L'Ambasciata persiana in Europa (1609-1615) fu una missione diplomatica voluta dallo scià Abbas I di Persia nel 1609 per ottenere un'alleanza contro l'Impero ottomano. L'ambasciata venne guidata dall'inglese Robert Shirley.[1]
Antefatto
[modifica | modifica wikitesto]All'inizio del Seicento i persiani safavidi, che erano stati in guerra col vicino Impero ottomano da più di un secolo, decisero di provare ad ottenere l'aiuto di alcuni stati europei contro i turchi.[2] Oltre all'antagonismo territoriale tra persiani e turchi, forte era anche l'antagonismo di tipo religioso, dal momento che i persiani perseguivano lo sciismo, mentre gli ottomani il sunnismo.[3] Gli sforzi persiani di avvicinarsi all'Europa cattolica (in particolare al Sacro Romano Impero degli Asburgo, all'Italia ed alla Spagna) erano tesi anche a controbilanciare l'alleanza franco-ottomana creatasi tra Francia ed Impero ottomano, dal momento che la Persia si trovava in guerra aperta con gli ottomani nella guerra ottomano-safavide (1603-1618). Quest'ambasciata fece seguito ad una prima ambasciata in Europa svoltasi tra il 1599 ed il 1602.
L'ambasciata
[modifica | modifica wikitesto]L'ambasciata persiana si recò a Cracovia, a Praga, a Firenze, a Roma, a Madrid, a Londra e fece poi ritorno in Persia attraverso i territori del Gran Mogol d'India.[4] Shirley venne ricevuto con i massimi onori in tutti quei paesi che erano in conflitto con l'Impero ottomano. A Praga, inoltre, Shirley ottenne il rango di cavaliere del Sacro Romano Impero per mano dell'imperatore.[5] Nel 1609 venne creato conte palatino del Sacro Romano Impero da Rodolfo II.[5] L'ambasciata continuò quindi verso Firenze, Milano e Roma dove venne ricevuta da papa Paolo V,[6] e proseguì quindi alla volta della Spagna.
Nel 1611 Shirley raggiunse l'Inghilterra, dove incontrò l'opposizione della Compagnia del Levante che aveva forti interessi commerciali con gli ottomani.[5]
Shirley ritornò quindi in Persia via mare, passando il Capo di Buona Speranza e sbarcando in India alla foce dell'Indo, sfuggendo ad un attentato alla sua vita da parte dei portoghesi appostati in loco.[5] Tornò infine a Ispahan con sua moglie nel 1615, mentre tutti i suoi compagni di missione erano morti lungo il viaggio per una congiura attraverso una serie di avvelenamenti.[5]
Conseguenze
[modifica | modifica wikitesto]Nel 1616 venne raggiunto un accordo commerciale tra lo scià Abbas I e la Compagnia britannica delle Indie orientali, e nel 1622 "una forza congiunta anglo-persiana espulse i commercianti portoghesi e spagnoli dal Golfo Persico" con la presa di Ormuz.[7]
Nel 1624 Robert Shirley guidò un'altra ambasciata in Inghilterra per ottenere degli accordi commerciali.[4]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Olson, p.1005
- ^ Le Strange, p.2
- ^ Khair, p.173
- ^ a b Maquerlot, p.17
- ^ a b c d e Olson, p.1005
- ^ Ann Rosalind Jones, Renaissance clothing and the materials of memory, p. 55.
- ^ Badiozamani, p.182
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Guy Le Strange, Juan de Persia Don Juan of Persia: A Shi'ah Catholic 1560–1604 Routledge, 2004 ISBN 0-415-34488-3
- Tabish Khair, Martin Leer, Justin D. Edwards, Hanna Ziadeh, Amitav Ghosh Other routes: 1500 years of African and Asian travel writing Indiana University Press, 2005 ISBN 0-253-21821-7
- Jean-Pierre Maquerlot, Michèle Willems Travel and drama in Shakespeare's time Cambridge University Press, 1996 ISBN 0-521-47500-7
- Badi Badiozamani, Ghazal Badiozamani Iran and America: Re-Kindling a Love Lost East West Understanding Pr., 2005 ISBN 0-9742172-0-4
- James Stuart Olson, Robert Shadle Historical dictionary of the British empire Greenwood Publishing Group, 1996 ISBN 0-313-29367-8