Flaminio Delfini (Roma, 1º novembre 1552 – Ferrara, 7 novembre 1605) è stato un militare italiano suddito dell'allora Stato Pontificio.
Fu generale dell'esercito e comandante della flotta dello Stato Pontificio.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Nacque a Roma dal nobile Mario Delfini, priore dei Caporioni, commerciante arricchitosi con la vendita del latte di capra, e Properzia Miccinelli. L'attività commerciale paterna fu tenuta celata dopo che i figli e le figlie, sposate a membri di nobili famiglie romane, raggiunsero un certo prestigio.[1]
La famiglia Delfino era un ramo della nobile famiglia Dolfin di Venezia, che si era trasferita nel XV secolo a Roma. Sono sconosciute le motivazioni di questo trasferimento. I Dolfin abitavano in una casa acquistata da Antonio Frangipane, nella zona detta Platea Turris Melangoli. Nel XVI secolo Mario Delfino costruì nella medesima zona il palazzo che diede il nome alla via.[2]
Iniziò molto giovane la sua carriera militare combattendo a Lepanto nell'ottobre 1571 poi fu a lungo in Francia. Si distinse più tardi nelle campagne contro il banditismo nelle terre pontificie.[3]
Tra il 1595 ed il 1597 partecipò alle campagne d'Ungheria. Nel 1595 Clemente VIII affidò al nipote Giovanni Francesco Aldobrandini il comando delle truppe da inviare in Ungheria. A causa di una "infermità" del "nipote nostro carissimo" con una lettera nominò Flaminio Delfini maestro generale di campo. In questa occasione si rivolge a Delfini chiamandolo "nobile romano".[4]
Nel 1599 fu inviato pontificio a Praga alla corte Imperiale di Rodolfo II.
Alla morte di Cesare Magalotti, nel 1602, fu nominato luogotenente della flotta pontificia e prese il comando di Civitavecchia, incarico che gli fu revocato l'anno successivo, per aver ordinato ad alcuni sicari, l'assassinio di un corteggiatore della sorella Drusilla coniugata con Angelo Massimo, invece di accettare l'invito al duello.[5] La sua autodenuncia fu però apprezzata dal papa che nel 1604 lo nominò governatore di Ferrara dove morì.
Le sue spoglie vennero trasportate a Roma e le esequie solenni furono officiate nella basilica di Santa Maria in Aracoeli.[3]
Riconoscimenti
[modifica | modifica wikitesto]Nella Sala dei Capitani dei Musei Capitolini si trova un monumento dedicato a Flaminio Delfini[6] con l'iscrizione:
"FLAMINIO DELPHINIO MILITARIBUS ET IMPERATORIIS ARTIBUS MAGISTERIO EQUITUM DUCTU EXERCITUUM REBUS PRAECLARE GESTIS DOMI FORISQUE CLARISSIMO POST. FUNUS. PUBLICO AERE LUCTUQUE CELEBRATUM S.P.Q.R. CIVI OPTIMO MDCV"
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ La sorella Vittoria sposò Lorenzo Altieri Storia di Roma Capitolo X-Famiglie Nobili. URL consultato il 27 dicembre 2018.
- ^ Nel palazzo aveva abitato sant'Ignazio da Loyola fondatore dei gesuiti Via dei Delfini, su RomaSegreta.it, 11 maggio 2015. URL consultato il 12 agosto 2024 (archiviato il 20 maggio 2024).
- ^ a b DBI.
- ^ Il Saggiatore, 1845 p. 42.
- ^ Drusilla Delfini, su gw.geneanet.org, Generanet. URL consultato il 27 dicembre 2018.
- ^ (EN, LA) Via dei Delfini, su Musei Capitolini. URL consultato il 12 agosto 2024 (archiviato dall'url originale il 20 settembre 2020).«Flaminio Delphinio / militaribus et imperatoriis artibus / magisterio equitum ductu exercituum / rebus praeclare gestis domi forisque / clarissimo / post.funus.publico aere luctuque / celebratum / S.P.Q.R./ civi optimo / ⅯⅮⅭⅤ»
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Flaminio Delfini, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
- Pietro Ercole Visconti, Città e famiglie nobili e celebri dello Stato Pontificio: dizionario storico1.1, a cura di Andrea Pesaro, Roma, Tipografia delle scienze, 1847, SBN RML0110485.
- Torquato Tasso, Delle rime, et prose, In Vinetia, presso Aldo, 1583, SBN LO1E000399.
- Bruno Blasi, Gli Albanesi a Corneto e del Patrimonio di San Pietro in Tuscia
- Stefania Crespi, Il brigantaggio Piceno nella storia. Cap 6 Le milizie Corse
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Francesco Vitali, La Tiara contro il Turbante. Le Crociate del Papa in Ungheria, su nuovarivistastorica, Società editrice Dante Alighieri. URL consultato il 26 dicembre 2018.