Eleuterio | |
---|---|
Esarca di Ravenna e Esarca d'Italia dell'Impero romano d'Oriente | |
Durata mandato | 616 – 619 |
Monarca | Eraclio |
Predecessore | Giovanni I Lemigio |
Successore | Isacio |
Dati generali | |
Professione | Politico |
Eleuterio (... – Castrum Luceoli, 620) è stato un politico e militare bizantino, esarca d'Italia dal 616 al 619.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Sedizioni in Italia (615-616)
[modifica | modifica wikitesto]Nulla si sa della sua vita prima di giungere in Italia, se non che era un eunuco di corte che deteneva la carica influente di cubicularius, ovvero addetto alla camera imperiale. Comunque, doveva godere della stima dell'Imperatore Eraclio I dato che quest'ultimo gli affidò il governo dell'Italia bizantina nominandolo esarca in un periodo di grande instabilità per i territori bizantini d'Italia: Ravenna era in fermento e una rivolta aveva ucciso l'esarca Giovanni I Lemigio con la complicità dei "giudici della Repubblica" (iudices reipublicae), mentre Napoli era stata sottratta al controllo esarcale da un certo Giovanni di Compsa. Queste sedizioni, come sembra suggerire una frase del Liber Pontificalis (si veda sotto), sembrano essere state di natura militare, dovute a un mancato pagamento delle truppe, che quindi si sarebbero rivoltate.[1]
Primo compito di Eleuterio fu appunto quello di reprimere le rivolte a Ravenna e Napoli. Giunto a Ravenna evidentemente con truppe sufficienti allo scopo prefissatosi, Eleuterio represse con durezza la rivolta, punendo severamente tutti coloro che erano stati coinvolti nella rivolta e nell'assassinio dell'esarca, "giudici della Repubblica" compresi, giustiziandoli.[2][3] Riportato l'ordine a Ravenna, Eleuterio si mosse con il suo esercito in direzione di Napoli, effettuando una sosta a Roma, dove fu accolto con reverenza dal Papa Adeodato I.[4] Dopo la sosta nella Città Eterna, riprese il cammino verso la città partenopea, rivoltatasi all'Impero sotto la guida di Giovanni di Compsa, e, dopo un breve assedio, la espugnò, ponendo fine alla rivolta; il ribelle fu giustiziato, insieme ai suoi seguaci, per ordine di Eleuterio.[5] Ritornato a Ravenna, pagò ai soldati la roga, ovvero il soldo arretrato, e, secondo il biografo di Papa Adeodato, ciò determinò il ritorno della pace in Italia, segno che le rivolte erano dovute a un ritardo nelle paghe.[6]
Lotta ai Longobardi (617-619)
[modifica | modifica wikitesto]Ripristinata la pace interna nell'esarcato, Eleuterio poté quindi concentrarsi nella lotta ai Longobardi, come sembra gli avesse ordinato l'Imperatore Eraclio stesso: secondo la Cronaca del continuatore di Prospero Aquitano, infatti, «Eraclio inviò Eleuterio a proteggere tutta l'Italia, che i Longobardi non avevano ancora occupato».[7] Per rinforzare la posizione bizantina nell'Italia centro-settentrionale e per approfittare del momento di relativa debolezza interna del regno longobardo, retto dal minorenne Adaloaldo sotto la reggenza della madre Teodolinda, tra il 617 e il 619 Eleuterio mosse guerra ai Longobardi. La campagna, tuttavia, fu un insuccesso, come racconta l'anonimo continuatore del Chronicon di Aquitano:
«Eleutherius adversus Langobardos saepe inito bello vincitur per Sundrarium maxime Longobardorum ducem, qui apud Agilulfum bellicis rebus instructus erat. Animum amiserat Eleutherius et cum saepe suorum ruinam cerneret, pacem cum Longobardis fecit, ea tamen condicione, ut quinque centenaria, quae dudum, cum ad obsidendam Romam Agilulfus rex venisset, per singulos annos dare longobardis statuerant, persolverent Romani.»
«Eleuterio, iniziata una guerra con i Longobardi, venne battuto ripetutamente da Sundrarit, generale supremo dei Longobardi, che si era formato alla scuola di Agilulfo. Persosi d’animo di fronte alle frequenti sconfitte dei suoi, stipulò la pace con i Longobardi, però a condizione che i Romani versassero il tributo annuale di cinque centenaria, già stabilito quando re Agilulfo aveva assediato Roma»
Fu, probabilmente, in connessione di questa campagna, che i Longobardi si impadronirono di Concordia, nel Veneto; le scarne fonti venete, infatti, riferiscono che questa città finì in mano longobarda proprio durante il Pontificato di Papa Adeodato.[9]
Tentativo di usurpazione (619-620)
[modifica | modifica wikitesto]Poco tempo dopo, Eleuterio, pur non avendo in teoria i requisiti per assumere la porpora imperiale (essendo un eunuco), probabilmente approfittando della confusione del momento,[10] decise di rivoltarsi contro Eraclio facendosi proclamare imperatore d'Occidente: secondo lo studioso Bertolini, l'intento dell'esarca ribelle era quello di «ridare all'Italia un impero indipendente, pari di rango all'impero in Oriente»,[11] anche se non si può escludere, come sostiene T.S. Brown, che «le sue ambizioni contemplassero soltanto l'instaurazione, nell'Italia bizantina, di un governo autonomo».[1] Come sembra suggerire un passo della Cronaca del continuatore di Prospero,[12] non è da escludere che prima di rivoltarsi, Eleuterio abbia comprato la neutralità dai Longobardi, forse già durante le trattative di pace dopo le sconfitte subite contro Sundrarit: quella parte dei Longobardi schierata dalla parte del re Adaloaldo e della reggente Teodolinda avrebbe visto con favore la restaurazione di un Impero romano d'Occidente autonomo da quello d'Oriente, perché «la prospettiva di una restaurazione imperiale, a opera di un esarco sconfitto e oggettivamente debole, avrebbe posto l'organismo politico da lui creato sotto l'influenza politica longobarda».[13] Vi era però una fazione dei Longobardi che vedeva con ostilità i rapporti tutto sommato amichevoli che Teodolinda e Adaloaldo avevano stretto con l'Impero e che sembra abbia osteggiato l'impresa, temendo forse che Eleuterio fosse stato sottovalutato come nemico dalla corte di Teodolinda.[14]
La rivolta, come sembra confermare la biografia di Papa Bonifacio V, iniziò all'incirca nel dicembre 619, poco prima l'ordinazione del nuovo pontefice.[15] Dalle monete fatte coniare dalla zecca di Ravenna da Eleuterio a suo nome durante la rivolta risulta che l'esarca ribelle avesse assunto, usurpando la porpora, il nome imperiale di Ismailius, altrimenti taciuto dalle fonti. Poco tempo dopo, probabilmente agli inizi del 620, Eleuterio/Ismailius, si recò dall'arcivescovo di Ravenna Giovanni IV, con ogni probabilità per farsi incoronare (all'epoca era prassi che un nuovo imperatore fosse incoronato da un ecclesiastico)[10]; l'arcivescovo, tuttavia, evitò di prendersi questa responsabilità, forse temendo l'ira di Eraclio nel caso l'usurpazione fosse stata repressa; consigliò[16], piuttosto, ad Eleuterio di recarsi a Roma per farsi incoronare nell'antica Caput Mundi,[17] o dal papa (secondo Ravegnani)[10] o dal senato romano (secondo Bertolini). Secondo Bertolini la sua idea di farsi incoronare a Roma «rivelava la consapevolezza di ciò che sempre rappresentava Roma, prima sede e culla dell'impero, come perenne custode dell'antica tradizione imperiale. Provava inoltre che a Roma esisteva sempre un senato, e che ad esso si attribuiva ancora la prerogativa di essere il depositario del potere sovrano in concorrenza con gl'imperatori, e la capacità giuridica di convalidare la proclamazione di un nuovo imperatore. Al senato di Roma, infatti, e non al papa, ebbero certo la mente così l'arcivescovo di Ravenna come l'esarco ribelle.»[11]
Eleuterio, reputando valido il consiglio, iniziò i preparativi per il viaggio.[18] Secondo lo studioso Classen, si trattava della «prima marcia di incoronazione a Roma della storia del mondo».[19] Il viaggio verso Roma, iniziato probabilmente nella tarda estate del 620[20], si concluse però in tragedia: infatti, giunto nei pressi di Castrum Luceolis con i pochi che lo accompagnavano (alcuni studiosi hanno suggerito che vi fossero state delle diserzioni nell'esercito di Eleuterio che lo resero "paucis", cioè piccolo)[21], l'esarca ribelle fu ucciso da soldati fedeli a Eraclio.[22] Secondo la ricostruzione di Bertolini, i soldati ("militibus") che uccisero Eleuterio erano quelli del Castrum Luciolis, che avrebbero sbarrato la strada a Eleuterio e ai pochi che lo accompagnavano ("paucis comitantibus"), e una volta vinto l'esercito di Eleuterio e fatto prigioniero l'esarca, lo uccisero.[23] Tuttavia, secondo la biografia di Papa Bonifacio V contenuta nel Liber Pontificalis, Eleuterio fu ucciso da soldati ravennati ("militibus ravennatis").[24] Il Liber Pontificalis[25] e Agnello Ravennate[26] riferiscono che, ucciso con la spada, venne decapitato e la sua testa spedita in un sacco a Eraclio a Costantinopoli.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b Thomas S. Brown, Eleuterio, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 42, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1993.
- ^ Liber Pontificalis, 70: «Eodem tempore veniens Eleutherius Patricius et Cubicularius Ravenna [sic] et occidit omnes qui in nece Joannis Exarchi et Judicibus [sic] Reipublicae fuerant mixti». Il passo in questione presenta due errori grammaticali, segnalati dal "sic", che non a caso autori di posteriori opere storiche, nel citare il passo in questione del Liber Pontificalis, hanno emendato (sostituendo "Ravenna" con "Ravennam" e "et iudicibus" con "et iudicum" o "ex iudicibus"). In particolare risulta controversa l'interpretazione di et iudicibus: l'emendazione con et iudicum ("e dei giudici") implicherebbe che Eleuterio "uccise tutti coloro che erano stati coinvolti nell'assassinio dell'esarca Giovanni e dei giudici della Repubblica", mentre l'emendazione con ex iudicibus ("tra i giudici") implicherebbe che Eleuterio "uccise tutti coloro tra i giudici della Repubblica che erano stati coinvolti nell'assassinio dell'esarca Giovanni". Gli studiosi moderni sono divisi tra le due ipotesi. Secondo T.S. Brown, i giudici della Repubblica furono uccisi dai ribelli insieme all'esarca Giovanni, cfr. Thomas S. Brown, Eleuterio, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 42, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1993. Invece Cosentino e Rizzotto ritengono che i giudici della Repubblica furono fatti giustiziare dall'esarca Eleuterio, cfr. Rizzotto 2008, p. 8, e Salvatore Cosentino, Storia dell'Italia bizantina (VI-XI secolo): da Giustiniano ai Normanni, Bologna, Bononia University Press, 2008, p. 131, ISBN 978-88-7395-360-9.
- ^ Secondo una versione più tarda della Vita di Papa Adeodato (cfr. Thomas Ebendorfer, Vita di Deusdedit, in Chronica Pontificum Romanorum. URL consultato il 20 febbraio 2018 (archiviato dall'url originale il 3 febbraio 2018).), Eleuterio «...multavit pena pecuniaria vel occidit omnes, qui in nece Johannis Esarchi hac dignitate pollentis et iudicium rei publicae mixti fuerunt.» ("inflisse una pena pecuniaria o uccise tutti i coinvolti nell'assassinio dell'esarca Giovanni..."). Il particolare della "pena pecuniaria" non è presente nella versione originale del Liber Pontificalis.
- ^ AA. VV., Vita di Adeodato, in Liber Pontificalis. URL consultato il 20 febbraio 2018 (archiviato dall'url originale il 3 febbraio 2018).: «Hic venit Roma et susceptus est a sanctissimo Deusdedit papa optime.»
- ^ AA. VV., Vita di Adeodato, in Liber Pontificalis. URL consultato il 20 febbraio 2018 (archiviato dall'url originale il 3 febbraio 2018).: «Qui egressus de Roma venit Neapolim , qui tenebatur a Iohanne Compsino intarta contra quem/qui pugnando Eleuterius patricius ingressus est Neapolim et interfecit eundem tyrannum, simul cum eo alios multos» ("Uscito da Roma, giunse a Napoli, che era sotto il potere di Giovanni Compsino ribelle, combattendo il quale Eleuterio patrizio entrò a Napoli e uccise questo tiranno, e molti altri con lui")
- ^ AA. VV., Vita di Adeodato, in Liber Pontificalis. URL consultato il 20 febbraio 2018 (archiviato dall'url originale il 3 febbraio 2018).: «reversus est Ravenna et data roga militibus facta est pax magna in tota Italia.» ("Ritornò a Ravenna e, pagato il soldo ai soldati, una grande pace fu ottenuta in tutta l'Italia").
- ^ Auctarii Havniensis extrema, 21 (Mommsen, p. 339): «Eraclius Eleutherium ad tuendam partem Italiae, quam nondum Langobardi occupaverant, mittit.»
- ^ Mommsen, p. 339.
- ^ Ravegnani 2006, p. 29.
- ^ a b c Ravegnani 2004, p. 107.
- ^ a b Bertolini, p. 302.
- ^ Auctarii Havniensis extrema, 23 (Mommsen, p. 339): «Eleutherius cum erga se Longobardorum gentem pacatam videret , imperium conatur suscipere.»
- ^ Magnani-Godoy, p. 105.
- ^ Rizzotto 2008, p. 14.
- ^ AA. VV., Vita di Bonifacio V, in Liber Pontificalis. URL consultato il 20 febbraio 2018 (archiviato dall'url originale il 3 febbraio 2018).: «Eodem tempore ante diem ordinationis eius Eleuterius patricius et exarchus/eunuchus factus intarta adsumpsit regnum» ("A quei tempi, prima della sua ordinazione [di Papa Bonifacio V], Eleuterio patrizio e esarca/eunuco, fattosi ribelle, assunse il regno").
- ^ Auctarii Havniensis extrema, 23 (Mommsen, p. 339): «...venerabilis viri Iohannis adhortatur...»
- ^ Auctarii Havniensis extrema, 23 (Mommsen, p. 339): «...ut ad Romam pergeret, atque ibi, ubi imperii solium maneret, coronam sumeret.»
- ^ Auctarii Havniensis extrema, 23 (Mommsen, p. 339): «quod consilium ratum iudicans obaudivit.»
- ^ P. Classen, Die erste Romzug in der Weligeschichte. Zur Geschichte des Kaisertum im Westen und der Kaiserkrönung in Rom zwischen Theodosius dem Grossen und Karl dem Grossen, in Historische Forschungen für Walter Schlesinger, a cura di H. Beumann, Köln-Wien 1971, pp. 325-347.
- ^ Rizzotto 2008, p. 16.
- ^ Rizzotto 2008, pp. 16-17.
- ^ Auctarii Havniensis extrema, 23 (Mommsen, p. 339): «Nam, cum [Eleutherius] a Ravenna profectus pergeret Romam, apud castrum Luciolis paucis iam suo itinere comitantibus a militibus interficitur.»
- ^ Thomas S. Brown, Papa Bonifacio V, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 42, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1993..
- ^ AA. VV., Vita di Bonifacio V, in Liber Pontificalis. URL consultato il 20 febbraio 2018 (archiviato dall'url originale il 3 febbraio 2018).: «Et veniente eum ad civitatem Romanam in castrum, que dicitur Luciolis , ibidem a milites Ravennates interfectus est.» ("E mentre si stava dirigendo in direzione della città romana venne ucciso nella fortezza, che viene detta Luciolis, dai soldati ravennati"). Si noti "a milites Ravennates" in luogo di "a militibus Ravennatis", particolare che Thomas Ebendorfer, nella sua Chronica Pontificum Romanorum (che attinge pesantemente dal Liber Pontificalis o copiandolo o parafrasandolo, con aggiunte minime), emendò appunto in "a militibus Ravennatis" (cfr. Thomas Ebendorfer, Vita di Bonifacio V, in Chronica Pontificum Romanorum. URL consultato il 20 febbraio 2018 (archiviato dall'url originale il 3 febbraio 2018).).
- ^ AA. VV., Vita di Bonifacio V, in Liber Pontificalis. URL consultato il 20 febbraio 2018 (archiviato dall'url originale il 3 febbraio 2018).: «Cuius caput ductus Constantinopolim ad piissimum principem.» ("La sua testa venne inviata a Costantinopoli al principe piissimo [Eraclio]").
- ^ Agnello Ravennate, Vita di Giovanni, in Liber Pontificalis Ecclesiae Ravennatis. URL consultato il 20 febbraio 2018 (archiviato dall'url originale il 3 febbraio 2018).: «Qui egressus de Ravenna Romam vellet ire, a militibus in castro Lucceolis gladio peremptus est; cuius caput cunditum sacco Constantinopolim imperatori delatum est.» ("Uscito da Ravenna con l'intenzione di andare a Roma, venne ucciso dai soldati con la spada nel castrum Luceolis; la sua testa, messa in un sacco, venne inviata all'Imperatore a Costantinopoli")
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Fonti primarie
- (LA) Auctarii Havniensis extrema, a cura di Theodor Mommsen, in Monumenta Germaniae Historica. Auctores antiquissimi, tom. 9, Chronica minora saec. IV.V.VI.VII, vol. 1, Berolini, apud Weidmannos, 1892, pp. 337-339.
- Louis Duchesne (a cura di), Le liber pontificalis. Texte, introduction et commentaire, I, Parigi, 1886.
- Fonti secondarie
- Ottorino Bertolini, Roma di fronte a Bisanzio e ai Longobardi, Bologna, 1941.
- Giorgio Ravegnani, I Bizantini in Italia, Bologna, Il Mulino, 2004, ISBN 9788815096906.
- Giorgio Ravegnani, Bisanzio e Venezia, Bologna, Il Mulino, 2006, ISBN 9788815109262.
- Mirko Rizzotto, Eleuterio. Un eunuco sul trono dei Cesari, Gerenzano (Varese), Paginesvelate, 2010, ISBN 8895906055.
- Alberto Magnani e Yolanda Godoy, Teodolinda la Longobarda, Milano, Jaca Book, 1998, pp. 103–106, ISBN 8816435070.
- Thomas S. Brown, Eleuterio, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 42, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1993.
- Mirko Rizzotto, Ismailius e la renovatio imperii occidentalis: Eraclio e la rivolta dell'esarca Eleuterio (PDF), in Porphyra, n. 12, dicembre 2008, pp. 5-18 (archiviato dall'url originale il 22 luglio 2011).
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) Eleutherius, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.