CANNE AL VENTO
Il romanzo “Canne al vento”, pubblicato nel 1913, è tra i libri più conosciuti e letti di Grazia Deledda ed era fra tutti, quello a cui la scrittrice teneva maggiormente. Il romanzo racconta la storia della famiglia Pintor, una volta nobile e ricca ma ora in possesso solamente di un piccolo podere, lavorato con passione dal fedele Efix, il vecchio servo rimasto al servizo delle dame Pintor, dopo la fuga della sorella Lia e la morte di Don Zame, il loro padre.
Il romanzo ha inizio con la descrizione della figura del servo Efix, uomo semplice, ormai di anziana età. Una notte Efix, dopo aver lavorato tanto nel poderetto, si preparò la stuoia e si mise a fantasticare. Il lungo silenzio venne interrotto dal richiamo di un ragazzo mandato dalle padrone di Efix che l’indomani volevano che si recasse da loro, al paese. Efix si mise a pensare alle persone del paese e alle sue tre padrone, donna Noemi, donna Ester e donna Ruth. Gli riaffiorò il pensiero di donna Lia, la loro sorella di cui era segretamente innamorato, scappata di casa portando disonore alla famiglia e pensò al loro padre don Zame, ritrovato morto dopo la fuga di Lia. Ricordò che le padrone, quando seppero che Lia ebbe avuto un figlio, spedirono un regalo al nipote ma non scrissero alla madre. Efix continuava a chiedersi il motivo per cui le sue padrone l’avessero fatto chiamare e con questo pensiero si addormentò. Il giorno seguente il servo lasciò il poderetto e s’incamminò verso il paese. Giunse a casa delle dame Pintor, una casa grande, ma in rovina, spoglia, vuota e malinconica come le dame che vi abitavano. Trovò donna Ruth, donna Noemi e donna Ester che lo aspettavano pensierose e preoccupate. Appena Efix chiese perché lo avessero fatto chiamare, queste esitarono un po’ ma alla fine dissero che il figlio di Lia, Giacinto, sarebbe venuto in paese. Efix si stupì ma subito rispose di lasciarlo venire perché avrebbe portato un po’ di allegria in quella casa triste e solitaria. Le dame sembravano dubbiose, ma Efix promise che qualora il giovane avesse dato problemi sarebbe intervenuto egli stesso. Le serve sembravano ora convinte e allora Efix consigliò loro di acquistare per il nipote un cavallo e così il giorno stesso andò da Kallina, l’usuraia, per ottenere in prestito dei soldi a tal scopo. I giorni passavano e le tre dame aspettavano con ansia l’arrivo del loro nipote. Un giorno mentre donna Ester e donna Ruth si erano recate ad una vicina festa religiosa, donna Noemi si trovava sola in casa; ella cuciva nel cortile guardandosi intorno con tristezza poiché la primavera le metteva sempre malinconia. Pensava alla fuga di Lia e allora rilesse la lettera che questa aveva inviato dopo la sua fuga. Ad un tratto sentì bussare alla porta e udì una voce sconosciuta. Subito capì chi potesse essere. Aprì la porta con mano tremante e vide un giovane vestito di verde, suo nipote. Egli la salutò calorosamente, mentre lei mantenne un atteggiamento distaccato. Noemi gli preparò da mangiare mentre il nipote le raccontava il suo viaggio e la volontà di andare a Nuoro, da un amico di suo padre, dove era sicuro di poter trovare lavoro. Noemi disse che Nuoro sembrava una bella città, ricca di opportunità, mentre il suo paese era un paese di nobili e servi. Alla festa della Madonna del Rimedio, Donna Ester e Donna Ruth pensavano a Noemi, in casa da sola, domandandosi se Giacinto fosse arrivato. Grixenda e Natòlia, due belle ragazze paesane, si annoiavano alla festa, perché non c’era nessuno che potesse ballare con loro. Videro in lontananza giungere un giovane in bicicletta: era il nipote delle dame accompagnato da Efix. Il giovane si precipitò subito a presentarsi alle zie, abbracciando tutti calorosamente. A Grixenda il ragazzo piacque subito, provando già una sorta di gelosia quando questo parlava con Natòlia. Il giorno dopo, Efix ritornò al poderetto e dopo tre giorni, quando rientrò al paese per portare il raccolto alle sue padrone, incontrò Don Predu, un uomo ricco, cugino delle dame Pintor, delle quali aveva acquistato i possidenti terrieri. Egli scherzò sul fatto che con l’arrivo del forestiero le tre sorelle si sarebbero ulteriormente indebitate con Kallina e che quindi si sarebbero impoverite ancora di più. In seguito, ricordò al servo che, qualora sarebbero state costrette a vendere anche il poderetto, l’avrebbe voluto acquistare lui. In paese vide Giacinto e Grixenda che tornavano sorridenti dal prendere l’acqua. Il servo tornò al paese dopo un paio di giorni, trovò la gente in festa e Giacinto, triste, seduto accanto all’usuraia. La gente mormorava che in quei giorni di festa il giovane avesse speso tanti soldi, offrendo da bere anche a chi non conosceva. Efix, preoccupato, andò da Giacinto ma questi era intento a guardare Grixenda e confidò al servo che intendeva sposarla. Il giorno dopo, la vecchia Pottoi, la nonna di Grixenda, andò da Efix per chiedergli se sapeva che intenzioni avesse Giacinto riguardo alla nipote. Efix le rispose che alla festa Giacinto gli aveva detto che l’avrebbe sposata. La vecchia se ne andò contenta ma Efix però era preoccupato della vita dissoluta che il giovane conduceva: stava spendendo, ma non lavorando. Allora, quando Giacinto il giorno dopo andò al poderetto per prendere il raccolto per le zie, gliene parlò. Il ragazzo gli raccontò la sua storia: era stato impiegato alla dogana e aveva ricevuto soldi da un ricco capitano che doveva fare un pagamento, ma giocò e perse i soldi e poi negò di averli ricevuti. Per tale motivo fu licenziato e per dimenticare iniziò a bere. Si ammalò, non aveva casa né cibo e dormiva per strada. Fu salvato proprio dal capitano che aveva truffato. Questi lo accolse nella sua casa, lo curò e lo trattò come un figlio. Quando Giacinto confidò ai suoi benefattori il desiderio di conoscere le zie, gli regalarono una bicicletta e i soldi necessari per il viaggio. Efix ascoltò la triste storia, poi si addormentarono tutti e due e al risveglio Giacinto non c’era più. Trascorsi un paio di giorni Efix vide don Predu passare vicino al podere e allora gli chiese cosa stesse facendo Giacinto al paese. Questi gli rispose che il giovane giocava e perdeva. Efix si rattristò molto e consegnò a Don Predu un cesto pieno di ortaggi per portarlo alle sue padrone. Il giorno dopo Efix andò in paese e giunto nella casa delle padrone trovò una grande agitazione. Egli pensò che questa agitazione fosse dovuta al fatto di aver mandato il cesto di verdure tramite il cugino, che non era molto stimato, ma subito le dame Pintor lo accusarono di non aver mantenuto la parola data. Gli ricordarono infatti che aveva promesso di intervenire se Giacinto si fosse comportato male, ma invece non aveva impedito che il giovane frequentasse una ragazza non degna di lui. Non aveva nemmeno impedito che Giacinto si facesse prestare soldi dall’usuraia, facendosi firmare le cambiali dal loro parente mal visto don Predu. Efix disse di non sapere nulla di tutto ciò e si recò da Kallina per chiedere spiegazioni. Questa gli confermò che Giacinto le doveva dei soldi e gli mostrò alcune cambiali firmate dalla zia. Efix capì che il giovane aveva falsificato la firma della zia, allora sconcertato rientrò nella sua capanna, dove lo attendeva Giacinto. Il servo gli consigliò di andare a Nuoro a lavorare per pagare i debiti contratti con l’usuraia. Il giovane sembrò accettare il consiglio e si recò nuovamente da Kallina per chiederle in prestito una piccola somma di denaro per partire. Dopo passò a salutare don Predu che era in compagnia di un amico, il Milese. Ma ancora una volta, Giacinto si fece convincere a giocare e perse i soldi. Poi partì e di lui non si ebbero più notizie. Una sera di luglio Noemi era sola in casa quando bussò alla porta Pottoi, la nonna di Grixenda, disperata perché l’amore per Giacinto stava facendo ammalare la nipote. Noemi rassicurò la vecchia Pottoi dicendole che sarebbe andato tutto bene. Ma dopo un po’ sentì nuovamente bussare alla porta: era un uomo inviato da Kallina per riscattare i soldi prestati. Noemi fu sconvolta da questa notizia ma presto giunse in visita don Predu al quale confidò la disgrazia e che cercò di dare conforto alla cugina. Ruth, la più anziana delle dame Pintor, non resse al dolore e morì. Dopo la morte di Ruth, Efix attendeva il ritorno di Giacinto che avrebbe sposato Grixenda e restituito i soldi alle sue padrone, ma il giovane non tornava. Le dame accusarono nuovamente il vecchio di non aver mantenuto la sua parola, così preso dal rimorso, Efix decise di partire per cercare il giovane. S’incamminò per Nuoro, ma giunto a Oliena, non volle proseguire oltre perché pensava agli sbagli commessi; allora si mise a girovagare per il paese e fu lì che lo trovò. Efix rimproverò Giacinto aspramente, ma il giovane ribatté che lui non aveva alcun diritto di parlare perché era un assassino. Allora Efix rispose che era la verità, che effettivamente aveva ucciso lui don Zame, ma era stata una disgrazia, per proteggere Lia che voleva fuggire. Giacinto senza una parola andò via ed Efix ritornò al suo paese. A casa trovò le signorine alquanto invecchiate e per giorni tutti e tre vissero nella speranza che Giacinto tornasse per pagare i debiti, poiché non disponevano più di denaro, nemmeno per pagare il servo. Efix parlò con don Predu, che gli chiese di fare una proposta alle due dame: egli avrebbe acquistato il poderetto e lo avrebbe affidato alle cure del servo. Le dame Pintor stranamente accettarono e da quel momento i loro rapporti con don Predu migliorarono. Passato un po’ di tempo don Predu mandò Efix a chiedere in sposa donna Noemi, ma questa rifiutò la proposta. Efix tentò in tutti i modi di convincerla, ma invano. Nel frattempo morì la vecchia Potatoi, esprimendo come suo ultimo volere il matrimonio della nipote. Allora Efix si recò a Nuoro e trovò Giacinto che lavorava in un mulino, ospitato dal padrone di questo. Efix ricordò al giovane la promessa fatta a Grixenda ma Giacinto gli rispose che non poteva mantenerla poiché non disponeva di denari. Allora Efix ebbe timore di fare ritorno in paese perché avrebbe dovuto dare due brutte notizie: a don Predu che donna Noemi non intendeva sposarlo, e a Grixenda che Giacinto non poteva sposarlo. Efix rimase qualche tempo a Nuoro insieme a Giacinto fino a quando non si recò ad una festa religiosa. Quì vi incontrò un cieco mendicante, al quale era appena morto il suo compagno, e decise di essere la sua guida divenendo a sua volta mendicante. Efix girovagò per tutte le feste e sagre del circondario con il suo compagno Istene. In un paese incontrarono anche altri due mendicanti di cui uno, per ottenere più soldi, si fingeva malato di tumore. Istene, accortosi dell’inganno, urlò a tutti la verità e venne aggredito dal compagno cieco del truffatore. Giunsero i carabinieri che portarono i due litigiosi in prigione. Ad attenderli all’uscita c’era Efix che riprese il suo vagare con due compagni: Istene e il cieco, compagno del finto malato. Una notte però quest’ultimo rubò a Efix la bisaccia delle elemosine e scappò via. Istene lo rimproverò per non aver riconosciuto anche questo truffatore. Alcuni giorni dopo, Efix e Istene lo rincontrarono che chiedeva l’elemosina e il cieco vero da quel momento non volle più proseguire il cammino con Efix ma con il finto invalido. Efix in tal modo si liberò di loro e poté finalmente rientrare al suo paese dove seppe che Giacinto era tornato e aveva chiesto a Grixenda di sposarlo. Apprese anche che Donna Noemi, saputa la notizia, aveva acconsentito alle sue nozze con il cugino don Pedru, a patto che queste si svolgessero prima di quelle di Giacinto. Le buone notizie rallegrarono Efix, che andò dalle sue vecchie padrone. Si accorse che donna Ester era contenta di rivederlo mentre donna Noemi non lo era perché riteneva che Efix avesse riferito a Giacinto della proposta di don Predu. Efix andò per un breve periodo di tempo a lavorare nel poderetto, ma accortosi che stava vivendo gli ultimi giorni di vita, decise di trascorrerli in compagnia delle padrone che aveva umilmente servito per tutta la vita. Efix prima di morire volle liberarsi dal peso che lo aveva oppresso per tutta la vita e perciò confessò al sacerdote che aveva ucciso lui don Zame. Efix morì solo, nella cucina delle sue padrone, il giorno del matrimonio di donna Noemi con don Predu.
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