La costruzione della Reale cantina borbonica di Partinico iniziò nel 1800 e si concluse nel 1803[1], per volere del re Ferdinando III di Sicilia (IV di Napoli e I del regno delle Due Sicilie). Questo complesso monumentale è collocato a sud dell’area urbanizzata del paese, sulla strada che conduce nell’entroterra siciliano in direzione San Giuseppe Jato.
Il re incaricò il regio architetto camerale Don Carlo Chenchi,[2] tecnico di fiducia della corona, allievo del Vanvitelli, che si adoperò subito e scelse all’interno del Real Podere di Partinico il luogo per la costruzione della cantina in contrada Crocifisso, accanto alla torre appadronata del vecchio baglio della famiglia Sanches.[3]
Stefano Marino nel suo libro “Un raggio di storia siciliana: ovvero Partinico e i suoi dintorni” a pag.122, ci conferma che tutto il complesso monumentale della cantina fu effettivamente terminato solo nel 1803 e costò la spesa di 18.000 scudi, cioè oltre 7.200 onze.
La somma fu ben spesa perché una volta conclusa, l’opera diede lavoro a varie persone del luogo. Vi lavoravano circa 20 dipendenti, che diventavano molti di più nei periodi di raccolta dell’uva, delle olive e del grano.[4]
"...la regal cantina poi, già fabricata ed eretta nel contiguo regal luogo del Crocifisso, oggidì aggregata alla deliziosa anzidetta (Casina Reale), è dessa per la verità una delle sorprendenti magnificenze proprie di un Sovran generoso nonché provvido ed accorto pé suoi regali interessi".[5]
Descrizione
[modifica | modifica wikitesto]Il complesso architettonico è composto da cinque corpi di fabbrica: la torre, le case contadine, la stalla e la casa dell’olio, il corpo Cantina, i giardini recinti detti piccole fruttiere. Questi ambienti convergono verso il baglio con corte interna e due ingressi. L’ingresso prospiciente l’accesso del corpo cantina, ubicato tra le case contadine, porta in aperta campagna ed è chiuso da un cancello in ferro. Il principale si trova ubicato lateralmente, conduce alla vicina via di Ragali, ed è costituito da un lungo e leggero viale in salita realizzato con ciottoli e delimitato a destra e a sinistra dai muri dei giardini della piccola fruttiera, ove si accede nella corte da un portale in pietra ad arco a tutto sesto. La spaziosa corte, che si sviluppa a ferro di cavallo attorno alla torre, è pavimentata con grossi ciottoli di pietra con colori tendenti al grigio e al bianco
LA TORRE
[modifica | modifica wikitesto]La torre appadronata, faceva parte di un baglio con corte realizzato dalla famiglia Sanches nel 1500. La costruzione fu realizzata dal 1537 da Ludovico Sanches fratello di Ambrosio. Ma fu completata solo dopo il 1561 ad opera del nipote Aloisio Roys, figlio della sorella Elisabetta Sanches.[6] La torre possiede un sistema costruttivo a muri portanti dello spessore di un metro. Si accede attraverso un portoncino in legno, che conduce a quattro ambienti con volte reali a piano terra e attraverso una scala in pietra a due rampe si raggiungono altri quattro ambienti al piano primo. Lo stile cinquecentesco si rileva nell’architrave delle finestre ove è presente un archetto inflesso a due volute (motivo a fiamma) di stile gotico-catalano di derivazione islamica, rappresentato anche nel palazzo Cappasanta di Marsala, (con la dominazione spagnola del regno di Sicilia, iniziata nel 1282 dalla dinastia aragonese e proseguita dopo il 1412 dalla casata castigliana, si riscontrò nell’Isola una notevole immigrazione di picapedras, scalpellini catalani, che costituirono una vera e propria scuola di scalpellini-costruttori. Furono sicuramente maestranze siciliane eredi di questa scuola, esperti nella lavorazione tradizionale della pietra a realizzare in uno stile unico questi elementi architettonici).[7] Durante i lavori di realizzazione della cantina, alla torre che allora aveva solo il piano terra, fu aggiunto il piano primo, chiamato piano nobile, come alloggio per il curatolo che gestiva l’azienda agricola. Si realizzarono quattro vani muniti di finestratura con pavimento in mattoni di cotto. dissimile dalla restante parte superiore, fatta invece con pietrame informe legato con malta. All’interno, tale diversità si può notare nella differenza dello spessore dei muri tra il piano terra ed il primo. La copertura è a due falde con travi in legno e soprastanti coppi che gravano chiaramente sui muri portanti. I resti di un elemento caratteristico difensivo è visibile nel prospetto principale, costituito da due mensoloni in pietra posti sopra la porta d’ingresso. Sostenevano questi, un parapetto in muratura (non più esistente) costituendo la cosiddetta caditoia, che permetteva il lancio di pietre, dardi e frecce sugli aggressori che volevano abbattere la porta. La torre che verrà chiamata poi “Torre della cantina” occupa complessivamente un’area di 190 mq su due livelli ed è posizionata al centro della corte.
LE CASE CONTADINE
[modifica | modifica wikitesto]Subito dopo l’ingresso principale, a sinistra del grande cortile, si trovano una fila di bassi edifici; sono le abitazioni dei contadini, realizzate in pietrame squadrato di calcarenite unite con malta e in seguito intonacate. Venivano utilizzate dalle famiglie dei lavoratori permanenti che vivevano nel complesso, o dai lavoratori precari, come i braccianti utilizzati per le stagioni del raccolto. Come tutte le abitazioni dei contadini della zona, gli edifici erano realizzati a un solo piano con un unico grande ambiente, casa terrana.
LA CAPPELLA
[modifica | modifica wikitesto]Dal punto di vista architettonico, questa antica chiesa rurale risulta con struttura semplice. Ad unica navata è arricchita da pochi elementi decorativi in stucco. La cappella è costituita da un unico ambiente di forma rettangolare, delle dimensioni di mt 7 x 5. Non si rinvengono quadri o pitture murali e l’unico elemento decorativo in stucco è il piccolo altare absidale a muro, adorno di una pala raffigurante l’immagine della Madonna del Ponte, di autore ignoto. La chiesetta fu dedicata alla Santissima Madre di Dio, venerata a Partinico col nome di Maria Santissima del Ponte. L’altare è realizzato in stucco, con disegni a finto marmo, solo la mensola della mensa sacra è realizzata con una lapide di marmo. Due lesene laterali neoclassiche incorniciano la pala e sorreggono l’architrave della trabeazione ove è ancora visibile la scritta “MARIA SS. DEL PONTE”. Il prospetto esterno della cappella è intonacato di bianco; vi si nota un ingresso con gradino in pietra, una porta in legno e una finestra sormontati da architrave in pietra. Sopra la porta d’ingresso è visibile un oculo circolare in pietra lavorata, ed in rilievo raffiguranti elementi floreali con lo stemma congiunto delle famiglie Sanches e Roys. Il tetto è a doppio spiovente con cannizzu e copertura con coppi tradizionali, sormontato al colmo da una croce in pietra.
LA CASA DELL’OLIO e LE STALLE
[modifica | modifica wikitesto]E’ caratterizzato da un corpo di fabbrica di 280 mq circa, collocato a destra all’interno della corte, a destra dopo l’ingresso principale. E’ diviso da un setto murario che identifica due specifici ambienti. Il locale più piccolo fu adibito a deposito dei prodotti agrari di largo consumo (casa dell’olio), l’altro più grande (la stalla) fu destinato ad ospitare il bestiame di Sua Maestà. Il complesso, adiacente alla torre, ha forma rettangolare, ed è stata realizzata con conci di tufo legati con malta e soprastante tetto di coppi su struttura in legno gravante su capriate lignee. Il pavimento è in pietra squadrata (basole), liscia con pendenza verso il centro per consentire una facile pulizia attraverso una canaletta centrale in pietra anch’essa di basole convesse. Ai lati sono presenti le mangiatoie separate a tratti, ove venivano depositati i mangimi freschi o secchi per le mucche dell’azienda.
IL CORPO CANTINA
[modifica | modifica wikitesto]Accanto alla torre dal lato della montagna, il Chenchi, costruì la Real Cantina a pianta rettangolare a tre navate, estesa circa 988 mq. Al suo interno si nota un particolare gioco di archi collegati a crociera. Si struttura in tre navate al piano terra e una sotterranea. La navata centrale e quella di destra sono caratterizzate da un pavimento in ciottoli e basole con un tetto composto da travi in legno con soprastante manto di coppi. La navata di sinistra, più piccola, contiene tine murarie ed un ambiente utilizzato per la spremitura dell’uva (parmentu), ed il tetto è costituito da volte a crociera per garantire un ambiente più fresco. Un caricatoio esterno chiamato rampa delle uve, dal lato della montagna, permette di raggiungere la sommità delle tine, facilitando i lavori per la trasformazione del prodotto vendemmiato.
Il piano cantinato è composto da sei campate, sorrette da cinque imponenti archi a sesto ribassato in pietra, su cui si scaricano le forze del peso della navata di destra soprastante. Sul lato sinistro furono create 17 tine in muratura, sollevate da terra di circa 80 centimetri con spessore delle pareti di 40 cm, ed una copertura piana in muratura dello spessore di 30 cm. Le dimensioni delle tine variano, 12 sono più grandi, mentre 5 sono più piccole perché fabbricate in corrispondenza degli imponenti piloni degli archi. Le tine più grandi avevano una capacità di 180 hl (ettolitri), mentre quelle più piccole di circa 90 hl. Per una capacità complessiva di 2.610 hl. Le bocche di fuoriuscita del vino sono in pietra di Billiemi, grigia di forma quadrangolare con al centro una modanatura circolare ed un foro, dove veniva collocato un tappo di legno che veniva tolto al momento della spillatura. Le dimensioni delle bocche sono più grandi per le tine con capacità superiore e un pò più piccole per le tine con capacità inferiore. Sul lato opposto sopra una banchina prendevano dimora i carratuna e le stipe in legno di castagno, molto più grandi e capienti delle botti. Sopra i carratuna e collocate tra di esse, vi erano altre botti più piccole con una composizione piramidale che faceva aumentare la capacità di immagazzinamento del vino della cantina. Per dare luce ed aria al piano cantinato sono presenti sei bocche di lupo, a piano terra sul muro perimetrale esterno della navata di destra; con infissi in legno e grata in ferro.
Le due navate a piano terra, quella di centro e quella di destra larghe entrambi mt 8,70, formarono un unico ambiente di 650 mq circa ed avevano un dislivello di un gradino, mentre la navata di sinistra era larga solo 6,30 mt. I muri longitudinali delle tre navate furono collegati a crociera con cinque sezioni murali trasversali dotati di archi a tutto sesto, che raggiungevano l’altezza di 7,30 mt. La navata di sinistra si divide in due ambienti, il locale più piccolo destinato ai palmenti e ai frantoi, e quello più grande adibito alla conservazione dei prodotti con nuove tine murarie.
All’interno, le navate ospitavano il grande torchio vinario, a cui si effettuava regolarmente la manutenzione ingrassando le grosse travi in legno (che sfregavano) a forma di viti. Il torchio serviva generalmente per spremere le uve, ma anche le vinacce (dentro sacchi di juta) dopo la fermentazione alcolica per le uve rosse, cioè al momento della svinatura. Nel locale sono ancora ben visibili due piccoli basamenti circolari in pietra, sopra i quali stavano dei piccoli torchi detti in siciliano stringitura utilizzati per la spremitura della pasta di olive, che si otteneva previo schiacciamento delle olive con grosse ruote in granito chiamate molazze.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Stefano Marino, Un raggio di storia siciliana: ovvero Partinico e i suoi dintorni, capitolo XXXVI, pag.121, Palermo 1855, su books.google.it.
- ^ Le Tenute Reali dei Borbone in Sicilia, Ettore Sessa, su iris.unipa.it.
- ^ Leonardo D'Asaro, Partinico dalle origini fino al XIX secolo, tomo 1, pagg da 127 a 130.
- ^ Stefano Marino, Un raggio di storia siciliana: ovvero Partinico e i suoi dintorni, capitolo XXXVI, pag.123, Palermo 1855, su books.google.it.
- ^ Giuseppe Maria Di Bartolomeo, Storia di Partinico manoscritto inedito 1805, pag.108, Regione Siciliana Assessorato Beni Culturali Ambientali e Pubblica Istruzione, 2007...
- ^ Leonardo D'Asaro, Partinico dalle origini fino al XIX secolo, tomo 1, pagg da 127 a 130..
- ^ [chrome-extension://efaidnbmnnnibpcajpcglclefindmkaj/https://iris.unica.it/retrieve/handle/11584/319210/470668/Cadinu%202021%20MAISTRUS%20_Tardogotico%20Palermo.pdf MAISTRUS, PICAPEDRES E ALBANILES SARDI NEL TARDOGOTICO CIVILE. VIAGGI, SCAMBI DI MODELLI E INTERPRETAZIONI POPOLARI] (PDF), su efaidnbmnnnibpcajpcglclefindmkaj.