Carmelo Costanzo (Catania, 1923 – Catania, 10 aprile 1990) è stato un imprenditore italiano.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Il 2 giugno del 1969 fu nominato a Roma Cavaliere dell'Ordine al Merito del Lavoro dal Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat.[1]
Morì in una clinica privata all'età di 66 anni, a seguito di un infarto al miocardio che lo colse durante la notte tra il 9 e il 10 aprile 1990. I funerali si svolsero il giorno seguente al Santuario della Madonna del Carmine, di cui Costanzo era devoto[2].
Attività imprenditoriale
[modifica | modifica wikitesto]La "Fratelli Costanzo S.p.A."
[modifica | modifica wikitesto]Ritornato dalla Seconda guerra mondiale, insieme al fratello Pasquale, detto Gino, ereditò dal padre l'impresa fondata nel 1877 dal nonno, la "Fratelli Costanzo". La sua attività si concentrava nell'edilizia, nell'industria e nell'agricoltura[2].
L'impresa edile, con uno stabilimento a Misterbianco, produceva prefabbricati pesanti in calcestruzzo per uso autostradale, ferroviario, marittimo e civile, nonché interi edifici industriali, commerciali e per uso civile, impianti di potabilizzazione, sistemazione agraria e forestale, opere speciali in cemento armato e villaggi turistici, quali La Perla Jonica[3]. Tra le numerose opere pubbliche realizzate dal Gruppo, il Ponte Costanzo, con i suoi 168 m d'altezza è stato per diversi anni il ponte più alto d'Europa. Altre importanti opere pubbliche realizzate dalla ditta Costanzo furono lo Stadio Angelo Massimino, l'Aeroporto di Fontanarossa, l'aula-bunker del carcere Bicocca a Catania, l'Aeroporto di Sigonella, l'Aeroporto di Trapani-Birgi e, in società con Graci e Rendo, quello di Pantelleria.[4][5] L'impresa ebbe anche affidata la costruzione dei palazzi destinati all'edilizia popolare nei quartieri Monte Po, Villaggio Sant'Agata e Librino.[4]
Nel giro di pochi anni, grazie alla gestione di Carmelo e Gino Costanzo (a cui si affiancarono anche i figli[2]), l'azienda diventò un vero e proprio gruppo, diversificando le attività, aprendo cantieri in Venezuela, acquistò centinaia di ettari di terreno, alberghi, partecipazioni editoriali (nel Giornale di Sicilia) e nella grande distribuzione, migliaia di appartamenti, una ventina di società edili[6].
Partecipazioni ad opere pubbliche
[modifica | modifica wikitesto]Durante gli ultimi dieci anni della sua vita, l'impresa attraversò un periodo segnato da molte vicende negative. Dalle polemiche riguardo al Palazzo dei Congressi di Palermo alle dichiarazioni di Antonino Calderone, il gruppo, impegnato in un mercato assai difficile come quello delle opere pubbliche, pagò fortemente questa crisi.
Valgono per tutti come esempio, i casi dello Stadio Giuseppe Meazza (detto di San Siro) di Milano, gara che vide l'assegnazione dell'opera ad un'altra impresa, malgrado, secondo le dichiarazioni dello stesso Costanzo, l'impresa da lui guidata avesse presentato un'offerta inferiore[7]. Infine, il caso dell'ospedale Garibaldi[8], della metà degli anni novanta, quando Carmelo Costanzo era già defunto, riguardante tangenti pagate a politici per provocare la sottrazione dell'appalto all'azienda vincitrice (la Fratelli Costanzo). La sentenza della prima sezione penale del Tribunale di Catania, pur escludendo il concorso esterno in associazione mafiosa per gli imputati (tra cui Pino Firrarello di Forza Italia, accusato di corruzione e turbativa d'asta e Nuccio Cusumano dell'Udeur, accusato di turbativa d'asta) ha emesso undici condanne e otto assoluzioni. Nella requisitoria, il pm Francesco Puleio ha parlato di «Atti irregolari e illegali che hanno danneggiato irrimediabilmente la Fratelli Costanzo, con gravi ricadute occupazionali in città, e che hanno arrecato un gravissimo danno economico e sociale a Catania che per avere un ospedale ha speso il doppio del previsto e il nosocomio è stato inaugurato con sette anni di ritardo».
Altre attività
[modifica | modifica wikitesto]Deteneva un buon pacchetto di azioni in una delle più diffuse emittenti televisive private dell'epoca, Telejonica, e fu presidente e maggiore azionista della Banca Popolare[9][4].
Costanzo imprenditore
[modifica | modifica wikitesto]Davide Banfo de La Repubblica lo ha descritto come un imprenditore «vecchio stampo», sempre presente nella sua azienda. Il suo rapporto con gli impiegati era molto stretto, basato sulla fiducia. Alla notizia della sua morte, Antonio Mauri, presidente dell'Associazione industriali di Catania, ed Enzo Bianco, sindaco, rilasciarono queste dichiarazioni:
«Con lui scompare una delle espressioni imprenditoriali più vive di questa città, una delle poche in grado di suscitare attenzione ed interesse non solo in Sicilia.»
«Carmelo Costanzo è stato nel bene e nel male uno dei protagonisti dell'imponente crescita della Catania postbellica. Al dinamismo e alla fantasia s'è unita una concezione vecchia dell'imprenditorialità che certo ha pesato nello sviluppo aggrovigliato della città anche per le note responsabilità della classe politica catanese. Negli ultimi tempi Carmelo Costanzo, scosso dai sospetti in cui è rimasto coinvolto, aveva radicalmente mutato atteggiamento: per quello che mi concerne direttamente posso affermare che durante la mia sindacatura i rapporti tra il gruppo Costanzo e il Comune sono stati improntati alla massima correttezza.»
La descrizione di Fava
[modifica | modifica wikitesto]Secondo il giornalista e scrittore Giuseppe Fava, Costanzo era uno dei cavalieri dell'apocalisse mafiosa. In un articolo del gennaio 1983 sulla rivista I Siciliani lo descrive come un uomo prepotente, «massiccio e sprezzante», «l'unico catanese che abbia osato pretendere ed ottenere un gigantesco appalto a Palermo»[9]. Nella ricostruzione di Fava, i quattro cavalieri avevano pattuito con i vertici di Cosa Nostra una sorta di pace interessata: i cantieri edili proseguivano la loro attività senza timore di ritorsioni (dietro pagamento di pizzo), mentre la mafia si concentrava sul traffico di droga. Esattamente dello stesso avviso era Carlo Alberto dalla Chiesa, il quale, in merito al nuovo policentrismo mafioso rispetto al vecchio stile dei tempi di Liggio, affermò - in un'intervista (l'ultima della sua vita) - che rilasciò a Giorgio Bocca: «Con il consenso della Mafia palermitana, le quattro maggiori imprese edili catanesi oggi lavorano a Palermo».[10]
Il 5 gennaio 1984, un anno dopo la pubblicazione dell'articolo, e dopo vari tentativi dei Cavalieri del Lavoro Graci e Rendo di acquistare la rivista, nonché una parallela ma indipendente proposta di Salvo Andò (che invitò Fava a dedicarsi ad un'emittente televisiva)[11][12], Giuseppe Fava venne ucciso da dei membri del clan mafioso dei Santapaola.
I rapporti con Minore
[modifica | modifica wikitesto]«Tra me e Minore c'è un'amicizia di lunga data, i nostri padri si conoscevano.»
Lo stesso Costanzo ammise di avere intrattenuto rapporti con il mafioso Totò Minore, boss di Trapani[13][14], che secondo alcuni lo aiutò nella costruzione di un quartiere di case popolari e, dicono, portò a termine delle intimidazioni per l'acquisto di almeno un terreno[15].
Il Palazzo dei Congressi
[modifica | modifica wikitesto]Nel 1981 la gara d'appalto del Palazzo dei Congressi di Palermo vide in lizza quattro noti imprenditori: Cassina, Tosi (palermitani), Salamone (agrigentino) e il catanese Costanzo. Vinse quest'ultimo, presentando un'offerta svantaggiosa sotto certi aspetti e vantaggiosa per altri, come i costi dei materiali, che Costanzo stesso avrebbe fornito grazie ai lavori che l'impresa svolgeva nella sede di Misterbianco. Tosi ricorse al TAR e se ne parlò anche all'Assemblea Regionale Siciliana: tutto sembrava a posto.
Rocco Chinnici e Paolo Borsellino si interessano al caso, ritenuto poco chiaro, ipotizzando che proprio per l'opposizione alla vincita di Costanzo fosse stato ucciso Pio La Torre[16] e mandano la Guardia di Finanza ad arrestare Costanzo, che scelse la latitanza, rifacendosi vivo solo qualche settimana dopo in una clinica, poco prima di essere assolto.[6]
Una breve tregua fino al dossier del questore Rossi, che riguardava oltre a Costanzo anche i cavalieri Graci e Rendo, che si concluse con un'altra archiviazione, per mancanza di prove come nel precedente caso.
Il processo per associazione mafiosa
[modifica | modifica wikitesto]Finito nel 1988 tra gli inquisiti in seguito alle dichiarazioni di Antonino Calderone a Giovanni Falcone (che fu travolto da uno scandalo: il consigliere Antonino Meli lo accusò di aver favorito Costanzo per la loro amicizia e ne chiuse il pool antimafia), nel 1991 è stato prosciolto con Gaetano Graci dall'accusa di associazione mafiosa, la conclusione del giudice: "Sono stati costretti ad accettare la protezione delle cosche" trovatisi quindi ad agire in stato di necessità[17][18][19]. Malgrado si fossero evidenziate delle strette relazioni con Angelo Siino, Stefano Bontate, Nitto Santapaola e il suo clan[20][21], il pool non riuscì a far condannare Costanzo.[senza fonte]
Numerose informazioni relative alle attività illecite di Costanzo, principalmente legate ai metodi con cui i Costanzo "ringraziavano" i boss Giuseppe ed Antonino Calderone per la protezione garantita vennero rivelate da quest'ultimo quando Costanzo era ormai stato prosciolto e sarebbe morto pochi mesi dopo; in particolare vi sono ampi fascicoli relativi ai rapporti che il fratello di Carmelo, Pasquale (detto Gino), intratteneva con Giuseppe Calderone, della tenuta di caccia in pieno Parco dell'Etna che i Calderone misero a disposizione degli uomini d'onore e delle riunioni tra boss mafiosi che si tenevano all'interno degli uffici della "Fratelli Costanzo", la notte, alle quali parteciparono anche personalità del calibro di Santapaola.[20][22]
Ulteriori rapporti Costanzo intratteneva anche con il boss di Riesi, Giuseppe Di Cristina.[6]
Riguardo all'omicidio di Sicali, compiuto dalla mafia, i giudici assolsero tutti gli imputati protagonisti della vicenda, compreso il mafioso Nitto Santapaola e l'altro cavaliere Gaetano Graci per insufficienza di prove. Nelle dichiarazioni del pentito Salvatore Castelli, risulta che dopo il processo Santapaola festeggiò l'assoluzione nella tenuta di Misterbianco di Graci e che alle celebrazioni era presente anche Costanzo.[23]
Queste affermazioni, una volta acquisite dalla magistratura, risultarono comunque vane ed insufficienti ai fini di una condanna. Nel 1991, infatti, il giudice istruttore Luigi Russo, assolse i cavalieri, con la motivazione che essi sarebbero stati costretti a subire la "protezione" del clan Santapaola per necessità[6][17][19][24]. Nel 1994, in seguito ad un'inchiesta della DIA da cui emersero ulteriori prove di interazioni ed intensi rapporti tra i cavalieri e Cosa Nostra, il giudice Giuseppe Gennaro impugnerà la sentenza, ma gli imputati saranno prosciolti ancora una volta.[25]
Onorificenze
[modifica | modifica wikitesto]Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Sito della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro.
- ^ a b c d e Davide Banfo. MORTO CARMELO COSTANZO IMPRENDITORE E PATRIARCA. «La Repubblica», 11 aprile 1990, p. 8.
- ^ I quattro cavalieri dell'apocalisse mafiosa, articolo di Pippo Fava pubblicato originariamente nella rivista I Siciliani, n. 1, del gennaio 1983.
- ^ a b c Vincenzo Vasile, Visita guidata nella città senza più padroni Trent'anni di mafia, saccheggi e omicidi (PDF), in L'Unità, 20 novembre 1992. URL consultato il 14 dicembre 2009.
- ^ Claudio Fava, Trapani, bel suol di mafia[collegamento interrotto], da I Siciliani, maggio 1984.
- ^ a b c d Repubblica 11 aprile 1990 "CANTIERI DALLA SICILIA AL VENEZUELA UN IMPERO FONDATO SUL SOSPETTO"
- ^ Per San siro i Costanzo ricorrono ai giudici, da La Repubblica, 10 aprile 1987.
- ^ Un resoconto da terrelibere.it Archiviato il 10 ottobre 2007 in Internet Archive..
- ^ a b I quattro cavalieri dell'apocalisse mafiosa, di Pippo Fava.
- ^ L'ultima intervista di Dalla Chiesa, rilasciata a Giorgio Bocca (10 agosto 1982). Il passo completo recita: «Oggi mi colpisce il policentrismo della Mafia, anche in Sicilia, e questa è davvero una svolta storica. È finita la Mafia geograficamente definita della Sicilia occidentale. Oggi la Mafia è forte anche a Catania, anzi da Catania viene alla conquista di Palermo. Con il consenso della Mafia palermitana, le quattro maggiori imprese edili catanesi oggi lavorano a Palermo. Lei crede che potrebbero farlo se dietro non ci fosse una nuova mappa del potere mafioso?»
- ^ Copia archiviata, su ateneopalermitano.it. URL consultato il 9 ottobre 2008 (archiviato dall'url originale il 30 aprile 2008).
- ^ Giuseppe “Pippo” Fava Archiviato il 6 ottobre 2007 in Internet Archive.
- ^ http://www.claudiofava.it/old/siciliani/memoria/banche/ban09.htm[collegamento interrotto] Carmelo Costanzo ai giudici
- ^ Armi e droga nell'inchiesta del giudice Palermo
- ^ C.F. Trapani, bel suol di mafia[collegamento interrotto]. «I Siciliani», maggio 1984.
- ^ Enrico Daglio, Raccolto rosso: la mafia, l'Italia e poi venne giù tutto, pag 25
- ^ a b ASSOLTI I 'CAVALIERI DELL' APOCALISSE' - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it, 5 aprile 1991. URL consultato il 12 febbraio 2021.
- ^ ASSOLTI I 'CAVALIERI DELL' APOCALISSE' - la Repubblica.it
- ^ a b CATANIA, IL TEOREMA DEL GIUDICE - la Repubblica.it
- ^ a b XIV LEGISLATURA – DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI - DOCUMENTI (PDF), su legxiv.camera.it. URL consultato il 7 ottobre 2008 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016).
- ^ Giovanni Falcone con Marcelle Padovani, Cose di cosa nostra, BUR 1991
- ^ Giovanni Falcone con Marcelle Padovani, Cose di cosa nostra, BUR, 1991.
- ^ W. Rizzo, N. Savoca e A. Sciacca, Il governo della mafia, cit., p. 57-58.
- ^ Rocco Sciarrone, "Mafie vecchie, mafie nuove: radicamento ed espansione", pag. 104
- ^ Giovanni Di Cagno, Gioacchino Natoli, Cosa nostra ieri, oggi, domani: la mafia siciliana nelle parole di chi la combatte e di chi l'ha abbandonata, pag 188
- ^ Sito Federazione nazionale Cavalieri del lavoro: dettaglio decorato.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Giuseppe Fava - I Siciliani - (collezione)
- Attilio Bolzoni. Il potere della mafia. La Repubblica, 5 aprile 1991, 19.
- C.F. Trapani, bel suol di mafia[collegamento interrotto]. I Siciliani, maggio 1984.
- Riccardo Orioles. Palermo: il capolavoro di Costanzo[collegamento interrotto]. I Siciliani settimanale, 10 luglio 1986.
- Enrico Deaglio, Raccolto rosso: la mafia, l'Italia e poi venne giù tutto, Feltrinelli Editore, 1993, ISBN 978-88-07-12010-7
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- In Memoria, biografia di Falcone, su digilander.libero.it.
- Intervista a Marco Benanti, su girodivite.it.