Bahman Jadhuyeh | |
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Morte | 636 |
Cause della morte | uccisione ad opera di Qa'qa' ibn 'Amr |
Etnia | persiano |
Religione | Mazdeismo |
Dati militari | |
Paese servito | Impero sasanide |
Forza armata | Esercito sasanide |
Anni di servizio | ? - 636 |
Grado | Generale |
Guerre | Conquista islamica della Persia |
Battaglie | Battaglia del Ponte Battaglia di al-Buwayb Battaglia di Mudayyah |
Parvaneh Pourshariati, Decline and Fall of the Sasanian Empire: The Sasanian-Parthian Confederacy and the Arab Conquest of Iran, London and New York, I.B. Tauris, 2008, ISBN 978-1-84511-645-3. | |
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Bahman Jādhūyeh o Jādūyah, ma anche Jādhōē o Jādōē (in persiano بهمن جادویه), oppure ancora Bahman Jādhawayh (in arabo بهمن جاذويه?; traslitterato dal medio-persiano Vahūman Ĵādaggōw) (... – 636) è stato un generale[1] sasanide.
Di pessima reputazione presso gli Arabi, che egli combatté fino alla morte,[2] guidò i Sasanidi a un'importante vittoria sugli Arabi nella battaglia del Ponte.
Le forze arabo-musulmane chiamavano Bahman Dhū l-Ḥājib,[3] (in arabo ذو الحاجب?, "Quello dei sopraccigli cespugliosi").[2] Viene spesso confuso con Mardānshāh,[2] un altro generale sasanide.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Nulla si sa della sua gioventù, ma quanto meno improbabile è la notizia che Bahman Jādhūyeh - ricordato come un uomo anziano nel 634 - possa essere stato il figlio del generale sasanide Hormazd Jādhūyeh, che avrebbe guidato i Sasanidi nella battaglia di Firāḍ.
Bahman è per la prima volta menzionato nelle cronache arabe nel 633, come uno dei rappresentanti dei Sasanidi e membro della fazione Parsig guidata da Piruz Khosrow.[4] Nel 633, l'Imperatore sasanide ordinò a un altro generale, Andarzaghar, che era in carica e che doveva provvedere alla protezione delle frontiere del Khorasan,[4] di presidiare i confini occidentali contro gli Arabi che razziavano la Persia. Andarzaghar, con Bahman Jādhūyeh, scatenò quello stesso anno un contrattacco contro l'esercito di Khalid ibn al-Walid nella battaglia di al-Walaja, ma i Sasanidi furono sconfitti. Dopo la disfatta, Bahman si precipitò a Ctesifonte, dove trovò l'Imperatore Yazdegerd III ammalato. Lo Shahanshah gli ordinò comunque di contrattaccare gli Arabi ma Bahman stavolta disubbidì all'Imperatore fanciullo e inviò invece Jābān a combattere gli Arabi.
Jābān, che era stato mandato al fronte occidentale da solo, fu sgominato nella battaglia di Ullays.[5]
Quando gli Arabi, sotto il comando di Abu ʿUbayd organizzarono una spedizione nel Sawad (634), Rostam-e Farrokhzād inviò Bahman Jādhūyeh e Galinus contro di lui, con una forza armata composta dalla potente classe dei Wuzurgan, che poteva contare su elefanti da guerra e sui Jāwīdān (in persiano جاویدان), sotto il vessillo di pelli di leopardo (Derafsh-e Kāvīān).
Rostam è noto per aver detto a Bahman: "Se Galinus torna con qualcosa di simile a una sconfitta, allora tagliagli la testa".[6] Bahman, scontratosi con gli Arabi a Sawaw, aggirò i musulmani a Babilonia, a ovest del Tigri, e poi dell'Eufrate, per accamparsi a Qoss al-Nātef, sulla sua riva destra. Abu 'Ubayd si accampò nei pressi del fiume e quando traversò l'Eufrate a sua volta su un ponte di barche, fu attaccato dall'esercito di Bahman.
Bahman prese alle spalle i musulmani che traversavano il fiume e inflisse loro una tremenda disfatta nella battaglia del Ponte. Durante lo scontro, l'esercito di Bahman trasse vantaggio dalla presenza di elefanti da guerra, che terrorizzavano i cavalli degli Arabi, tanto da provocare la morte dello stesso Abu 'Ubayd, forse ucciso proprio da un pachiderma. Il ponte fu rotto allora dagli Arabi, 4.000 dei quali perirono annegati o uccisi dai guerrieri di Bahman. Al-Muthanna tentò di allontanarsi dal ponte e di radunare i 3.000 Arabi sopravvissuti ma alcuni di loro fuggirono verso Medina. Bahman però non li inseguì per eliminarli definitivamente.[7]
Bahman non poté sfruttare appieno la sua vittoria perché, subito dopo, una fazione che a Ctesifonte (per gli Arabi al-Madāʾin) faceva capo a Fīrūzān allontanò dal potere Rostam-e Farrokhzād e la sua fazione. Bahman dovette lasciare la sua carica militare e tornare nella capitale sasanide, facendo sfumare qualsiasi possibilità dei Persiani di vanificare l'azione conquistatrice dei musulmani Arabi.
Nel 636, durante la battaglia di al-Qadisiyya, Bahman fu ucciso da Qaʿqaʿ b. ʿAmr che volle vendicare così la morte di Abu 'Ubayd e degli altri musulmani trucidati nella battaglia del Ponte.[2]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ in persiano فرمانده, Farmāndeh, ossia "Comandante".
- ^ a b c d Bahman Jādūya, M. Morony, Encyclopaedia Iranica
- ^ Yohanan Friedmann Ṭabarī, The battle of al-Qādisiyyah and the conquest of Syria and Palestine, SUNY Press, 1992, p. 56, ISBN 978-0-7914-0733-2.
- ^ a b Pourshariati (2008), p. 195
- ^ Pourshariati (2008), p. 196
- ^ Pourshariati (2008), p. 217
- ^ Richard Nelson Frye, The Cambridge History of Iran: The period from the Arab invasion to the Saljuqs, Cambridge University Press, 1975, p. 9.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Parvaneh Pourshariati, Decline and Fall of the Sasanian Empire: The Sasanian-Parthian Confederacy and the Arab Conquest of Iran, London and New York, I.B. Tauris, 2008, ISBN 978-1-84511-645-3.
- M. Morony, BAHMAN JĀDŪYA, in Encyclopaedia Iranica, Online Edition, 1988. URL consultato il 7 luglio 2014.
- Abd al-Husain Zarrinkub, The Arab conquest of Iran and its aftermath, in The Cambridge History of Iran, Volume 4: From the Arab Invasion to the Saljuqs, Cambridge, Cambridge University Press, 1975, pp. 1-57, ISBN 978-0-521-20093-6.