Giacinto Rizzolio, detto Gino (Cornigliano Ligure, 29 aprile 1919 – Genova, 29 luglio 1944), è stato un partigiano e militare italiano.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Giacinto Rizzolio nacque nel 1919 nel comune di Cornigliano Ligure, da Luigi Rizzolio e Ida Verdi.[1] Di professione operaio, lavorava presso il reparto stampi dello stabilimento San Giorgio di Sestri Ponente (GE).[2] Dal 1942 prestò servizio militare come sommergibilista nella Regia Marina, e fu decorato col Distintivo d'onore.[3] Dopo l'armistizio, aderì al Partito Comunista Italiano e partecipò alla resistenza partigiana, divenendo comandante di uno dei Gruppi di Azione Patriottica (GAP) operanti a Genova. Prese parte a varie operazioni partigiane nel capoluogo ligure e alla distribuzione clandestina di materiale antifascista.[3]
Secondo le indagini della polizia politica della questura di Genova, fu lui a sparare tre colpi di pistola alla schiena del maggiore Diego Palumbo mentre si trovava seduto al bar Dogali di via Cantore l'11 aprile 1944.[4] Il 1º luglio 1944, insieme a Riccardo Masnata, prese parte all'agguato in via Dattilo a Sampierdarena contro Antonio Baffigo e Antonio Bruzzone, due militi della Guardia Nazionale Repubblicana. Baffigo perì all'istante mentre Bruzzone riuscì a rispondere al fuoco mettendo in fuga gli attentatori, ma fu comunque ferito a morte.[5]
Tradito dalla delazione del partigiano Mario Cassurino,[6] il 20 luglio 1944 fu catturato dalla Squadra Politica della questura mentre si trovava a Cornigliano. Venne così imprigionato all'interno dell'edificio della questura genovese. Sommariamente processato dal tribunale straordinario fascista tra le 3 e le 4 del mattino del 29 luglio 1944, Rizzolio fu condannato a morte per l'omicidio di Baffigo e Bruzzone.[5]
Insieme a Rizzolio, furono condannati a morte Aleandro Longhi, Goffredo Villa, Mario Cassurino e Balilla Grillotti. Alle ore 5 dello stesso giorno furono fucilati alle spalle persso Forte San Giuliano da un plotone composto da militi delle Brigate Nere, nell'evento noto come Strage di Forte San Giuliano.[7][8]
Per le sue azioni durante la lotta partigiana, gli fu conferita la medaglia d'argento al valor militare alla memoria.[1]
Onorificenze
[modifica | modifica wikitesto]Entrato, fra i primi, nelle file del movimento partigiano si distingueva per ardimento, per entusiasmo e per spirito combattivo. Nella esecuzione di colpi di mano e di importanti azioni di sabotaggio forniva sicure prove di personale valore. Arrestato e tormentosamente interrogato, nulla rivelava. Condannato a morte, animava la fede dei compagni condannati insieme con lui e manteneva, sino alla fucilazione, fiero ed esemplare contegno.»
— Forte San Giuliano (Genova), 29 luglio 1944[1]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b c Rizzolio Giacinto, in Gazzetta Ufficiale, 1951.
- ^ Resistenza, per sempre (PDF), in L'Unità, 18 aprile 2002, p. 27.
- ^ a b Rizzolio, Giacinto (Gino), su Polo del '900.
- ^ Tuo, Malfettani, Viale, 2008, p. 245.
- ^ a b Tuo, Malfettani, Viale, 2008, pp. 38-39.
- ^ Antonini, 2005, p. 229.
- ^ Forte San Giuliano (Genova) 19 Luglio 1944, su Anpi Genova.
- ^ Francesco Caorsi e Alessio Parisi (a cura di), Episodio di Forte di San Giuliano, Genova, 29.07.1944 (PDF), su Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste in Italia.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Francesco Tuo, Pierfranco Malfettani e Carlo Viale, I caduti della R.S.I. Genova 1943-46, Edizioni Tradizione, 2008.
- Sandro Antonini, La Liguria di Salò, Edizioni De Ferrari, 2005.
- Giacinto Rizzolio (Gino), in I compagni mi vendicheranno. Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana, introduzione di Giuseppe Aragno, Napoli, La Città del Sole, 2006, ISBN 9788882923273.
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Rizzolio, Giacinto (Gino), su Polo del '900.
- Igor Pizzirusso (a cura di), Giacinto Rizzolio (Gino), su Ultime lettere di condannati a morte e di deportati della resistenza italiana.