I Sette Palazzi Celesti è un'installazione permanente Site-specific dell'artista Anselm Kiefer esposta presso Pirelli HangarBicocca a Milano[1] . L'opera è stata realizzata nel 2004 ed è composta da 7 torri, di altezza compresa tra i 14 m e i 18 m, del peso di 90 tonnellate ciascuno, realizzate in cemento armato ed elementi in piombo.
L'opera rimanda a elementi simbolici della cultura e tradizione mistica ebraica. A seguito di alcuni viaggi, soprattutto in India, Egitto, Centro America e Israele, Anselm Kiefer è rimasto affascinato dai segni delle antiche civiltà scomparse, che hanno realizzato opere architettoniche monumentali, oggi rovine, per celebrare il divino. Per l'artista queste costruzioni sono oggi il simbolo della sconfitta dell'uomo nella sua ambizione a elevarsi a creatore. La scelta di realizzare delle torri deriva dal trattato ebraico Sefer Hechalot (Libro dei palazzi), del V secolo, in cui si racconta il cammino simbolico di iniziazione spirituale di chi si vuole avvicinare a Dio.
Le torri
[modifica | modifica wikitesto]Sefiroth è la torre più bassa (14 m) e la prima ad essere costruita. Culmina con una pila di sette libri di piombo e presenta neon recanti i dieci nomi ebraici delle Sephiroth, che nella mistica ebraica della Cabala rappresentano gli strumenti di Dio che contengono la materia stessa del creato: Keter (Corona Suprema), Chochmah (Saggezza), Binah (Intelligenza), Chesed (Amore), Gevurah (Potere), Tiferet (Bellezza), Netzach (Pazienza/Tolleranza), Hod (Maestà), Yesod (Fondazione del mondo) e Malkuth (Regno). L'undicesima rappresenta proprio Dio. Immaginando di unire le undici sephirot con una linea immaginaria, si ottiene il disegno dell'albero della vita o della Merkaba, la stella che nella Cabala rappresenta Dio.
Melancholia prende il nome da un'omonima incisione del 1514 di Albrecht Dürer (Melancholia I), rappresentazione allegorica della figura dell'artista. Secondo la filosofia del Cinquecento gli artisti erano nati sotto l'influenza astrale di Saturno, considerato il pianeta della malinconia e per questo avrebbero un animo contemplativo. Ai piedi di questa torre è rappresentato il mondo contemporaneo sotto forma di piccole lastre di vetro e carta, contrassegnate dalle serie numeriche con cui la NASA contrassegna i corpi celesti.
Ararat prende il nome dal monte dell'Asia Minore dove la tradizione biblica ritiene si sia arenata l'Arca di Noè, rappresentata da un modellino stilizzato in piombo in cima alla torre.
Linee di Campo Magnetico è la torre più imponente, misura 18 m, ed è caratterizzata da una pellicola di piombo che la percorre interamente, fino ai piedi, al fianco di una bobina cinematografica e una cinepresa. La scelta del piombo è rilevante e costituisce un paradosso: si tratta di un materiale che non può essere attraversato da radiazioni luminose e quindi non permetterebbe la produzione di alcuna immagine. L'accostamento con gli elementi cinematografici si presta quindi a diverse interpretazioni: potrebbe essere un'allusione al tentativo nazista di eliminare l'immagine della cultura ebraica o un riferimento alla lotta iconoclasta che ha percorso la cultura occidentale dall'epoca bizantina fino a quella luterana. Infine, potrebbe trattarsi di un riferimento alla concezione, più volte ribadita da Kiefer, che “ogni opera d'arte cancella la precedente”. Il piombo è inoltre un materiale particolarmente caro all'artista perché è, nella tradizione ebraica, la materia della malinconia.
JH & WH sono due torri disseminate alla base di elementi che rappresentano meteoriti numerati, in piombo fuso, dalla forma irregolare, e che simboleggiano, secondo il mito della creazione della Cabala, i cocci dei vasi in cui Dio volle infondere la vita generando i popoli della terra e la diaspora giudaica. Le due torri sono complementari e in cima sono decorate rispettivamente con le scritte al neon JH e WH che, se unite secondo le regole della fonetica ebraica, formano la parola Jahweh, termine impronunciabile per indicare Dio.
Torre dei Quadri Cadenti deve il nome alle cornici di ferro contenenti lastre di vetro, spesso infrante, presenti dalla sommità ai piedi dell'edificio.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Gabi Scardi, Le Torri parlanti di Kiefer, Il Sole 24 Ore, 28 marzo 2017.
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