L'abato[1][2] (àbato; dal greco τὸ ἄβατον / tò ábaton, «luogo inviolabile», neutro sostantivato dell'aggettivo ἄβατος / ábatos, «inaccessibile») è, nel mondo greco antico, una parte del tempio o di un luogo sacro, l'accesso del quale è interdetto ai profani.
Nel santuario di Asclepio a Epidauro l'abato è il dormitorio nel quale i malati attendono il miracolo guaritore[3].
A Rodi era stata eretta la sepoltura monumentale di Artemisia II per commemorare il suo successo nel farsi signora dell'isola. Dopo aver riconquistato la propria libertà, i rodiesi la resero inaccessibile, da cui il successivo nome di ἄβατον.[4]
Nell'Egitto antico è attestato un santuario sull'isola di Bigeh, vicino alla prima cateratta del Nilo, presso l'isola di File. Secondo la tradizione nel santuario erano conservate le spoglie di Osiride.[5] L'accesso al santuario era riservato unicamente ai sacerdoti incaricati del rito e per questo motivo era denominato ábaton.[6]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Lemma abato in Nicola Zingarelli, Vocabolario della lingua italiana, Zanichelli 2012.
- ^ Lemma abato in Aldo Gabrielli, Grande dizionario italiano, Hoepli.
- ^ Milena Melfi, I santuari di Asclepio in Grecia, vol. 1, L'Erma di Bretschneider, 2007 ISBN 8882653471
- ^ Vitruvio, De architectura, II, 8.
- ^ The island of Bigeh
- ^ Jitse H. F. Dijkstra, Philae and the End of Ancient Egyptian Religion, Peeters, 2008, p. 202.
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