Confine tra il Sudan e il Sudan del Sud | |
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Localizzazione del Sudan (in arancione) e del Sudan del Sud (in verde) | |
Dati generali | |
Stati | Sudan Sudan del Sud |
Lunghezza | 2158 km |
Dati storici | |
Istituito nel | 2005 |
Causa istituzione | Accordo di Naivasha |
Attuale dal | 2011 |
Causa tracciato attuale | Indipendenza del Sudan del Sud |
Il confine tra il Sudan e il Sudan del Sud ha una lunghezza di 2158 km e va dal triplice confine con la Repubblica Centrafricana a ovest, fino al triplice confine con l'Etiopia a est.[1]
Geografia
[modifica | modifica wikitesto]Il confine tocca quattro governatorati del Sudan del Sud (Bahr al-Ghazal Occidentale, Bahr al-Ghazal Settentrionale, Warrap, Unità e Alto Nilo) e cinque stati del Sudan (Darfur Meridionale, Kordofan Meridionale, Nilo Bianco, Sennar e Nilo Azzurro).
Storia
[modifica | modifica wikitesto]La linea di demarcazione tra i due paesi rappresentava un confine amministrativo interno del Sudan fino all'indipendenza del Sudan del Sud e si rifà alla delimitazione stabilità al 1º gennaio 1956, data dell'indipendenza del Sudan dalla Gran Bretagna[2]. L'area dell'odierno Sudan del Sud corrispondeva alle tre province storiche del Sudan anglo-egiziano: Bahr el-Ghazal, Equatoria e Alto Nilo. Durante questo periodo furono costruiti nelle prime fasi i confini provinciali senza alcuna consapevolezza delle tipicità geografiche e demografiche del territorio[3]. Dagli anni '20 in poi, la Gran Bretagna amministrò il Sudan utilizzando i capi tribali locali e la base del dominio indiretto coloniale si caratterizzava nel richiedere ai membri di una particolare tribù di vivere esclusivamente all'interno di un territorio tribale riservato[3]. Di conseguenza, i gruppi etnici sudsudanesi vivevano solo nei territori a loro riservati e non potevano migrare in altre parti del condominio. L'amministrazione nativa, basata sulla legge tradizionale, stabilì una divisione di fatto tra le popolazioni musulmane e non musulmane. Pertanto a partire dagli anni '50 le forze ribelli sudsudanesi rivendicarono una maggiore autonomia e rappresentanza, basandosi sulla diversità etnica e culturale fra il nord, arabo e musulmano, e il sud, a maggioranza cristiano-animista[4].
Dopo l'indipendenza del Sudan e la prima guerra civile sudanese, venne costituita nel 1972 la regione autonoma del Sudan del Sud, che fu poi abolita nel 1983. Di conseguenza scoppiò la seconda guerra civile sudanese, che si concluse con l'accordo di Naivasha del 2005 che ha concesso ai dieci stati del Sudan del Sud l'autonomia politica all'interno della Repubblica del Sudan. Questa autonomia ha poi portato alla piena indipendenza del Sudan del Sud approvata tramite un referendum nel 2011.
Dispute territoriali
[modifica | modifica wikitesto]Lungo il confine ci sono i seguenti contenziosi:
- Abyei, dal 31 agosto 2008 sotto amministrazione congiunta Sudan-Sudan del Sud tramite l'Abyei Area Administration[5].
- Heglig, tuttora amministrata dal Sudan.
- Kafia Kingi, tuttora amministrata dal Sudan.
- Jodha, tuttora amministrata dal Sudan del Sud.
- Kaka, tuttora amministrata dal Sudan del Sud.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Africa :: South Sudan — The World Factbook - Central Intelligence Agency, su cia.gov. URL consultato il 23 ottobre 2020 (archiviato dall'url originale il 24 aprile 2020).
- ^ Field Listing :: Disputes - international — The World Factbook - Central Intelligence Agency, su cia.gov. URL consultato il 23 ottobre 2020 (archiviato dall'url originale il 16 ottobre 2020).
- ^ a b (EN) Katerina Rudincova, When Colonial Borders Still Matter: The Emergence of South Sudan (PDF), su researchgate.net.
- ^ Sud Sudan in "Atlante Geopolitico", su treccani.it. URL consultato il 23 ottobre 2020.
- ^ Sudan army claims SPLA launched deadly attack in Abyei - Sudan Tribune: Plural news and views on Sudan, su web.archive.org, 30 agosto 2011. URL consultato il 21 settembre 2020 (archiviato dall'url originale il 30 agosto 2011).
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Il Sudan Meridionale a un anno dall'indipendenza (PDF), su parlamento.it.