Il gancio da assedio era un'arma utilizzata per strappare pietre dalle mura durante un assedio. Era chiamata falce murale (in latino Falx muralis) dai legionari dell'esercito romano.
Descrizione
[modifica | modifica wikitesto]Lo storico greco Polibio, nella sua opera intitolata Storie, cita l'uso di quest'arma nella descrizione dell'assedio romano ad Ambracia:
«Gli etoliani assediati dal console Marco Fulvio[1] offrivano una discreta resistenza [...] e mentre gli arieti battevano vigorosamente sulle mura, ed i lunghi pali con i loro ganci di ferro strappavano le mura, tentarono di inventare macchine in grado di sconfiggerli, facendo cadere pesanti pietre e pezzi di quercia grazie a leve addosso agli arieti; ed attaccando ganci in ferro sugli arpioni trascinandoli all'interno delle mura, in modo che i pali a cui erano attaccati si rompessero sulle merlature, conquistando quindi questi ganci»
Come racconta Gaio Giulio Cesare nel suo De bello Gallico,[3] la falce murale consisteva in uno o due grossi uncini di ferro tagliente, fissati ad un'asta o ad un palo. Il veloce movimento rotatorio in senso longitudinale e trasversale della falce (attraverso corde fissate all'altra estremità ed azionate da alcuni soldati) permetteva di togliere la calce tra i mattoni o i massi delle mura della città assediate, oppure di scalfire le travi di legno delle palizzate degli accampamenti.[4]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Marco Fulvio Nobiliore
- ^ Polibio, Storie
- ^ Cesare, De bello Gallico, V, 42; VII, 22 (assedio Avarico) e VII, 84.
- ^ Vegezio, Epitoma rei militaris, IV, 14.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Cesare, De bello Gallico, V e VII.
- Vegezio, Epitoma rei militaris, IV.