Cristo incoronato di spine | |
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Autore | Hendrick ter Brugghen |
Data | 1620 |
Tecnica | olio su tela |
Dimensioni | 207×240 cm |
Ubicazione | Statens Museum for Kunst, Copenaghen |
Cristo incoronato di spine è il soggetto di un dipinto di Hendrick ter Brugghen.
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Il dipinto è firmato e datato (1620) ma si ignora la provenienza della commissione. Benché nessun documento lo attesti è un'ipotesi plausibile, dati il tema e le dimensioni dell'opera, che esso possa essere stato eseguito per la decorazione di una chiesa cattolica clandestina nederlandese (schuilkerk). Cioè la stessa destinazione che si pensa abbiano avuto altre opere di contenuto religioso realizzate da Ter Brugghen[1], a dispetto del fatto che egli fosse presumibilmente di confessione protestante[2].
Invero le misure del dipinto sembrano improbabili per un'opera di devozione privata e ancora più remota (o senz'altro da escludere) appare l'ipotesi che esso fosse destinato all'esposizione in una chiesa riformata, stante la sostanziale iconoclastia di questo movimento religioso: negli anni di più acuto conflitto tra l'incalzante protestantesimo e il cattolicesimo, nei Paesi Bassi vennero distrutte, dai protestanti locali, innumerevoli opere d'arte contenute nelle chiese allora di osservanza romana, in quanto ritenute oggetto di idolatria. Le chiese olandesi - dalle quali il culto cattolico venne quindi bandito - assunsero un aspetto pressoché completamente privo di arredi ed immagini di arte sacra.
L'affremarsi del protestantesimo come religione ufficiale dei Paesi Bassi e la conseguente messa al bando del cattolicesimo non comportarono tuttavia la cessazione di una produzione pittorica destinata alle esigenze cultuali di quanti continuarono a professare il credo ortodosso romano.
La pratica cattolica - che contava ancora un cospicuo numero di adepti - venne, ad Utrecht in particolare, comunque tollerata a patto che non vi fossero manifestazioni e luoghi pubblici di esercizio di questa confessione. Di fatto si consentì che essa fosse professata in abitazioni private in cui erano ricavati spazi per la celebrazione delle funzioni religiose (per l'appunto le schuilkerken). Ambienti che vennero arredati e decorati, per quanto possibile, come le chiese prima che esse fossero spogliate ed adibite al culto riformato. Di qui la domanda di opere d'arte sacra da parte della comunità cattolica, fenomeno che sembra aver coinvolto anche il Ter Brugghen, quantunque, a proposito del quadro danese, in assenza di riscontri documentali, non è possibile affermare con certezza che esso fosse effettivamente collocato in una schuilkerk[3].
Lo stesso tema del dipinto potrebbe essere indice della sua connessione alle tensioni religiose che scuotevano i Paesi Bassi a quel tempo. Il cieco furore col quale da parte protestante furono distrutti gli arredi delle chiese venne equiparato dai cattolici (ma anche da alcuni luterani moderati) ad una sorta di riedizione metaforica della Passione di Cristo. E proprio i soggetti iconografici, ricorrenti nelle schuilkerken, in cui il Signore è tormentato e denigrato dai suoi carnefici - tra i quali per l'appunto l'incoronazione di spine - assursero a simbolo di questa seconda passione, stoltamente inflitta alle immagini sacre. Più in generale, simili scene della Passione, dove è sottolineato il dolore causato dalla persecuzione, vennero utilizzate da parte dei cattolici olandesi come allegoria della situazione che essi si trovarono a vivere in seguito al divieto del libero esercizio del loro credo[4].
Con la Vocazione di san Matteo del Centraal Museum di Utrecht (1621), l'incoronazione di Copenaghen è la sola altra opera di Ter Brugghen avente data certa che si conosca.
La tela è documentata in Danimarca dal 1755.
Descrizione e stile
[modifica | modifica wikitesto]La scena è ambientata sotto un porticato: alle spalle di Cristo vediamo un'imponente colonna scanalata e in sfondo a destra un bassorilievo di gusto classico. In primo piano vi è Gesù seduto su blocco di pietra, abbigliato con la veste scarlatta - fulcro coloristico - che per scherno gli fu fatta indossare dopo la flagellazione.
Attorno al Signore gli aguzzini sono intenti chi ad incoronarlo di spine, azione ad un tempo denigratoria e violenta, chi a deriderlo. Ter Brugghen in effetti ha qui sintetizzato in un'unica composizione due momenti distinti (per l'appunto l'incoronazione e la derisione) che spesso in pittura si trovano isolatamente raffigurati.
I due sgherri in piedi infiggono con forza la corona avvalendosi di bastoni: si vede la copiosa emorragia causata da questa azione brutale. Quello al centro, di cui si scorge il volto, ha un'espressione di compiaciuta malvagità. Il vecchio aguzzino in ginocchio in primo piano porge a Gesù una canna, ingiurioso scettro da abbinare alla corona, mentre il giovane al centro gli rivolge una smorfia volgare.
Nella parte in primo piano, dedicata al tormento del Signore, si coglie l'influsso sul Ter Brugghen della pittura di Caravaggio. Maestro che l'artista olandese ebbe modo di studiare, rimanendone profondamente e duraturamente influenzato, negli anni che trascorse in Italia e segnatamente a Roma[5].
Più cose in questa parte del quadro di Copenaghen rimandano all'esempio del Merisi: il sadismo dei manigoldi, il loro abbigliamento contemporaneo, il naturalismo con il quale essi sono resi sulla tela - i piedi nudi e callosi, le vesti sporche e lacere, i denti marci del vecchio -, ed infine il chiaroscuro (sia pure non particolarmente gagliardo).
In secondo piano, ai lati, vi sono due gruppi di astanti. Tra essi i personaggi in maggior risalto sono i due, nella parte destra, che vediamo a figura intera, mentre si fronteggiano. L'uomo più a destra, in ricchissimo manto di broccato giallo e rosso ed inturbantato, ha in mano un bastone segno di comando: con ogni probabilità è Pilato. Il vecchio che gli sta davanti è verosimilmente Caifa: tra loro vi è un muto dialogo fatto di sguardi ed espressioni durante il quale il sommo sacerdote manifesta al titubante governatore romano la sua inflessibilità circa la necessità di crocifiggere il Nazareno[6].
Pur permeato di caravaggismo il dipinto del Ter Brugghen mostra evidenti debiti nei confronti dell'arte grafica di due grandi incisori del Cinquecento nordico, quali Luca da Leida e il sommo Dürer[6].
Varie stampe di questi maestri sono indicate quali precedenti qui attentamente studiati e ripresi dal pittore olandese[6].
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Luca da Leida, Incoronazione di spine, 1509
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Luca da Leida, Incoronazione di spine, 1519
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Albrecht Dürer, Incoronazione di spine, 1509-1510
Il richiamo arcaizzante agli esempi di Dürer e di Luca da Leida potrebbe essere spiegato proprio con la presumibile appartenenza cattolica della committenza di questa ed altre opere di contenuto religioso del Ter Brugghen. In questi quadri, idealmente destinati a rimpiazzare quelli più antichi andati distrutti a causa del furore iconoclasta protestante, si rende omaggio ai vecchi dipinti drammaticamente perduti. Fornendo così ai cattolici composizioni che riecheggiano le opere un tempo venerate nelle loro chiese[7].
Del resto, a proposito di uno dei dipinti di Ter Brugghen più indicativi della sua tendenza alla rievocazione dell'arte del passato, cioè la crocifissione del Metropolitan Museum - riproposizione dei modi di Matthias Grünewald - si è ipotizzato che esso possa essere il rifacimento, pur attualizzato, di un'opera del secolo precedente andata distrutta. Anche questa tela peraltro è ritenuta il prodotto di una commissione cattolica[8].
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Sulla matrice cattolica della produzione religiosa di Ter Brugghen vedasi Benedict Nicolson, Hendrick Terbrugghen, Londra, 1958.
- ^ In verità su questo dato biografico non vi sono certezze e in effetti in passato, proprio sulla base dell'analisi della sua produzione pittorica religiosa, si è pensato che Ter Brugghen fosse cattolico. La successiva scoperta del fatto che i suoi figli siano stati battezzati in chiese protestanti ha fatto viceversa propendere per la conclusione che egli fosse di fede riformata. La stessa cosa farebbe pensare la circostanza che Ter Brugghen non risulti mai censito negli stati d'anime parrocchiali di Roma, dove pure si ritiene certo che egli abbia soggiornato per alcuni anni.
- ^ Ipotesi alternativa è che questa tela possa essere stata destinata ad una chiesa sita fuori dai Paesi Bassi del Nord (il cattolico Sud?).
- ^ Per la diffusione di queste immagini nelle chiese clandestine olandesi vedasi Diva Gabrielle Zumaya, "We are bent, not broken by the waves": Clandestine Devotion and Community Perseverance in Seventeenth-Century Dutch Catholic Visual Culture, tesi di Phd, Università della California, Santa Barbara, 2018.
- ^ Natasha Seaman, The Religious Paintings of Hendrick ter Brugghen: Reinventing Christian Painting after the Reformation in Utrecht, Farnham, 2012, p. 103.
- ^ a b c Paul van Kooij, Ter Brugghen, Dürer and Lucas van Leyden, in Hoogsteder-Naumann Mercury, 5, 1987, pp. 11-19.
- ^ Da ultimo è stata proposta un'altra lettura dell'arcaismo di Ter Brugghen (tesi formulata da Natasha Seaman nel volume The Religious Paintings of Hendrick ter Brugghen: Reinventing Christian Painting after the Reformation in Utrecht, del 2012). L'assunto di fondo è che la committenza dei dipinti anchizzanti del maestro di Utrecht potrebbe non essere né cattolica né, ovviamente, protestante, ma provenire da appartenenti al movimento dei libertini (ipotizzando che lo stesso artista nutrisse simpatie per questa corrente di pensiero). Cioè cristiani che sull'onda della Riforma abbandonarono il cattolicesimo ma non si riconobbero in nessuna delle chiese protestanti. In questa chiave l'arcaismo di Ter Brugghen sarebbe piuttosto teso ad evitare che il dipinto perda la sua materialità: il quadro è e resta un oggetto che si dichiara come tale e ciò che vi è dipinto non può e non deve essere confuso con la realtà dell'evento raffiguratovi. Si tratterebbe, in estrema sintesi, di un compromesso tra la fanatica iconoclastia protestante e un eccesso di realismo dell'arte sacra, favorito dalla Controriforma cattolica, che, confondendo il riguardante tra ciò che è finzione e ciò che è realtà, potrebbe sconfinare in un illecito culto delle immagini. Cfr., Xander van Eck, Review of The Religious Paintings of Hendrick ter Brugghen. Reinventing Christian Painting after the reformation in Utrecht, by Natasha Seaman, in The Burlington Magazine, Vol. 155, 2013, pp. 101-102.
- ^ Walter Liedtke, Dutch Paintings in The Metropolitan Museum of Art, New York, Vol. 1, p. 118.