Trasferimento da voce Edoardo VII
[modifica wikitesto]In occasione della revisione della voce Edoardo VII del Regno Unito mi sono accorto che una parte del lavoro si riferiva molto più al periodo del regno che al monarca. Trasferisco qui quella parte (purtroppo senza fonti) che mi sembra più adatta ad essere sfruttata nella voce presente:
L'ascesa al trono di Edoardo VII, come era avvenuto per la madre, diede il nome ad un periodo che coincise con il suo regno, durante il quale avvennero importanti mutamenti economici, politici e sociali. Con alcune differenze però: mentre Vittoria rifuggiva la società, Edoardo fu il leader di un'élite alla moda che stabilì uno stile influenzato dall'arte e dalle mode dell'Europa continentale - forse a causa della passione del Re per i viaggi. L'età fu contrassegnata da importanti mutamenti in politica mentre settori della società che erano stati largamente esclusi dall'esercizio del potere in passato, come gli operai comuni e le donne, divennero sempre più politicizzati.
L'età edoardiana viene spesso estesa oltre la morte di Edoardo avvenuta nel 1910, per includere gli anni fino all'affondamento del Titanic nel 1912, fino all'inizio della Prima guerra mondiale nel 1914, o fino alla fine della stessa guerra, nel 1918. Per la fine della guerra, il modo di vita edoardiano, come le sue intrinseche discrasie di benessere e potere, era divenuto sempre più anacronistico agli occhi della popolazione che aveva sofferto durante la guerra e che era stata esposta agli elementi dei nuovi mezzi di comunicazione di massa che denunciavano l'ingiustizia della divisione di classe.
Molti erano i problemi da risolvere, malgrado l'età aurea dell'Età Vittoriana: innanzi tutto, sul fronte interno, le tensioni sociali ed economiche createsi dopo le riforme liberali dei precedenti governi, con crescente richiesta di partecipazione politica da parte della classe operaia e del ceto femminile, mentre in politica estera rimanevano aperti i conflitti in Sudafrica (guerre boere) e in Cina (rivolta dei Boxer). Per prima cosa venne chiusa definitivamente la questione cinese, che aveva impegnato l'invio in Cina di una forza multinazionale di ben otto paesi, tra cui il Regno Unito, con il protocollo imperiale (detto Protocollo dei Boxer) del 7 settembre 1901 firmato dall'imperatrice vedova Cixi, che rimarcava ancora di più la presenza e ingerenza delle potenze occidentali nel Celeste Impero. Subito dopo venne conclusa anche la strascicante guerra boera, anche perché i boeri erano ormai in ginocchio dalla guerra di occupazione e rappresaglia messa in atto dagli inglesi in Sudafrica. Le trattative vennero condotte dal governo di Robert Gascoyne-Cecil e portarono, il 31 maggio 1902, alla firma del Trattato di Vereeniging, che, pur sancendo la supremazia britannica in Sudafrica, riconosceva un certo grado di autonomia agli Stati boeri della Repubblica del Transvaal e del Stato Libero dell'Orange, inglobandoli nella Colonia del Capo. Il conflitto tuttavia, pur favorevole ai britannici, divise l'opinione pubblica in pro e contro la guerra: i liberali, come il leader David Lloyd George erano avversi alle avventure militaristiche e godevano di maggior peso politico, anche se il potere era detenuto dai conservatori come Joseph Chamberlain. Questo era avvenuto fin dalle elezioni del 1900, quando i grandi industriali, a dispetto della politica economica liberoscambista, preoccupati dall'ascesa economica degli Stati Uniti e incoraggiati dall'abbandono del libero scambio da parte di molte nazioni, optarono per una politica economica protezionista, nella convinzione di poter salvaguardare i propri prodotti dalla concorrenza straniera. Fu per questo che il nuovo primo ministro, Arthur James Balfour, in carica dal 12 luglio 1902, impose barriere doganali nei confronti delle merci importate da paesi che non facessero parte delle colonie britanniche. Ciò però comportò una pesante tassazione dei prodotti, specialmente alimentari, che l'Inghilterra acquistava dagli Stati Uniti o da altre parti del mondo; di qui un inevitabile peggioramento delle condizioni di vita delle classi meno abbienti. Il governo tory tuttavia ebbe maggior fortuna in politica estera, quando si raggiunse finalmente, nel 1904, la famosa Entente cordiale con la Francia, paese con cui Londra aveva avuto attriti sin dall'età napoleonica, malgrado un generale assestamento negli ultimi decenni del XIX secolo.
L'8 aprile 1904 Gran Bretagna e Francia firmarono l'Entente cordiale, un trattato che dopo secoli regolava le zone di influenza coloniale delle due potenze. Il merito principale di tale accordo viene, in generale, attribuito a Edoardo VII.
Malgrado il successo e la popolarità dell'Entente cordiale, il governo Balfour era sempre più impopolare per la sopracitata politica proibizionista che danneggiava soprattutto le classi umili. Per questo alle elezioni politiche del 1906 il partito conservatore fu battuto e al governo passarono i liberali, con Sir Henry Campbell-Bannerman come primo ministro. Il governo Campbell-Bannerman introdusse norme per garantire che sindacati non potessero essere responsabili per i danni subiti durante gli scioperi e per fornire pasti scolastici gratuiti per i bambini. Molto più importanti furono i risultati raggiunti in campo internazionale, con la stipula, nel 1907, di un accordo anglo-russo per l'Asia, che in seguito avrebbe portato alla nascita della Triplice Intesa.
Ai successi in politica estera, seguirono quelli negli affari interni del Paese: il 5 aprile 1908 divenne primo ministro Herbert Henry Asquith, leader dei whig, di chiare idee riformiste. Egli promosse l'immagine del Regno Unito, riuscendo a ottenere che i Giochi della IV Olimpiade si tenessero a Londra. La cerimonia di apertura si svolse il 27 aprile di quell'anno e fu tenuta da Edoardo VII in persona, che proclamò la formula di apertura dei giochi: «I declare the Olympic Games of London open.»; mentre la regina Alessandra premiò personalmente gli atleti vincitori, conferendo le medaglie d'oro
Oltre al prestigio derivato dai giochi olimpici, Asquith attuò una politica riformista a tutela delle classi meno abbienti: difesa dei sindacati, imposta progressiva sul reddito, orario di otto ore lavorative nelle miniere, prime forme di assicurazioni sociali. Le riforme tuttavia vennero duramente contestate dalla Camera dei Lords, il ramo più conservatore del Parlamento inglese, che nel 1909 oppose il veto, pur non avendo poteri giurisdizionali in materia finanziaria. La crisi istituzionale durò molto, anche dopo la vittoria elettorale dei liberali del gennaio 1910 e la morte dello stesso Edoardo VII, spirato il 6 maggio dello stesso anno, a 68 anni.