al-Jawf (in arabo ﺍﻟﺠﻮﻑ?, che significa "depressione"), è il nome di un'antica città araba, nell'attuate nord-occidentale dell'Arabia Saudita, nella provincia di al-Hudud al-Shamaliyya.
Chiamata anche al-Jūba, viene identificata con la cittadina che Claudio Tolomeo chiamava "Dumetha" e che i primi geografi arabi musulmani trasformarono in "Dūmat al-Jandal", ricordata come l'agglomerato urbano più settentrionale del Deserto arabico e più meridionale del Deserto siriano, appartenente al Bilad al-Sham.
La città, che controllava i traffici mercantili che percorrevano la cosiddetta "strada dell'Iraq" - che dalla yemenita Gerrḥāʾ percorreva il Wadi Sirhan, per concludersi a Umm al-Ǧimāl e a Petra, e che era gestita nel tratto finale dai Nabatei - si piegò alla signoria della Umma islamica di Medina col suo signore cristiano, che versò ai musulmani 300 monete d'oro, a titolo di jizya, in ragione del numero degli uomini adulti.[1]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Claudio Lo Jacono, Maometto, Roma-Bari, Laterza, 2011, p. 135.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Lemma «al-Djawf» (Mandaville, J.), su: The Encyclopaedia of Islam, Second edition.
- John Gordon Lorimer, Gazetteer of the Persian Gulf, Calcutta, Superintendent Government Printing, 1908-15, pp. 935 e segg.
- A. Musil, Arabia Deserta: A Topographical Itinerary, New York, American Geographical Society 1927, pp. 464-474, pp. 520-523, 531-553.
- Hillary St. John Bridger Philby, Arabia, London, Ernest Benn, 1930