Grande Macchia Bianca (Grande Ovale Bianco o GWS, acronimo dell'inglese Great White Spot) è il nome assegnato, per analogia con la Grande Macchia Rossa di Giove a delle tempeste periodiche di colore biancastro che si manifestano nell'emisfero boreale di Saturno e appaiono abbastanza grandi da risultare visibili dalla Terra mediante l'uso di telescopi. L'estensione di queste tempeste può raggiungere alcune migliaia di chilometri.
Caratteristiche e cause
[modifica | modifica wikitesto]Le Grandi Macchie Bianche sono degli eventi che si verificano principalmente nell'emisfero settentrionale di Saturno.[1] Esse si formano inizialmente come delle macchie quasi anonime, per poi espandersi rapidamente in longitudine, arrivando talvolta a costituire una fascia che circonda tutto il pianeta.[2] Le attuali teorie suggeriscono che le Grandi Macchie Bianche siano delle massicce correnti ascensionali, originate probabilmente da instabilità termiche.[3]
La coincidenza della formazione delle Grandi Macchie Bianche con il solstizio "estivo" di Saturno è stata considerata come la prova che il maggior responsabile di questi fenomeni sia l'insolazione, anche se è stata notata una certa frequenza di questi fenomeni atmosferici nel tempo successivo al solstizio "invernale" boreale. Non è ancora noto se simili fenomeni si verifichino durante il solstizio invernale, in quanto gli anelli costituiscono un impedimento alla visuale del pianeta dalla Terra.[4]
Frequenza
[modifica | modifica wikitesto]Il fenomeno presenta una periodicità che si aggira sui 28,5 anni, quando l'emisfero nord di Saturno è maggiormente rivolto verso il Sole. La seguente è una lista delle osservazioni registrate di Grandi Macchie Bianche; gli anni in cui sono apparse considerati parte del ciclo sono 1876, 1903, 1933, 1960 e 1990.
- 1876 – Osservata da Asaph Hall, che se ne servì per calcolare il periodo di rotazione del pianeta.
- 1903 – Osservata da Edward Emerson Barnard.
- 1933 – Osservata da Will Hay, attore comico ed astrofilo.
- 1960 – Osservata da JH Botham (Sudafrica).
- 1990 – Osservata da Stuart Wilber, dal 24 settembre sino a novembre inoltrato.
- 1994 – Studiata da osservatori a Terra e dal telescopio spaziale Hubble.[5]
- 2006 – Osservata da Erick Bondoux and Jean-Luc Dauvergne.
Il perché nessuna macchia sia stata registrata prima del 1876 è un mistero, in qualche modo simile alla lunga mancanza di dati relativi alla Grande Macchia rossa nel XVIII e nella prima parte del XIX secolo; la Macchia del 1876 fu molto prominente, risultando visibile anche con telescopi di apertura 60 mm.[6]
Mark Kidger ha descritto nel 1992 due significative tipologie di GWS:
- GWS alternate in latitudine, che appaiono solamente a latitudini a nord della regione temperata settentrionale (NTZ) o in corrispondenza della regione equatoriale.
- GWS di alte latitudini, che ricorrono più frequentemente rispetto a quelle alternate in latitudine (~27 anni contro i ~30 delle alternate); esse tendono ad essere meno prominenti delle loro controparti equatoriali.
Sulla base dei queste apparenti regolarità, Kidger ha previsto che la prossima GWS apparirà nella NTZ nel 2016 e probabilmente sarà meno appariscente di quella comparsa nel 1990.[7]
Note
[modifica | modifica wikitesto]Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Mark Kidger, The 1990 Great White Spot of Saturn, in Patrick Moore (a cura di), The 1993 Yearbook of Astronomy, New York, W.W. Norton & Company, 1992, pp. 176-215.
- Dinah Moché, Chapter 9: Planets, in Astronomy: a self-teaching guide, 4ª ed., John Wiley & Sons, 1996, p. 245, ISBN 0-471-53001-8.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Grande Macchia Bianca
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- 1990/1 immagine del telescopio spaziale Hubble
- 2006: osservata con un telescopio da 12" da astrofili nei pressi di Parigi.
- Volunteers Help NASA Track Return of the Dragon, su nasa.gov. URL consultato il 1º maggio 2019 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016).
- The Great White Spot at ESA/Hubble, su spacetelescope.org (archiviato dall'url originale il 30 settembre 2007).