L'apologo di Menenio Agrippa fu un discorso pronunciato da Menenio Agrippa nel 494 a.C. ai plebei che, per protesta, avevano abbandonato Roma e occupato il Monte Sacro per ottenere la parificazione dei diritti con i patrizi (azione detta secessio plebis).
L'apologo è tramandato da Tito Livio che lo ha riportato nel secondo libro degli Ab Urbe condita libri.
Testo e contenuto dell'apologo
[modifica | modifica wikitesto]Agrippa spiegò l'ordinamento sociale romano metaforicamente, paragonandolo ad un corpo umano nel quale, come in tutti gli insiemi costituiti da parti connesse tra loro, gli organi sopravvivono solo se collaborano e, diversamente, periscono; conseguentemente, se le braccia (il popolo) si rifiutassero di lavorare, lo stomaco (il senato) non riceverebbe cibo ma, in tal caso, ben presto tutto il corpo, braccia comprese, deperirebbe per mancanza di nutrimento.
«Olim humani artus, cum ventrem otiosum cernerent, ab eo discordarunt, conspiraruntque ne manus ad os cibum ferrent, nec os acciperet datum, nec dentes conficerent. At dum ventrem domare volunt, ipsi quoque defecerunt, totumque corpus ad extremam tabem venit: inde apparuit ventris haud segne ministerium esse, eumque acceptos cibos per omnia membra disserere, et cum eo in gratiam redierunt. Sic senatus et populus quasi unum corpus discordia pereunt concordia valent.»
«Una volta, le membra dell’uomo, constatando che lo stomaco se ne stava ozioso [ad attendere cibo], ruppero con lui gli accordi e cospirarono tra loro, decidendo che le mani non portassero cibo alla bocca, né che, portatolo, la bocca lo accettasse, né che i denti lo confezionassero a dovere. Ma mentre intendevano domare lo stomaco, a indebolirsi furono anche loro stesse, e il corpo intero giunse a deperimento estremo. Di qui apparve che l’ufficio dello stomaco non è quello di un pigro, ma che, una volta accolti, distribuisce i cibi per tutte le membra. E quindi tornarono in amicizia con lui. Così senato e popolo, come fossero un unico corpo, con la discordia periscono, con la concordia rimangono in salute.»
Conseguenze dell'apologo
[modifica | modifica wikitesto]Grazie alla mediazione di Agrippa, la situazione fu ricomposta ed i plebei fecero ritorno alle loro occupazioni, scongiurando così la prima grande rottura fra patrizi e plebei.
Successivamente, la plebe ottenne l'istituzione dei tribuni della plebe[1] e degli edili della plebe e l'istituzione di una propria assemblea, il concilium plebis, che eleggeva i tribuni e gli edili plebei. Le delibere dei concilia plebis (plebisciti) avrebbero avuto valore di legge per i plebei. Sia i tribuni che gli edili della plebe erano inviolabili.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, II. 33.