Chiesa di Sant'Angelo de Miccinellis | |
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La chiesa (indicata dal numero 107) nella mappa di Roma di Giovanni Battista Falda (1676) | |
Stato | Italia |
Regione | Lazio |
Località | Roma |
Coordinate | 41°53′58.2″N 12°28′04.1″E |
Religione | cattolica di rito romano |
Titolare | Michele (arcangelo), Giuliano l'ospitaliere |
Architetto | Giuseppe Valadier |
Stile architettonico | neoclassico |
Inizio costruzione | XII secolo circa |
Completamento | 1822 |
Demolizione | 1940 |
La chiesa di Sant'Angelo de Miccinellis, anche nota con i nomi Sant'Angelo de Reniczo[1] e San Giuliano in Banchi,[2] era una chiesa di Roma che si trovava lungo la via dei Banchi Nuovi (n. 21), nel rione Ponte. Era dedicata a san Michele Arcangelo e, in seguito, a san Giuliano l'Ospitaliere.[3] Gli epiteti "Miccinellis" e "Reniczo" si riferiscono alle famiglie nobili che vivevano nell'area.[4][5]
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Questa chiesa fu innalzata probabilmente nel dodicesimo secolo, e la sua prima menzione documentata, con il nome Sant'Angeli a Domo Egidii de Poco, compare in una bolla promulgata nel 1186 dal papa Urbano III. Questa bolla elenca le chiese sussidiarie della chiesa parrocchiale di San Lorenzo in Damaso.[1][4] Nel 1218, il papa Onorio III della famiglia Savelli (sul soglio pontificio dal 1216 al 1227) l'assegnò alla parrocchia della chiesa vicina dei Santi Celso e Giuliano, assieme a quelle di San Pantaleo iuxta Flumen e San Salvatore de Inversis.[1][6] La chiesa viene menzionata anche nel catalogo Parigino (1230 circa) come S. Angelus de Tenuco,[7] nel catalogo di Torino (1320 circa) come Ecclesia Sancti Angeli[8] e nel catalogo del Signorili (1425 circa) come Sci. Angeli de Rinczo.[9]
Nel 1472, quando l'edificio era già abbastanza fatiscente, la struttura passò al collegio del Cursori, Messi e Corrieri Pontifici. Il papa Adriano VI (pontefice dal 1522 al 1523) restaurò la chiesa e la concesse alla Confraternita di San Giuliano, che era stata fondata nella chiesa di Santa Cecilia a Monte Giordano agli inizi del sedicesimo secolo. Prima del Giubileo del 1525, la confraternita restaurò la facciata della chiesa. Tra il 1818 e il 1822, la chiesa fu ricostruita in stile neoclassico basandosi sui disegni dell'architetto Giuseppe Valadier.[10] Oltre all'altare maggiore, la chiesa possedeva due altari laterali su ciascun lato della navata. La chiesa era ancora in piedi ai tempi di Mariano Armellini[3] e di Christian Hülsen,[1] ma venne demolita tra il 1939 e il 1940.[4] Al suo posto venne eretto un edificio residenziale.
Note
[modifica | modifica wikitesto]Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Mariano Armellini, Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX, Roma, Tipografia Vaticana, 1891.
- Christian Hülsen, Le chiese di Roma nel medio evo, Firenze, Leo S. Olschki, 1927.
- Elisa Debenedetti, Valadier: segno e architettura: calcografia, 15 novembre 1985/15 gennaio 1986: catalogo, Roma, Multigrafica, 1985.
- Licia Marti, «Santi Celso e Giuliano» in Roma Sacra: guida alle chiese della città eterna, Roma, Cosmofilm (11), dicembre 1997, pp. 22–25.
- Ferruccio Lombardi, Roma: le chiese scomparse: la memoria storica della città, seconda edizione, Roma, Fratelli Palombi Editori, 1998, ISBN 88-7621-069-5.
- Antonio Nibby, Roma nell'anno MDCCCXXXVIII, Parte terza, Roma, Tipografia delle Belle Arti, 1839.
- Massimo Pautrier, I Santi delle Chiese medievali di Roma (IV–XIV secolo), Roma, 2013.
Altri progetti
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