Embryons desséchés | |
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Embryon desséché d'édriophthalma | |
Compositore | Erik Satie |
Epoca di composizione | luglio 1913 |
Dedica | Suzanne Roux, Édouard Dreyfus, Jane Mortier |
Durata media | 6'00" |
Movimenti | |
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Gli Embryons desséchés (Embrioni disseccati) sono una composizione musicale parodistica per pianoforte di Erik Satie, scritta nel 1913. Furono composti di getto nel corso di cinque giorni (30 giugno-4 luglio)[1][2] e dedicati a Suzanne Roux, Édouard Dreyfus e Jane Mortier.[3] Il compositore francese prende di mira gli imitatori senza talento dei grandi maestri,[2] che paragona a embrioni di organismi come il cetriolo di mare (oloturia) e certi crostacei.
Struttura
[modifica | modifica wikitesto]Gli Embryons desséchés si compongono di tre movimenti.
- d'Holothurie (Allez un peu). Ispirato ai classici, mescola stili diversi e intende graffiare in tutte le direzioni. Include una coda definita «grandiose» che consiste, in realtà, nella ripetizione insistente dello stesso accordo fondamentale per ben diciotto volte.[2]
- d'Édriophthalma (Sombre). Si segnala per la parodia del trio della marcia funebre di Chopin, banalizzato con una melodia che procede per gradi congiunti, arpeggi ridotti in estensione nel basso e il trasporto nella scontata tonalità di do maggiore. Irriverente, Satie chiama il brano «mazurca di Schubert», ma l'oggetto della sua satira non è il capolavoro di Chopin (uno dei suoi autori preferiti), bensì piuttosto il simbolo d'arte «borghese» che esso è divenuto, oppure il Romanticismo in genere.[2][4][5][6]
- de Podophthalma (Un peu vif). Distorce il ritornello della Chanson de l'orang-outan tratta dall'operetta La Mascotte di Audran e presenta a sua volta una coda che insiste sull'accordo di tonica imitando il finale dell'Ottava di Beethoven.[4][5]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ (FR) Embryons desséchés, su mediatheque.cite-musique.fr. URL consultato il 24 giugno 2015.
- ^ a b c d (FR) Vincent Lajoinie, Erik Satie, Losanna, L'Age d'Homme, 1985, pp. 204-206. URL consultato il 24 giugno 2015.
- ^ Erik Satie, Gymnopédies, gnossiennes and other works for piano, New York, Dover, 1989, pp. 133-143. URL consultato il 24 giugno 2015.
- ^ a b (EN) Robert Orledge, Satie the composer, Cambridge, Cambridge University Press, 1990, p. 33. URL consultato il 24 giugno 2015.
- ^ a b (EN) Steven Moore Whiting, Satie the Bohemian. From cabaret to concert hall, Oxford, Oxford University Press, 1999, pp. 374-375. URL consultato il 24 giugno 2015.
- ^ (EN) Caroline Potter, Erik Satie: music, art and literature, Burlington, Ashgate, 2013, p. 66. URL consultato il 24 giugno 2015.
Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Embryons desséchés
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) Spartiti o libretti di Embryons desséchés, su International Music Score Library Project, Project Petrucci LLC.
- (EN) Embryons desséchés, su AllMusic, All Media Network.
- (EN) Embryons desséchés, su MusicBrainz, MetaBrainz Foundation.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 177862027 · BNF (FR) cb139186289 (data) · J9U (EN, HE) 987011096248205171 |
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