Casa al n.25 bis di rue Franklin | |
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Localizzazione | |
Stato | Francia |
Regione | Parigi |
Indirizzo | 25 Rue Benjamin Franklin, 75016 Paris, Francia |
Coordinate | 48°51′38.56″N 2°17′09.11″E |
Informazioni generali | |
Condizioni | In uso |
Costruzione | 1903-1905 |
Realizzazione | |
Architetto | Auguste Perret, Gustave Perret e Alexandre Bigot |
La casa al n.25 bis di rue Franklin è un edificio residenziale plurifamiliare ubicato a Parigi e progettato nel 1903-1904 dagli architetti francesi Gustave e Auguste Perret.
Descrizione
[modifica | modifica wikitesto]Il fabbricato si inserisce in un lotto di piccole dimensioni, delimitato lateralmente da due muri ciechi e situato lungo la rue Franklin, a poca distanza da Trocadéro, nel XVI arrondissement di Parigi. Per far fronte ai vincolanti limiti imposti dal lotto, i fratelli Perret decisero di ricorrere alla tecnologia del cemento armato: si trattava di un materiale costruttivo all’epoca ancora sperimentale – il primo edificio interamente in cemento era stato realizzato solo quattro anni prima, nel 1899, da François Hennebique – ma che, malgrado il suo costo ancora elevato, comportava numerosi vantaggi, fra i quali quello di ottenere una maggiore altezza fabbricabile, nonché una spazialità interna più libera.[1]
Per ovviare alle limitate dimensioni del lotto, dunque, i Perret predisposero una struttura in cemento armato articolata intorno a una pianta a U, con la corte di 12 m2 – tradizionalmente interna – collocata in facciata, lungo il ciglio stradale. Questa scelta planimetrica consente di dotare ciascun appartamento di un’ampia visuale su Parigi. L’edificio si compone di dieci piani: al piano terra trovano collocazione gli uffici, tra cui la sede stessa dello studio di progettazione di Perret, che si interfaccia con rue Franklin tramite ampie vetrate. Il retro ospita la scala di servizio, l’ascensore e la scala principale, ed è interamente vetrato con mattonelle esagonali a nido d’ape, lasciando intravedere così la struttura. I piani superiori ospitano le varie unità abitative: fulcro distributivo degli appartamenti è il salone, fiancheggiato lateralmente da una sala da pranzo e da una camera da letto. Nei corpi aggettanti si aprono due boudoir, mentre la cucina e i servizi igienici sono collocati in ambiti più privati, rispettivamente lungo il muro cieco e sul tergo dell’edificio. L’adozione di uno scheletro in cemento armato consente, come già accennato, di adottare un plan libre dove le tramezze e le murature sono fortemente razionalizzate, se non spesso soppresse. Rovesciando la gerarchia delle residenze parigine, infine, il piano nobile è collocato all’ultimo livello, in un toit terrasse dove poter contemplare la Senna e il paesaggio urbano di Parigi. Come riporta Auguste Perret, che andrà ad abitare in uno degli appartamenti dell’immobile, “di giorno si possono vedere le gradinate di Longchamp e il traguardo […] e scoprire anche Saint-Cloud, Mont Valérien, l’acquedotto di Marly e il castello di Saint Germain”.
Come metodo di controllo dei rapporti tra le parti, sia in prospetto che in facciata, Perret ricorre a tracciati proporzionali e geometrici, riallacciandosi in questo modo al tema del classico, ma esprimendolo attraverso i nuovi materiali costruttivi della contemporaneità. La facciata principale presenta così un’impaginazione equilibrata e razionale, ma dinamizzata dall’emergenza dei due corpi laterali. Se, inoltre, nel prospetto sul retro risulta leggibile l’ossatura strutturale, sulla facciata principale i pochi muri non finestrati sono rivestiti da pannelli ceramici realizzati da Alexandre Bigot (1862-1927) ornati con carnosi disegni floreali, memori della lezione dell'art Nouveau.[2] Questa scelta di rivestimento è da ricondurre sia a motivazioni funzionali, così da proteggere il cemento armato sottostante, che di ordine ornamentale e simbolico. Con l’applicazione delle mattonelle laddove non vi erano pilastri bensì setti continui, infatti, Perret per motivi tradizionali, Perret mise motivi floreali per nascondere gran parte del cemento armato, perché troppo innovativo per l'epoca "A quel tempo, pensavamo che fosse necessario un rivestimento per la corretta conservazione dei ferri; le abbiamo quindi ricoperte di arenaria fiammata, che abbiamo ritenuto all'epoca il materiale indicato" veva la possibilità di trasfigurarli riconducendoli idealmente a una struttura a scheletro (la charpente). Si manifesta, dunque, la volontà di non applicare in maniera acritica una tecnica costruttiva, bensì di dare vita a un organismo architettonico che, attraverso i suoi vari componenti – la struttura, il rivestimento – è debitamente ispirata ai principi propri di questa disciplina.[1]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b Biraghi.
- ^ (FR) L’immeuble 25 bis Rue Franklin (PDF), su citedelarchitecture.fr, Cité de l'architecture.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Manfredo Tafuri, Francesco Dal Co, Architettura contemporanea, Milano, Electa, 1992, ISBN 88-435-2463-1.
- Marco Biraghi, Storia dell'architettura contemporanea, collana Piccola biblioteca Einaudi, vol. 1, Torino, Einaudi, 2008, ISBN 978-88-06-18697-5.
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