l'8 agosto 2021.
- ^ C. W. Murray, Detection of range rate bias in the two-way Doppler measurements of Explorer 34 (PDF), su ntrs.nasa.gov, NASA, aprile 1970. URL consultato l'8 agosto 2021.
Altri progetti
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