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Giudizio Universale di Ginevra - Michelangelo
Il “Giudizio Universale di Ginevra” è un dipinto – bozzetto realizzato ad olio su finissima tela di lino (96,52 x 81,28 cm.), di Michelangelo Buonarroti, databile fra il 1545 e il 1559. La ricerca che ha portato alla riscoperta del “Giudizio Universale di Ginevra“, è stata condotta dalla Dott.ssa Amel Olivares, con la collaborazione di Mons. Dott. José Manuel del Rìo Carrasco e un team di specialisti e laboratori principalmente italiani. L’opera è stata intitolata in questo modo perché custodita in un caveau della famosa città della Svizzera, e dove sono stati effettuati la maggior parte degli esami e il restauro (dicembre 2015 eseguito dal Professore Antonio Casciani e dalla restauratrice Lara Sirotti). Gli studi sono stati presentati internazionalmente in una conferenza stampa tenuta a Palazzo Grazioli (Roma) il 14 maggio 2024 e la notizia della riscoperta è stata diffusa in più di 15 paesi e tradotta in più di sei lingue.
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Mons. Del Rio e la Dott.ssa Olivares il giorno della conferenza con la stampa internazionale
Il “Giudizio Universale di Ginevra” è stato un dono del Maestro Buonarroti al giovane artista Alessandro Allori, figlio putativo del fiorentino Agnolo Bronzino, che è stato utilizzato come modello dal giovane artista per realizzare la sua Pala D’Altare “Giudizio Universale”. Allori era stato incaricato di abbellire la Cappella privata della Famiglia Montauto nella Basilica della Santissima Annunziata di Firenze.
Indice:
- Storia
- Descrizione
- Tecnica del Maestro
- Esami effettuati
Storia
Dalla ricerca effettuata e dalla documentazione acquisita, per la prima volta, è possibile affermare che il giovane pittore fiorentino Alessandro Allori, figlio adottivo del Bronzino, fu a stretto contatto con il grande maestro dell'arte rinascimentale Michelangelo Buonarroti.
Il pittore Alessandro Allori soggiornò a Roma tra il 1554 e il 1560, dove ebbe l'opportunità di studiare approfonditamente l’opera di Michelangelo (affreschi, dipinti, disegni, studi preparatori) e strinse contatti con i membri di grandi famiglie aristocratiche e abbienti del suo tempo, tra cui i Montauto, ricchi banchieri fiorentini che ebbero fortuna nella capitale, i Bardi e i Capranica, quest'ultimi particolarmente legati alla cerchia ecclesiastica e papale.
Alessandro Allori a Roma realizzò i ritratti di Tommaso de’ Bardi (che propiziò la commissione dei lavori di abbellimento della cappella Montauto da parte dell’omonima famiglia al giovane Allori) e di sua moglie Ortensia Bardi da Montauto (1559) - conservato nella Galleria degli Uffizi a Firenze - oltre a quelli di Zanobi e Benedetto Montauto e di Paolo Capranica.
Nel club romano “Nazione fiorentina”, di cui i Bardi e i Montauto furono più volte consoli, Alessandro Allori fu vicino a Michelangelo, del quale Benedetto e Zanobi Montauto furono amici, oltre che finanziatori con il loro Banco per la realizzazione della tomba di Giulio II, così come Paolo Capranica. Ad ogni modo, Alessandro Allori è arrivato a Roma già con le raccomandazioni di alcuni dei più grandi artisti e intellettuali dell'epoca, come suo padre adottivo Agnolo Bronzino e l'illustre poeta Benedetto Varchi, stretto amico di Michelangelo. Nel 1560 Benedetto e Zanobi Montauto commissionarono al pittore Alessandro Allori la decorazione della Cappella di famiglia nella Basilica Santissima Annunziata (Firenze). Nella Cappella Montauto il pittore Alessandro Allori, basandosi su un bozzetto del maestro Michelangelo Buonarroti (“Giudizio Universale di Ginevra”), realizza una Pala d’Altare (cm 400 x 275) con il tema Giudizio Universale che, come recita la nota in latino scritta nella parte inferiore del dipinto dallo stesso Allori, è una copia fedele della composizione ideata dal maestro Michelangelo Buonarroti, dove compare un numero ridotto di figure rispetto alla versione della Cappella Sistina.
A seguito di questa grande opera che sarà elogiata dai suoi contemporanei e ricordata anche da Giorgio Vasari nel suo trattato "Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori" (1568), Alessandro Allori nel 1563 diventerà Console dell'Accademia del Disegno di Firenze, e l’anno dopo collaborerà all'apparato per le esequie di Michelangelo, impresa collettiva voluta dal Duca di Firenze Cosimo I de' Medici.
Nell'inventario dei Mobili e delle Opere d'arte del Marchese fiorentino Donato Guadagni, esistenti nella palazzina di Via de' Pilastri di Firenze, troviamo la descrizione precisa del bozzetto “Giudizio Universale di Ginevra”:
“Marchese Donato Guadagni, Adì 18 marzo 1792. Inventario dei mobili, masserizie et altro, esistenti nella palazzina di via de' Pilastri, d'attenenza dell'Ill.mo Sig. Marchese Donato Guadagni, Archivio di Stato, Firenze, Italia (Pupilli (Principato), 2707 (Inventari, 1789-93), n.66), Trascrizione: Numero due quadri, alti braccia 2 e larghi br. 2 1/2, in tela, esprimente uno copia del quadro del Baroccio esistente nella Real Galleria, e l'altro il bozzetto del quadro dell'Allori esprimente il Giudizio Universale; con sua cornice dorata et intagliata, nappe celesti e cordoni”.
I Guadagni si distinsero a Firenze sin dalla fine del XII secolo come affermati banchieri. Il ramo francese accumulò un patrimonio così cospicuo da diventare proverbiale, in Francia, al punto che per indicare una persona colossalmente ricca, si usava l’espressione «riche comme Gadagne». Non solo sono stati banchieri i Guadagni, ma militari valorosi, oculati amministratori, diplomatici peritissimi e ambasciatori; i membri della famiglia parteciparono alle azioni militari e di intelligence orchestrate da Caterina de’ Medici regina di Francia (1519-1589) contro Cosimo I, suo lontano cugino, Duca di Firenze e poi Granduca di Toscana, usurpatore dei beni e dei titoli del ramo primogenito dei Medici, del quale lei era l’ultima sopravvissuta.
I Guadagni nella seconda metà del Cinquecento avevano una loro cappella nella Basilica SS Annunziata (Firenze), dove nel 1552 vi collocarono una tavola di Agnolo Bronzino, maestro e padre adottivo di Alessandro Allori, rappresentante una “Resurrezione”. Dello stesso Bronzino si ricordano, attraverso le fonti di archivio, i ritratti di Iacopo Guadagni, futuro committente della Resurrezione della Santissima Annunziata, e di sua moglie Lucrezia di Gino Capponi (ASF, Archivio Guadagni, 349, Entrata, uscita e cassa di Jacopo di Ulivieri Guadagni 1531-1539, c. 109d (« [14 novembre 1538] buoni a Agnolo detto il Bronzino pittore [...] sono per un ritratto di pittura di uno quadro dentro vi la impronta di Jacopo Guadagni [...] e per dipingere la testa di gietto della donna di detto Jacopo»).
Tutto ciò per sottolineare lo stretto rapporto tra la famiglia Guadagni, e la famiglia Bronzino-Allori.
Tramite la succursale della galleria Acquavella, a Caracas, il dipinto fu acquistato dal ricco tipografo italiano Dante Ferrari negli anni ’40.
Luca Ferrari (gallerista), dal quale fu acquistato nel 1992 dal presente proprietario.
Proprietà privata USA (attuale proprietario)
Descrizione
Il “Giudizio Universale di Ginevra” è una composizione molto simile all’affresco del “Giudizio Universale” della Cappella Sistina di Michelangelo Buonarroti e alla Pala d’Altare “Giudizio Universale” di Alessandro Allori. Il “Giudizio Universale di Ginevra” rispetto all’affresco della Cappella Sistina è una composizione in cui sono rappresentate un minor numero di figure, per l’esattezza 33. Come nell’opera della Cappella Sistina e nella Pala d’Altare di Allori, la figura centrale del dipinto è il Cristo Giudice, giovane e di bellezza apollinea, con accanto la Madonna. Sulla parte destra del dipinto (lato sinistro dell’osservatore) sono stati collocati i “Salvati” e si possono individuare due volti che non compaiono nel Giudizio della Cappella Sistina. Uno di questi volti è senza dubbio quello del maestro Michelangelo, che come è stato dimostrato dalla ricerca, scelse di autoritrarsi nel dipinto e di collocarsi fra i “Salvati”. Il Maestro mai si sarebbe dipinto fra i “Dannati”, dove aveva posizionato i suoi nemici, e soprattutto per la convinzione della forza e giustizia dei propri valori spirituali. È da rammentare sempre l’influenza del gruppo de “Gli Spirituali” sul pensiero del Buonarroti. Nel secondo ritratto si potrebbe identificare la cara amica di Michelangelo, Vittoria Colonna (1490/92 – 1547). L’eccelsa beltà di questo volto femminile sembra evocare i versi del Buonarroti alla Colonna:
“[…], / fuor di me stesso aver di me pietate; / sì sopra ’l van desio / mi sprona il suo bel volto, / ch’i’ veggio morte in ogni altra beltate. / O donna che passate / per acqua e foco l’alme a’ lieti giorni, / deh, fate c’a me stesso più non torni”.
In effetti questo volto femminile è il più bello di tutta la composizione.
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Dettaglio del volto presumibilmente Vittoria Colonna
Invece, nella Pala d’Altare di Alessandro Allori, il volto di Michelangelo è stato aggiunto almeno 4 anni dopo aver terminato il suo Giudizio; il giovane artista lo aveva inserito come omaggio post-mortem al maestro Buonarroti, e in questo volto non esiste alcun difetto visivo, nello specifico lo strabismo. Il Volto attribuito a Vittoria Colonna che Allori dipinse, tecnicamente e artisticamente ha una qualità del tutto inferiore a quello in miniatura che si può ammirare nel “Giudizio Universale di Ginevra”: evidentemente il discepolo non riuscì a superare il Maestro. Ad esempio, la capigliatura della donna nel Giudizio di Ginevra evidenzia un lavoro dell’artista dettagliato, accurato e minuzioso, che assolutamente non si osserva nella capigliatura della donna di Allori. Anche il naso, che è uno degli elementi del volto più difficili da disegnare e che può compromettere tanto l’armonia di esso, nel dipinto di Allori è grossolano, mentre quello del “Giudizio Universale di Ginevra” è più fine, sottile e dritto. In tutto il volto, molto piccolo, della Colonna dipinta da Michelangelo nel “Giudizio Universale di Ginevra” sono apprezzabili un’armonia e delicatezza così sublimi (non percepibile nella donna di Allori), che tanta grazia e perfezione possono solo essere ricondotte alla mano del Maestro e alla sua genialità.
Nella parte superiore sinistra del bozzetto, appaiono San Pietro con le chiavi e altri personaggi, nella parte superiore destra si distingue San Giovanni il Battista. Altre figure dell’affresco della Cappella Sistina sono riscontrabili nel Giudizio di Ginevra: - Gli Angeli che tengono i libri ai piedi di Cristo e quelli che suonano la tromba, chiamati Angeli Apteri, dipinti senza ali e aureola. Questi angeli sono un’invenzione di Michelangelo e, per le caratteristiche che presentano, sono stati fortemente criticati; - Il Pentito, personaggio a cui Michelangelo dedicò ore di studio, dubbioso di dove avrebbe dovuto collocarlo, se tra i “Dannati”, i “Salvati” o al di sopra di essi (come si evince dal cartone della Royal Collection, Windsor).
Il “Giudizio Universale di Ginevra”, dipinto su tela, presenta una preparazione antica – con due strati preparatori, uno dove troviamo carbonato di calcio (gesso), carbonato di piombo (biacca) e granuli grossi e angolosi di carbonato di calcio, e un secondo strato dove c’è poco carbonato di calcio e prevale la biacca.
Questa preparazione antica corrisponde a quella che si eseguiva nel Rinascimento su questo tipo di supporto.
Il “Giudizio Universale di Ginevra”, di Michelangelo Buonarroti, ha un’intenzione e funzione diversa di quella della Cappella Sistina. Buonarroti (1475 – 1564) in questo bozzetto non aveva l’esigenza di essere provocatorio e tantomeno di usare delle figure che potevano generare scandalo, contrarietà o energico rifiuto, com’era già successo più di quindici anni prima con il “Giudizio Universale” della Cappella Sistina, dove Michelangelo aveva dei reali nemici. Ricordiamo Biagio da Cesena (1463 – 1544), che fungeva da cerimoniere pontificio, e in tutti i modi ostacolò il lavoro del Maestro, che lo collocò nel suo affresco fra i “Dannati”, avvolto da un serpente che gli morde il pene, e con due splendide orecchie d’asino, che esprimevano la sua stupidità. Già nel 1544, correvano le voci che l’affresco sarebbe stato distrutto o fortemente censurato. Nel 1565 Daniele da Volterra (1509 – 1566) eseguì l’ordine del Concilio di Trento di censurare il “Giudizio Universale” di Michelangelo, riposizionando e rivestendo delle figure, come Santa Caterina da Alessandria e San Biagio, o coprendo le zone pudiche dei personaggi con dei braghettoni a forma di pannoloni o foglie di fico. Quindi, nel 1565 Daniele da Volterra realizza la censura sull’affresco “Giudizio Universale”.
Però, nel 1559 – 1560, ovvero almeno cinque anni prima della censura di Daniele da Volterra, Alessandro Allori aveva già dipinto la sua Pala d’Altare “Giudizio Universale”, copiando fedelmente il bozzetto del Buonarroti, dove appaiono, come nel “Giudizio Universale di Ginevra”, personaggi semi-coperti, però non con braghettoni o foglie di fico, e sono individuabili anche figure con le zone intime scoperte. Quindi, in nessuno dei due dipinti (bozzetto e Pala d’Altare), si può parlare di censura o di auto-censura (solo nel 1564 è stata decisa la censura dei nudi del “Giudizio Universale” di Michelangelo), bensì di una precisa scelta del maestro Buonarroti di utilizzare un linguaggio più cauto e austero, che non potesse destare delle critiche. In fin dei conti, l’opera finale doveva essere dipinta da Allori (Pala d’Altare), che era alle sue prime armi, e non avrebbe osato esibire una Pala d’Altare indisponente e di sfida, che potesse scatenare i malumori e imbarazzo dei propri amici e committenti. Difatti, il linguaggio scelto da Michelangelo nella narrativa del bozzetto – modello è molto più pacato rispetto a quello della Cappella Sistina. Il maestro Buonarroti, esprimendo totale rispetto e considerazione, non volle imporre al giovane artista le proprie idee e vedute.
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Riflettografia nota latina Pala d’Altare “Giudizio Universale”, Alessandro Allori
“Alexander Allorius Civis Flor. Bronzini Alumnus. Inventum optimi pictoris Bonarrotae Haec sedulo pinxit.” “Il cittadino fiorentino, discepolo del Bronzino, Alessandro Allori, dipinse fedelmente questa in-venzione (creazione) dell’eccellentissimo pittore Buonarroti.”
Il Giudizio di Allori è una copia fedelissima del “Giudizio Universale di Ginevra”, con lo stesso numero di personaggi e stessa narrativa, dove appare però un Cristo Giudice con una barba folta e scura, a differenza del Cristo imberbe di quello di Ginevra e della Cappella Sistina. Un altro aspetto da sottolineare è la forma anatomica dei personaggi. Data la prossimità della Pala d’Altare all’osservatore, Allori non aveva bisogno di rappresentare i suoi personaggi con una forma giunonica e ingigantita. Rispetto all’autoritratto di Michelangelo, che compare tra i “Salvati”, è fondamentale tenere conto del difetto visivo, lo strabismo, riscontrato nei suoi occhi, che ha spiegato accuratamente nella sua relazione scientifica il Professor Francesco Fasce dell’istituto San Raffaele di Milano. L’autoritratto di Michelangelo, che compare nel “Giudizio Universale”, è stato comparato anche dall’ex ufficiale del RIS, la Dr.ssa Chantal Milani, col volto di Michelangelo, aggiunto dopo la morte del Buonarroti, da Allori nella sua Pala d’Altare. Lo studio della Milani ha permesso di notare che il volto del bozzetto ritrae un Michelangelo più giovane rispetto a quello di Allori, introdotto nel 1564. Teniamo conto che Michelangelo è spesso ritratto a tre quarti di profilo e non frontalmente, forse con l’intenzione di dissimulare l’imperfezione del naso, causato da un pugno ricevuto nella sua giovinezza; magari per questo motivo i ritratti del Maestro sono molto simili tra loro.
Il dipinto è stato restaurato nel dicembre del 2015 ed erano già presenti altri restauri, almeno due. Lo stato conservativo dell’opera è molto buono. Il dipinto non è stato reintelato.
Tecnica
Il “Giudizio Universale di Ginevra” è un olio su tela. Gli artisti del rinascimento prima di disegnare e collocare i colori, preparavano il supporto fondamentalmente con carbonato di calcio (gesso), e per tanti anni si è associata la preparazione dei supporti rinascimentali con questo materiale, il gesso, per cui parlare di una prevalenza di carbonato di piombo (biacca) nella base dei supporti rinascimentali, sembrava qualcosa di improbabile, ma sulla tela l’utilizzo della biacca era imprescindibile. Ad eccezione della Scuola Veneziana poco si conosce della pittura su tela nel Rinascimento Italiano, è anche per questo importante la riscoperta di questo “Giudizio Universale” del Maestro Buonarroti. I due dipinti olio su tela attribuiti a Raffaello Sanzio, esibiti nel museo del Louvre di Parigi, hanno molto contribuito a conoscere meglio la tecnica che usavano i grandi Maestri per lavorare su questo tipo di supporto, ma anche a distruggere il preconcetto che i grandi maestri del periodo non dipingevano su tela. La funzione della tela era ben precisa: doveva facilitare il trasporto del dipinto soprattutto per le lunghe distanze. Per arrotolare l’opera però, era indispensabile che il supporto fosse preparato non solo con carbonato di calcio, ma anche con grandi quantità di biacca, materiale sicuramente molto più elastico. Nel “Giudizio Universale di Ginevra”, grazie all’esame stratigrafico si è potuta rilevare la presenza di due strati preparatori, un primo strato ricoperto con una quantità abbastanza equilibrata di carbonato di calcio e carbonato di piombo; e un secondo strato preparatorio, dove predomina la biacca con pochissima presenza di carbonato di calcio e poca quantità di ocre. Sotto la luce ultravioletta filtrata a 440-490 nm lo strato emette una fluorescenza gialla indicativa della probabile presenza di oli. È stata riscontrata in un terzo strato biacca, ocra rossa e probabile lacca rossa e ambra (ipotizzabile per la fluorescenza giallo aranciato sotto la luce ultravioletta). Non sono stati rilevati né con l’esame stratigrafico, né con l’esame XRF pigmenti sintetici. Michelangelo senz’altro anche sulla tela ha impiegato la tecnica della velatura.
I dodici punti di misura analizzati tramite XRF in corrispondenza delle stesure originali del dipinto, hanno confermato la presenza di pigmenti compatibili con una tavolozza pittorica storica, tipica della datazione ipotizzata per l’opera in questione. Gli elementi chimici trovati sono: carbonato di piombo, carbonato di calcio, manganese, ocre, ferro, mercurio e potassio.
Nel Giudizio Universale di Ginevra abbiamo individuato elementi specifici dell’opera di Michelangelo: 1 Il Cristo Giudice imberbe 2 Gli angeli apteri e senza aureola 3 Figure incomplete 4 Effetto di moto delle figure 5 Effetto di inseguimento con un leggero difetto visivo
Esami e studi effettuati
Lo studio stratigrafico è stato realizzato sulle sezioni microstratigrafiche dei due campioni prelevati, tramite l’utilizzo delle seguenti tipologie strumentali: • microscopia ottica • microscopia elettronica a scansione (di tipo ESEM) con microsonda EDS • microspettrofotometria FTIR • Spettrofotometria XRF (X-ray fluorescence spectroscopy) • Riflettografia con Scanner Vis-Ir con sensore InGas: lettura fino a 1700 nm e risoluzione di 4 punti a mmq • Radiografia • Studi comparativi dei disegni di Michelangelo • Analisi stilistica dell’opera • Ricerca storiografica archivistica – documentale (Archivio Segreto Vaticano, Collezione disegni di Michelangelo Royal Collection (Windsor), Sala di studi documenti British Museum, Archivio di Stato di Firenze, Biblioteche specializzate di arte di Napoli e Roma, Archivio della Galleria degli Uffizi, Archivio Fondazione Longhi)
L’opera è stata investigata da “Artloss” e non compare come opera segnalata o rubata.