Lager
[modifica wikitesto]In Italia i primi lager furono costituiti a partire dal 1940. La quasi totalità dei lager italiani furono espressamente voluti dal Ministero dell'Interno italiano. Il numero di persone calcolato nella tabella Stima del numero di internati (medio) non è la stima delle persone che in totale transitarono nei vari lager, ma una media delle persone che erano costantemente presenti in essi (quando il numero è seguito da asterisco, invece, il numero riportato corrisponde effettivamente alla stima approssimativa dei deportati transitati lungo tutto il periodo di apertura del lager).
Nome del campo e Operatività |
Città | Tipo di campo | Tipologia internati | media internati (stima) |
Istituzione e gestione |
---|---|---|---|---|---|
Mamula Giugno 1942 30 giugno 1943 |
Cattaro territorio Croato |
Lager | Civili uomini e donne | 540 | Ministero dell'Interno - - - Colonnello P. Pasquini, Col. P. Rivaria, Col. G. Prolaran |
Zlarino Marzo 1943 15 giugno 1943 |
Zara, territorio Croato |
Lager | rastrellati politici e loro familiari, Civili | 1652* | Ministero dell'Interno - - - Comandante della 173° Sezione Reali Carabinieri della Divisione "Eugenio di Savoia", in seguito il Tenente Colonnello Umberto Ransava |
Melada Giugno 1942 9 settembre 1943 |
Zara, territorio Croato |
Lager | Civili uomini, donne, vecchi e bambini | 2400* | Governatorato Civile della Dalmazia - - - Commissario Leonardo Fantoli, Carlo Sommer |
Colonie di confino
[modifica wikitesto]Nel territorio italiano, per periodi diversi, tra il 1926 ed il 1943, funzionarono circa 262 colonie di confino, collocate per la maggior parte nel Sud Italia. Nel 1931, fu varato da Alfredo Rocco il Regolamento per l'Esecuzione del Testo Unico 18 giugno 1931IX, n.773 delle leggi di Pubblica Sicurezza che doveva regolare le modalità con le quali si inviava quanlcuno al confino. Tale testo prevedeva che potevano essere proposti per il confino coloro i quali risultavano pericolosi per la "sicurezza pubblica o per l'ordine nazionale".
Un qualunque cittadino, di qualunque comune italiano, poteva sporgere una denuncia al Questore di polizia su qualunque cittadino ritenuto dal denunciante pericoloso o potenzialmente pericoloso per la sicurezza pubblica. Il Questore passava la denuncia al Prefetto, il quale rinviava tutto ad una Commissione, la quale interrogava il denunciato e lo invitava a "presentare k discolpe in congrua termine", così da poterne valutare gli addebiti. A questo punto, il denunciato poteva essere mandato al confino tramite ordinanza oppure, qualora la Commissione avesse deciso di non confinare il soggetto, poteva essere diffidato o ammonito dalla Commissione stessa o direttamente dal Questore a cui veniva rinviato il caso.
Nel caso in cui per il soggetto fosse stata decisa la pena del confino, la Commissione mandava al Ministero dell'Interno il fascicolo che lo riguardava con la richiesta di inviarlo in "un comune del Regno diverso dalla residenza abituale, oppure in una colonia di confino" . Ciò significa che un confinato poteva essere inviato in qualunque comune d'Italia, oppure inviato direttamente in una colonia di confino. Quella che segue è una breve lista delle colonie di confino più comunemente note. Il numero di persone calcolato nella tabella Stima del numero di internati (medio) non vuole essere una stima delle persone che in totale transitarono nelle varie colonie, ma una media delle persone che erano costantemente presenti nelle colonie. Si stima, infatti che il numero complessivo delle persone confinate in Italia sia all'incirca pari a 10.000.
Villa Triste
[modifica wikitesto]Fra il 1943 ed il 1945 in Italia furono istituite le famigerate ville tristi, ossia dei luoghi chiusi (a differenza dei campi e delle colonie che avevano un ampio spazio esterno) di tipo carcerario interni alle città. Le ville tristi erano, nella migliore delle ipotesi, una sorta di precampo, ossia un luogo dove interrogare e torturare le persone prima di spedirle al confino o in un lager. Nel peggiore dei casi la villa triste serviva esclusivamente per interrogare, torturare, ridurre alla fame ed uccidere i detenuti. La gestione di queste carceri era affidata sia alla Gestapo (il famigerato „braccio tedesco“) che all’amministrazione italiana.
Altre tipologie di campi
[modifica wikitesto]Esistevano altre tipologie di campi e luoghi di detenzione nell'Italia del ventennio fascista. C'erano i campi di smistamento per il lavoro coatto, gestiti da tedeschi e/o italiani, ossia dei campi in cui venivano portate le persone in attesa di assegnar loro una destinazione definitiva o nell'attesa, qualora la destinazione fosse stata già assegnata ai deportati, di riempire un convoglio di persone con la stessa destinazione. Molti campi di concentramento, come la stessa Risiera di San Sabba e Fossoli, svolsero tra le altre funzioni, anche quella di "ospitare" dei deportati "di passaggio", ossia di transito.
Esistevano anche dei campi di smistamento e di transito per i soldati italiani deportati in Germania come internati militari italiani.
Alla fine della guerra alcuni di questi campi furono utilizzati con altre funzioni; vi furono infatti:
- campi in cui vennero segregati gli ex-soldati dell'Asse in attesa che le autorità italiane o alleate vagliassero i loro casi
- campi di raccolta profughi
- campi di reclusione, come Fraschette di Alatri e Fossoli, nei quali erano rinchiusi i profughi e gli ex-militari accusati di crimini civili (furti, aggressioni, borsa nera, prostituzione, violenze).