Chiesa di Santa Caterina d'Alessandria | |
---|---|
Stato | Italia |
Regione | Campania |
Località | Santa Caterina (Scala) |
Coordinate | 40°39′36.05″N 14°36′17.32″E |
Religione | cattolica di rito romano |
Titolare | Caterina d'Alessandria |
Stile architettonico | barocco e bizantino |
La chiesa di Santa Caterina d'Alessandria è una chiesa ubicata a Scala, nella frazione di Santa Caterina.
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Della chiesa non si conosce la precisa data di edificazione: secondo alcuni studiosi, visto il suo impianto bizantino, potrebbe essere stata costruita in un'epoca precedente al X secolo mentre, secondo altri, sarebbe stata costruita dalla famiglia dei D'Afflitto come ex voto per aver partecipato alle Crociate tra il XIII e il XIV secolo, imitando l'architettura orientale[1].
Nel 1619 venne realizzato con pezzi di marmo di spoglio il battistero, segno che la chiesa fosse anche parrocchia; tra il 1617 e il 1623 venne demolito l'ambone in stucco per volere del vescovo Michele Bonsio. Nel XVII il portico esterno fu restaurato in quanto pericolante, anche se durante i lavori andarono persi gli affreschi che lo decoravano: ne rimane comunque testimonianza da una descrizione redatta dal notaio De Pino tramite un atto giuridico. Tra il XVIII e il XIX secolo fu restaurata in stile barocco: nel 1800 il portico esterno crollò, non venendo più ricostruito[1].
Nel 1921 vennero ritoccati gli stucchi, nel 1980 si ebbe l'adeguamento liturgico dell'altare maggiore e nel 1986 venne soppressa la parrocchia per essere unita a quella di San Lorenzo. Altri lavori di restauro si ebbero tra il 2011 e il 2012 e riguardarono principalmente il consolidamento della facciata e della cupola e il rifacimento della pavimentazione[1].
Descrizione
[modifica | modifica wikitesto]La chiesa, preceduta da un sagrato, presenta una facciata irregolare, tinteggiata in bianco: la zona inferiore è caratterizzata al centro da un arco a tutto sesto che incornicia l'unico portale d'ingresso in legno, mentre la parte superiore, divisa da quella sottostante tramite una serie di tegole in cotto, ha, nella parte sinistra, uno spiovente e una finestra quadrata, quella centrale è a capanna, con un oculo ovoidale, mentre la parte destra corrisponde al campanile. Sul lato destro si nota parte della parete della sacrestia[1].
Internamente ha un impianto tipico dell'architettura bizantina, mentre lo stile è barocco[2]; è a tre navate: quella centrale è divisa dalle due laterali tramite tre colonne di spoglio in marmo[3], ognuna con capitelli diversi[4]. Le colonne reggono gli archi a tutto sesto sul quale poggia la parete superiore che sorregge a sua volta la volta a crociera sia della navata centrale che di quelle laterali; al centro della navata centrale è la cupola a sesto ribassato[1]. Le tre navate terminano con un'abside con copertura a catino; in quella centrale è posto il presbiterio: sull'altare maggiore, sollevato tramite due scalini, è posta la statua lignea di Santa Caterina d'Alessandria, una delle protettrici di Scala[2], e ai lati due quadri, uno raffigurante Santa Lucia, l'altro Sant'Agnello[3]. Dall'ultima campata della navata destra si accede alla sacrestia: si tratta di un ambiente rettangolare con copertura a padiglione[1].
Il primo livello del campanile corrisponde alla parte bassa della facciata, il secondo e il terzo livello sono a pianta quadrata, uno con una finestra circolare, l'altro con una monofora, mentre l'ultimo livello è una torretta a base cilindrica con otto monofore cieche e cupola a forma di cono: i livelli sono divisi tra loro tramite tegole in cotto[1].
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b c d e f g Chiesa di Santa Caterina, su beweb.chiesacattolica.it, 19 maggio 2022. URL consultato il 9 maggio 2023.
- ^ a b La contrada di Santa Caterina, su discoverscala.com. URL consultato il 9 maggio 2023.
- ^ a b Le contrade, su web.tiscali.it. URL consultato il 9 maggio 2023.
- ^ Touring, p. 633.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Touring Club Italiano, Guida d'Italia - Napoli e dintorni, Milano, Touring Club Editore, 2008, ISBN 978-88-365-3893-5.