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Utente:Madip86/Storia della Salernitana
Questa pagina tratta la storia dell'Unione Sportiva Salernitana 1919 dalle origini e fino agli anni più recenti.
Anni dieci: gli albori del calcio salernitano e le origini della Salernitana
[modifica | modifica wikitesto]Nel 1911 con la fondazione di una polisportiva, ha origine la prima Unione Sportiva Salernitana, la quale non va confusa con quella odierna. La società aveva sede a Baronissi, e sorse dalla fusione di varie compagini sportive di Salerno e provincia: Pro Calcio Salerno, Ciclistica Salernitana, Società Sportiva Baronissi, Unione Sportiva Sanverinese.[1]
Dopo due anni di attività la società si sciolse, ed a partire dal 1913 nacquero diverse squadre nella città di Salerno: Foot-Ball Club Salerno (in maglia bianca), Settembrini (Foot-Ball Club Settembrini[1] oppure, a seconda delle fonti Società Sportiva Luigi Settembrini[2]), Vigor Salerno, Juniores Giovine Italia, Foot-Ball Club Campania, Società Ginnastica Pro Salerno, nonché lo Sport Club Audax Salerno.[1]
Le compagini menzionate si affrontarono in partite a carattere non ufficiale, e tra le primissime partite, sul campo di Piazza d'Armi si disputò l'amichevole Salerno-Settembrini, che finì 2-0.[2] Le squadre pioneristiche di Salerno gareggiavano in ambito regionale tramite amichevoli e tornei.[1] Tra le più note di queste compagini vi fu il già citato Foot-Ball Club Salerno del presidente e fondatore Donato Vestuti, che di professione era giornalista e direttore della testata Il Giornale della Provincia.[3]
Proprio il quotidiano di Vestuti organizzò dei tornei a cui parteciparono quasi tutte le società sopra elencate, che spesso gareggiavano con più di una squadra (ad esempio nella seconda edizione il Salerno fu rappresentato da prima, seconda e terza squadra, e la Juniores Giovine Italia da prima e seconda squadra) ossia il primo e -l'anno dopo- secondo campionato calcistico provinciale. Se la prima edizione la vinse una delle formazioni del club di Vestuti, della seconda edizione non si conosce la formazione vincitrice.[2]
Con lo scoppio della Grande Guerra tuttavia le attività calcistiche cittadine vennero interrotte, inoltre Vestuti venne chiamato alle armi, e morì nel corso della guerra. Con la fine delle ostilità, nel 1919 alcuni giocatori e dirigenti precedentemente attivi nelle squadre prima enunciate, rimaste tutte attive in ambito regionale sino al 1915,[1] fatta eccezione per l'Audax che proseguì ulteriormente le attività, unirono le forze capeggiate dal noto rag. Matteo Schiavone[4][5] (ex giocatore, di ruolo portiere, e dirigente del FBC Campania[2]) per costituire un nuovo sodalizio a carattere polisportivo[2] in grado di riservare al calcio un ruolo di primissimo piano, assorbendo anche l'esperienza della Società Sportiva Giovani Esploratori.[1]
A Salerno, il 19 giugno 1919 in Corso Umberto I n. 67 un gruppo di soci capeggiati da Matteo Schiavone (in precedenza calciatore e dirigente del Foot-Ball Club Campania) diede forma all'Unione Sportiva Salernitana, società polisportiva con Adalgiso Onesti primo presidente. La divisa della squadra di calcio prevedè una maglia a strisce verticali bianche e celesti alternate, mentre il primo logo della società fu una corona accompagnata dall'acronimo societario "U.S.S.". Tra le attività del club, oltre al calcio, che veniva praticaticato inizialmente in campi non regolamentari come quello in Piazza dei Martiri e quello di Piazza del Vecchio Mercato (nell'attesa che venissero effettuate le dovute migliorie al campo Divisionale di Piazza d'Armi),[5] sono menzionabili la corsa, il nuoto, il ciclismo, l'atletica, il canottaggio, il pugilato, la lotta.[6] La prima attività sportiva organizzata dalla Salernitana fu la corsa, in un evento detto "Popolarissima" (doppio giro podistico) in cui gareggiarono non soltanto corridori di Salerno, ma provenienti anche da altre parti della Campania.[6] Tra le prime partite di calcio della Salernitana vi furono anche i derby con la Cavese, che inizialmente videro in prevalenza vincere la Salernitana: se la prima sfida, per la Coppa della Marchese Imperiali, si concluse con un 3-1 metelliano, in seguito nelle amichevoli che si susseguirono si assistì ai 6-0, 4-1 (poi sospesa in fase di svolgimento per oscurità) e 3-1 per la Salernitana.[7]
Anni venti e trenta: la Salernitanaudax e la Salernitana Fascista
[modifica | modifica wikitesto]La Salernitana, che in seguito adottò come proprio terreno di gioco il campo di Piazza D'Armi,[5] partecipò al suo primo campionato nel 1920, in Promozione, seconda serie dell'epoca. Il torneo fu a carattere regionale, ed una volta vinte 6 gare su 6 nel proprio sottogirone, al fine di ottenere la promozione in massima serie sfidò il club partenopeo del Brasiliano (nome del Bar in cui la squadra aveva sede): dopo due 5-0 per entrambe le squadre di casa, in un meccanismo di andata e ritorno, servì una terza partita finale da disputarsi in campo neutro. Venne scelto il campo di Nocera Inferiore, città dell'alto salernitano, sul quale i napoletani non si presentarono consegnando così la promozione in Prima Divisione ai biancocelesti della Salernitana.[8]
L'approdo al massimo torneo non fu tuttavia semplice: la Salernitana presentò inizialmente sia problemi di natura tecnica che di tipo economico, non riuscendo ad andare oltre la fase a gironi regionale. Nel 1921-22 venne addirittura retrocessa in Seconda Divisione, diventata la nuova seconda serie del tempo.
Nel frattempo lo Sport Club Audax -società già menzionata in precedenza- raggiunse il massimo campionato.[9] Nel corso del 1922 si trovò un accordo per unire le forze, attraverso una fusione tra i due sodalizi salernitani. L'operazione che portò alla nascita della Società Sportiva Salernitanaudax, società che conservò il carattere di polisportiva, avvenne non senza polemiche, specie da parte dell'Audax e del suo presidente Guasco.[9] Sicché dopo la fusione, il club dell'Audax si ricostituì ripartendo dalle serie inferiori[senza fonte], mentre la Salernitanaudax, che scelse come colori sociali il celeste-nero, derivante dal bianco-celeste della Salernitana ed il bianco-nero dell'Audax (escludendo quindi il bianco),[9] iniziò l'attività calcistica attraverso incontri non ufficiali, rinunciando per una stagione a partecipare al campionato, per motivi organizzativi.[9]
Uno dei protagonisti della nuova squadra fu la punta di diamante Willy Kargus (già della Salernitana), che divenne capitano[9] e svolse in contemporanea anche il ruolo di allenatore per un certo periodo della stagione 1924-25.[10]
La Salernitanaudax partecipò al campionato di Prima Divisione 1923-24 e 1924-25 ottenendo principalmente sconfitte: in questi due anni la squadra conquistò la Coppa A.G. Nocerina[11] e disputò alcune amichevoli, mentre in campionato ottenne due retrocessioni sul campo: per la prima venne ripescata, mentre a seguito del secondo ultimo posto consecutivo l'attività del sodalizio venne definitivamente sospesa a partire dal 1925.[12]
Tuttavia Salerno non rimase senza calcio, poiché nel frattempo erano già sorte diverse squadre locali, fra cui la Libertas, che si fronteggiavano nei campionati liberi ULIC tra di loro e con altre della provincia. In campionato invece, due squadre di Salerno nel 1925-26 disputarono la Terza Divisione: furono la Caiafa, presieduta dall'ormai ex presidente della Salernitanaudax, Carmine Caiafa, ed il Campania Foot-Ball Club, società in cui confluirono alcuni calciatori della Salernitanaudax e che a fine stagione ottenne la promozione in Seconda Divisione 1926-1927.[12]
Nel 1927 il regime fascista impose l'affasciamento, ovvero l'unione, di tutte le forze sportive cittadine di Salerno, facendo così sorgere una nuova polisportiva: venne in questo modo rifondata la Salernitana, con la nuova denominazione di Unione Sportiva Fascista Salernitana frutto della fusione tra Campania e Libertas. Al giallo di quest'ultima venne preferito adottare l'amaranto quale colore delle magliette, ossia le stesse del Campania[senza fonte].
Nel campionato di Seconda Divisione 1927-1928 gli amaranto vinsero il proprio girone eliminatorio conquistando l'accesso al girone finale utile alla promozione in Prima Divisione. I campani conclusero il girone finale al terzo posto, dietro Goliarda Roma e Rosetana, tuttavia vennero in seguito ammessi "per titoli", ossia ripescati in Prima Divisione 1928-1929, seconda serie dell'epoca per colmare l'insufficiente numero di squadre meridionali.[13]
Il secondo livello calcistico a cui partecipò la Salernitana fu quello riservato alle sole società del Sud, e per tale motivo ad esso ci si può riferire anche con l'appellativo di campionato meridionale per distinguerlo dal torneo del nord. Classificatasi terza nel proprio giorone iniziale, in quello D finale la Salernitana concluse sesta (ultima).[14] Per la stagione successiva la Prima Divisione, vale a dire il campionato disputato dalla Salernitana, venne declassata al terzo livello per via dell'istituzione della nuova Serie B.
Seguirono poi numerosi campionati in terza serie, ed in questi anni anni nel frattempo a Salerno venne inaugurato quello che diventerà il nuovo impianto casalingo delle partite della Salernitana: lo Stadio Littorio (attuale Stadio Vestuti), il giorno 2 gennaio 1931.[15]
I campani ottennero la promozione nella seconda serie nazionale nel 1937-38, quando cioè vinsero il girone E della Serie C,[16] categoria che sostituì la Prima Divisione come terza serie a partire dal 1935.
Il primo posto nel proprio girone di Serie C venne raggiunto sotto la guida di mister Ferenc Hirzer e del nuovo presidente Giuseppe Carpinelli. Per tutta la stagione la Salernitana contese il primato del primo posto a L'Aquila e Civitavecchia, e la promozione matematica giunse solo all'ultima giornata battendo il Potenza per 2-0 fuori casa grazie alle reti di Valese e Corsanini. Al termine della gara i calciatori della Salernitana partirono per tornare a Salerno, e quando arrivarono ad accoglierli vi furono i tifosi che festeggiarono l'evento con una fiaccolata in onore della squadra.[16]
Giunti nella Serie B 1938-1939, i calciatori della squadra campana non ebbero vita facile, ed a complicare ulteriormente le cose vi fu un episodio accaduto a cinque minuti dal termine della gara contro l'Anconitana dell'ex tecnico Ferenc Hirzer (ad allenare a Salerno giunse nel frattempo Franz Hansel). L'arbitro infatti assegnò un gol viziato da un fallo di mano di un calciatore avversario, i salernitani quindi persero la sfida per via di una svista e ciò scaturì le proteste dei calciatori, che non furono affatto contenute: nel referto di fine gara l'arbitro scrisse di aver ricevuto un calcio e punì pesantemente alcuni calciatori della Salernitana: il difensore Zaramela, per esempio venne squalificato per tutto il resto del campionato.[17]
Il campionato di Serie B venne infine concluso al penultimo posto, e poche furono le soddisfazioni della squadra, la quale seppe comunque tenere testa in casa propria alla capolista Fiorentina ottenendo un pareggio di 1-1, e vinse con delle goleade le sfide casalinghe contro Casale (5-0) e Sanremese (7-1).[17]
Anni quaranta: tra terza serie, competizioni post-belliche, Serie B, Serie A e l'ippocampo di D'Alma
[modifica | modifica wikitesto]Gli anni quaranta furono un decennio particolarmente significativo dal punto di vista storico per la Salernitana, sia in positivo, dal momento che la squadra ottenne diversi successi di rilevanza anche nazionale che in negativo, considerati alcuni episodi di differente natura.
Nel 1940 il club fu sotto la presidenza di varie personalità che si alternarono nel corso dei mesi, e l'ultima fu di Matteo Scaramella, che rimase infine in carica sino al 1943.
Il presidente provò, grazie ad una squadra di vertice orchestrata dall'allenatore Gipo Viani a far ottenere alla squadra una promozione in Serie B. I salernitani vinsero agilmente il proprio girone del campionato di Serie C 1941-1942, sconfiggendo nell'ultima gara la Cavese per 8 reti a 0. Proprio un ricorso della Cavese impedì la promozione alla Salernitana, società che venne penalizzata da un fatto che come protagonisti ebbe un emissario, accusato di aver corrotto il portiere Cozzi a subire quante più reti possibili in occasione del derby. Il particolare episodio tuttavia poco si addisse ad una squadra, quella della Salernitana che da un lato avrebbe comunque vinto il campionato indipendentemente dall'esito del derby, dall'altro la squadra di Salerno ebbe modo di mostrarsi anche sulla carta superiore alle altre compagini del proprio girone, Cavese inclusa. Non a caso la promozione arrivò comunque, nell'anno immediatamente successivo.[18]
Fu infatti il 1943 l'anno in cui sotto la guida tecnica dell'allenatore Gipo Viani la squadra ritornò in Serie B, a cui però prese parte soltanto qualche anno più tardi vista la sospensione delle attività sportive nazionali causata dalla nota guerra in atto in Italia e altrove.
Nel 1944 la squadra prese pertanto parte ad una competizione di carattere regionale, la Coppa della Liberazione, manifestazione che sotto la guida dell'allenatore Carmine Milite e la presidenza di Felice Del Galdo (in carica fino al 1945) vinse.[19] Nell'anno seguente la squadra concluse invece al secondo posto il Campionato campano 1945. Quest'ultima manifestazione è da segnalare anche per un episodio infelice accaduto nel corso di un derby tra Salernitana e Napoli. Al 35°, sul punteggio di 1-1 l'arbitro Demetrio Stampacchia assegnò un calcio di rigore in favore del Napoli, ma i tifosi salernitani si inferocirono per una decisione giudicata controversa. Per tale motivo invasero il terreno di gioco, ed anche fra i calciatori si ebbe una rissa, in una situazione oggettivamente caotica e pericolosa, tanto che allo scopo di placare atleti e tifosi l'arbitro si buttò a terra e si finse morto, aiutato dal suono di un colpo di arma da fuoco sparato dagli spalti.[20]
In seguito all'episodio appena descritto, i granata disputarono le successive partite in campo neutro giacché il campo di gioco della squadra venne sospeso per un mese, ed inoltre la società della Salernitana fu costretta a pagare 25.000 euro di multa.[20]
A guerra conclusa, la Salernitana che già dal 1943 mutò ragione sociale rimuovendo l'aggettivo "fascista" dalla propria denominazione, si presentò in tal modo, con anche una nuova casacca di colore granata, adottata a partire dal 1943, iscritta al campionato di Divisione Nazionale 1945-1946, torneo ufficiale misto tra squadre di Serie A e Serie B.
La partecipazione e la posizione finale ottenuta in classifica non le permise di partecipare alla successiva Serie A, competizione che tuttavia conquistò sul campo nella successiva stagione trascorsa nella Serie B 1946-1947.[21]
La Salernitana vinse il campionato del proprio girone, quello "C" dedicato alle squadre più a sud tra quelle partecipanti. Sotto la presidenza di Domenico Mattioli ed il ritorno di Gipo Viani in qualità di allenatore, i granata disputarono un campionato che li vide protagonisti sino alla fine. La classifica finale li pose al primo posto davanti a Ternana, Pescara, Lecce e Scafatese. La competizione fece registrare alla squadra diverse goleade, come il 5-0 sull'Alba Roma, il 5-0 al Pescara, il 6-1 alla Ternana, ed il 5-0 rifilato al Taranto. I campioni del girone C furono in grado di compiere l'impresa della prima promozione in Serie A grazie ad una squadra composta da figure come Carmine Iacovazzo, Vincenzo Margiotta, Antonio Valese, Elio Onorato, Sebastiano Vaschetto, Ivo Buzzegoli. La squadra ottenne diversi record stagionali, come il minor numero di sconfitte (4), il maggior numero di punti ottenuti fuori casa (15), il miglior quoziente reti (2,56) ed il minor passivo di reti (23).[22]
In estate venne organizzato un torneo di calcio a Salerno. Ebbene, fu in una delle partite di quel torneo che il capitano Antonio Valese sperimentò e suggerì in seguito all'allenatore Gipo Viani il Vianema. Si trattò di un'invenzione mediante la quale la Salernitana ottenne rilevanti risultati in massima serie, riuscendo a tenere testa a molte grandi squadre. In pratica fu una vera e propria rivoluzione, che contribuì a modificare le future regole tattiche anche di altre squadre, infatti anche grazie alle idee del Vianema nacque ciò che in seguito divenne il catenaccio (modulo 1-3-3-3): si trattò di un sistema che da un lato consentì la possibilità per la squadra di difendersi e dall'altro di avere anche buone possibilità di attaccare, attraverso un gioco che si sviluppava sulle fasce, l'invenzione del finto centravanti e della figura del libero. Alberto Piccinini veniva schierato in campo con il numero 9, dunque quale finto attaccante giacché a gioco in corso andava a fare da tramite fra centrocampo e difesa, conferendo importanza al ruolo del mediano, che marcava gli attaccanti avversari. Il fatto che il mediano andasse a marcare gli avversari permetteva al difensore centrale Ivo Buzzegoli, che si posizionava davanti al portiere e dietro gli altri tre difensori, maggiore libertà di movimento, e pertanto poteva proteggere il pallone ogni qualvolta lo si riteneva necessario.[23]
Attraverso il Vianema la Salernitana si fece conoscere in tutta Italia, ma la diatriba circa la paternità del metodo fece sì che Valese abbandonasse la squadra, in polemica con l'allenatore che la utilizzò. Pertanto il capitano che fu tra i protagonisti della prima promozione in Serie A per la Salernitana non giocò mai in massima serie nell'arco della sua carriera.[23]
I campani ottennero in Serie A 1947-1948 diversi buoni risultati, non centrando la salvezza per un solo punto, ma circa questo aspetto sorsero non poche polemiche, giacché alla Roma venne contestato un favoritismo nella gara valida per lo scontro salvezza con la Salernitana. Lo scrittore Antonio Ghirelli nella sua Storia del calcio descrive il favoritismo arbitrale ottenuto dai giallorossi con le seguenti parole: "...la Salernitana si vide sacrificata all'ultimo ad un club più potente e più ricco, la Roma, che poté salvarsi grazie ad un arbitraggio molto discutibile in occasione del confronto diretto, a due giornate dalla fine". L'arbitro della partita, Vittorio Pera di Firenze, in quella gara assegnò alla Roma un gol viziato da un fallo sul portiere, e la rete consentì alla squadra giallorossa di vincere per 1-0. La Salernitana presentò per tale motivo un ricorso avverso alla retrocessione, ma nulla si smosse ed alla fine i campani tornarono in seconda serie.[23]
Dopo la retrocessione, il presidente Mattioli abbandonò il timone della società proprio nel 1948, in favore di Marcantonio Ferro che rimase in carica fino al 1954.
Di ritorno in B, la Salernitana 1948-49 ritentò la scalata alla massima serie, attraverso il nuovo allenatore Pietro Piselli. Malgrado i buoni risultati ottenuti in casa, la squadra granata subì troppe sconfitte in trasferta, sicché concluse la stagione al quarto posto, posizione non utile alla promozione.[24]
Nel 1949 inoltre, grazie al pittore Gabriele D'Alma la Salernitana cambiò il proprio logo, adottando come simbolo un ippocampo (già emblema della Scuola Medica Salernitana), che per qualche stagione comparve anche sulle casacche di gioco.[25]
Anni cinquanta, sessanta e settanta: tra Serie B e C, il caso Plaitano, le crisi finanziarie
[modifica | modifica wikitesto]Nel 1950 durante una partita col Genoa, si verificò a Salerno la prima invasione di campo in Italia dopo l'avvenuta Liberazione nazionale. Sullo 0-0 a dodici minuti dal termine, per un fallo in area del granata Fragni ai danni del rossoblù Frizzi l'arbitro assegnò un calcio di rigore al Genoa. Segnò Pravisano, portando i liguri alla vittoria, una vittoria contestata dai tifosi salernitani. In precedenza l'arbitro aveva sorvolato su di un fallo in area di Beccatini, giocatore rossoblù. In seguito al gol, uno spettatore salernitano scavalcò la rete dei Distinti, entrò in campo e tentò di aggredire l'arbitro. Infine, la terna arbitrale fu costretta a scappare, giacché dallo stesso settore giunsero poi altri spettatori. La Salernitana fu per tale episodio multata di mezzo milione di lire, la partita venne considerata vinta a tavolino per 2-0 dal Genoa, ed il campo venne squalificato per 2 turni.[26]
Lo stadio della Salernitana, il Littorio, in seguito alla Liberazione cambiò nome in Stadio Comunale[senza fonte], mentre il 14 settembre 1952 in occasione della gara interna contro il Messina venne intitolato dal Comune di Salerno a Donato Vestuti, mentre dedicò la piazza antistante lo stadio a Renato Casalbore, giornalista salernitano presente nell'aereo che si schiantò nella Tragedia di Superga.[27]
La squadra rimase in Serie B durante l'intero periodo di presidenza Ferro, ma a partire dal 1950 lottò esclusivamente per mantenere la categoria. A partire dal 1954, con l'abbandono di Ferro alla guida della società il massimo dirigente cambiava stagione dopo stagione (si alternarono Spirito, Scaramella, De Martino e Tortorella), e tale situazione andò avanti fino al 1958, quando Matteo Guariglia rimase in carica per due stagioni consecutive, fino al 1960.[28]
Nel luglio del 1954 Marcantonio Ferro lasciò la squadra, che rimase nelle mani del Commissario Prefettizio comunale. A inizio novembre la Salernitana si ritrovò ultima in classifica con 11 punti; tuttavia successivi 14 risultati utili consentirono inaspettatamente la salvezza.[29] La situazione non mutò nemmeno nella stagione 1955-56, e la squadra infine retrocesse in Serie C.[30]
All'inzio della stagione 1956-57 i campani furono a rischio fallimento, ma l'elezione dell'on. Carmine De Martino scongiurò il peggio, e a livello agonistico la Salernitana disputò un campionato di vertice, concluso al terzo posto.[31] De Martino si dimise nell'arco del successivo campionato (1957-58) e venne sostituito da Giuseppe Tortorella, che rilevò il club.[32]
Nel 1958-59 giunse il presidente Matteo Guariglia, ed il nuovo massimo dirigente, al fine di ridurre le spese puntò su una squadra di soli giovani salernitani, guidati da Nicolò Nicolosi. La Salernitana concluse ultima in classifica, ma per quella stagione non erano previste retrocessioni, in quanto vi fu in atto una riforma del campionato.[33]
Lo spauracchio della retrocessione tuttavia rimase in agguato anche nella seguente stagione, con una società guidata inizialmente da Guariglia (che si dimise a stagione in corso), e sul finire del campionato da Leopoldo Fulgione, assessore comunale allo sport. Infine, il successo in trasferta ad Avellino consentì di scavalcare la Casertana, la quale presentò ricorso contro presunte irregolarità nel derby dei granata in Irpinia, ma tale provvedimento non ebbe fortuna, e la Salernitana mantenne la categoria.[34]
Un altro rischio di fallimento per la Salernitana vi fu alla vigilia del campionato 1960-61 a seguito delle dimissioni di Guariglia, e tuttavia il crack venne nuovamente scongiurato, questa volta grazie a Pasquale Gagliardi, che rilevò la società e ne divenne commissario straordinario.[35]
Gagliardi mostrò avere piani ambiziosi e di voler dare una svolta ad una squadra per troppi anni invischiata nelle lotte per non retrocedere. In effetti l'ingaggio come allenatore di Ettore Punicelli, ex attaccante del Milan ben si sposava con gli obiettivi dichiarati del nuovo massimo dirigente. Ma le cose non andarono per il verso giusto, e a stagione in corso l'allenatore venne esonerato favorendo in seguito l'ingaggio di Silvio Di Gennaro (dopo una settimana in cui il mister provvisorio fu il vice Mario Saracino), il quale otterrà 11 risultati utili consecutivi nel girone di ritorno, favorendo una tranquilla salvezza.[35]
Nel campionato successivo la Salernitana, inizialmente guidata ancora da Di Gennaro, poi sostituito da Giulio Zsengeller concluse al terzo posto.[36] In quello seguente al quarto [37]. La stagione 1962-63 è anche da menzionare per un episodio accorso durante la gara Salernitana-Potenza. Una partita sentita da entrambe le squadre e le rispettive tifoserie, giacché ci si stava giocando la possibilità della promozione: quella gara fu decisiva. Con i salernitani in svantaggio di un gol, un calcio di rigore non concesso dall'arbitro Gandiolfo dopo un fallo subito da Luigi Gigante scaturì una solitaria invasione di campo, fermata con eccessiva forza da parte delle forze dell'ordine: ciò irritò ulteriormente la tifoseria campana, già provata dalla decisione arbitrale, e per tale motivo in campo vi fu poi una vera e propria guerriglia.[37]
Allo scopo di placare il caos, in campo vennero sparati alcuni colpi di pistola, ed uno di questi colpì mortalmente Giuseppe Plaitano, seduto tra gli ultimi gradoni della tribuna. Plaitano fu la prima vittima in uno stadio, ed in merito al drammatico episodio non vennero mai stabilite le relative responsabilità.[37] A Plaitano venne in seguito dedicato uno dei principali gruppi della tifoseria della Salernitana: gli Ultras Plaitano.
Il presidente Gagliardi decise, alla vigilia del campionato di Serie C 1963-1964 di abbandonare la società, lasciandola in una situazione complicata: si alternarono, in quella stagione, ben tre commissari straordinari. Di questi, ad Osvaldo Di Giuseppe spettò il compito di allestire la rosa, e come allenatore venne scelto Rudy Hidden. Al termine del campionato i granata si piazzarono al sesto posto. Il campionato successivo, oltre a registrare un ennesimo cambio di propietà (con Michele Gagliardi, fratello dell'ex massimo dirigente Pasquale) segnò il debutto del massaggiatore Bruno Carmando, che prese il posto di Alberto Fresa e diede inizio ad una collaborazione destinata a durare per tanti anni. Agonisticamente, la Salernitana di Hiden (sostituito a stagione in corso, poi richiamato) lottò per non retrocedere riuscendovi all'ultima giornata battendo il Cosenza.[28]
Dopo anni di lotte per non retrocedere miste a vane speranze di promozione, la Salernitana 1965-66 diede una svolta alla storia del club, conquistando il primato in classifica ed ottenendo dunque il ritorno nella seconda serie nazionale.[38]
Guidata dall'allenatore Domenico Rosati, la squadra del presidente Gagliardi venne composta da giocatori esperti come Piccoli, Scarnicci e Cignani, e giovani come Corbellini e Pierino Prati, talentuoso giocatore al debutto. Prati risultò determinante per la squadra, malgrado un infortunio accorso in casa del Savoia (rottura di tibia e perone) che gli costarono 15 partite non giocate. Per tutta la stagione i campani lottarono col Cosenza per la testa della classifica, che alla fine conquistarono.[38]
Dopo dieci anni, i granata del 1966-67 tornarono in Serie B ma dovettero arrendersi al fatto di non avere i mezzi utili a reggere il confronto con le altre squadre del campionato, e dunque retrocessero. A sei giornate dal termine Rosati venne sostituito dal mister Oscar Montez che tuttavia ottenne soltanto sconfitte. Tra le curiosità della stagione, essa fu la prima in cui scattò l'obbligo per le squadre di prima e seconda serie di giocare su un campo con erba (e i pali delle porte ovali). Il Vestuti venne reso a norma solo il giorno prima della partita di esordio in Coppa Italia, quando dei giardinieri prelevarono delle zolle d'erba dai giardini del lungomare trasferendole sul campo di Piazza Casalbore.[39] Inoltre la Salernitana divenne una società per azioni.[40]
A partire dal successivo campionato disputato, quello di Serie C 1967-68 la Salernitana venne presieduta da Giuseppe Tedesco. Agonisticamente la prima squadra condusse per le prime due stagioni dell'era Tedesco dei campionati anonimi, ma una soddisfazione giunse nel 1969 dalla squadra juniores, che si aggiudicò il Campionato Nazionale Dante Berretti di Serie C.[28]
Il risultato più importante ottenuto invece nei successivi anni settanta a livello di squadra fu il secondo posto raggiunto nel girone C della Serie C 1970-1971, per il resto la squadra continuò per tutto il decennio a militare nel terzo livello nazionale raggiungendo vari piazzamenti, fra cui il quarto posto nel campionato immediatamente successivo (con Mauro Pantani capocannoniere del girone con 17 gol).[28] Quello dei settanta fu un decennio caratterizzato da forti problemi economici e vari cambi di proprietà, e di questi uno dei più significativi fu l'assorbimento del club nella appena costituita Salernitana Sport S.p.A, società sorta il 18 luglio 1977 per evitare di far scomparire la Salernitana dai professionisti e che come primo presidente ebbe Enzo Paolillo (come allenatore Carlo Facchin, poi sostituito per una settimana dal vice Mario Saracino, ossia per coprire l'attesa dell'ingaggio di Enea Masiero, anch'egli poi esonerato in corso d'opera e sostituito dall'allenatore-giocatore Lucio Mujesan). In più in quel periodo, ossia nella stagione 1977-78 l'attaccante Costante Tivelli della Salernitana con 19 reti messe a segno divenne capocannoniere del girone C di Serie C.[41]
Anni ottanta e novanta: dalla terza serie al ritorno in Serie A
[modifica | modifica wikitesto]Gli anni ottanta non si discostarono molto dai risultati ottenuti nei settanta così come non mancarono contestazioni e problemi di natura economica. Eppure fu proprio verso gli ultimi anni di quel decennio che la situazione iniziò a cambiare in meglio, con una nuova proprietà con a capo Giuseppe Soglia.
La Salernitana 1987-88 inizialmente suscitò entusiasmo in città. Al Cinema Capital vi fu una grande folla ad assistere alla presentazione della squadra, una folla fiduciosa che il ritorno in Serie B fosse un'operazione alla portata del club. Tuttavia, malgrado anche l'acquisto del "bomber" Francesco De Falco e del portiere Roberto Renzi nel corso del mercato di riparazione, alla fine ottenne soltanto un decimo posto.[42]
In seguito, nella stagione successiva venne radicalmente modificata la rosa, e venne allestita una squadra con lo scopo dichiarato di ottenere la promozione, ingaggiando fra gli altri il celebre Agostino Di Bartolomei, che divenne capitano. Tuttavia quella Salernitana riuscì soltanto a salvarsi.[43]
La promozione in Serie B, anche grazie al contributo di Di Bartolomei, giunse però nella stagione di Serie C1 1989-1990. I granata, sotto la guida tecnica di Giancarlo Ansaloni e la presidenza di Giuseppe Soglia raggiunsero il traguardo all'ultima giornata, con l'ultima partita disputata dalla Salernitana al Vestuti: fu 0-0 contro il Taranto.[44]
I campani tornarono in Serie B dopo 23 campionati di terza serie. Fu una stagione che cominciò fra le proteste e lo scetticismo del pubblico, e con il presidente che rassegnò le dimissioni e si dichiarò disposto a cedere la società. Tuttavia, dopo i primi risultati positivi Soglia ritornò al vertice del club, ed i campani ottennero un secondo posto utile al salto di categoria. Tra i protagonisti di quella stagione vi furono, oltre al capitano Di Bartolomei (7 gol in campionato), anche altri uomini di qualità come l'attaccante Maurizio Lucchetti (che mise a segno 6 gol in campionato), ed i centrocampisti Francesco Della Monica, Marco Pecoraro Scanio e Giuseppe Donatelli.[44]
Il ritorno in Serie B durò una sola stagione, e per l'occasione la squadra campana si presentò con un nuovo stadio, l'Arechi così chiamato in onore del principe longobardo Arechi II. Alla Salernitana mancò una punta capace di segnare alla prima occasione utile, e soltanto l'abilità nei calci piazzati del centrocampista Daniele Pasa, miglior marcatore granata della stagione, permise alla Salernitana di non retrocedere direttamente, ma di farlo soltanto dopo aver perso lo spareggio contro il Cosenza; tra l'altro per la prima volta nella storia della Serie B a 20 squadre 36 punti (quelli conquistati dai granata) non risultarono sufficienti ad ottenere la salvezza. A Claudio Lamberti, vicepresidente, spettò il compito di dirigere la società in seguito alle dimissioni all'inizio del girone di ritorno di Giuseppe Soglia.[45]
Il proprietario Soglia fu intenzionato a vendere il club anche a causa del grave indebitamento, ed alla vigilia del campionato di Serie C1 1991-1992 Antonio Capone rilevò il club per nome di Pasquale Casillo, il 28 luglio 1991 allo scopo di farne una società satellite del Foggia. Il nuovo massimo dirigente divenne Franco Del Mese, nel ruolo di amministratore delegato, mentre come allenatore venne scelto Giovanni Simonelli, in corso d'opera sostituito da Tarcisio Burgnich. Alla fine della competizione la squadra, che inizialmente puntò al vertice, a causa di problemi di spogliatoio ed anche con il conseguente cambio di allenatore, si piazzò al 5° posto finale.[46]
Nella stagione successiva si piazzò nuovamente quinta,[47] mentre nel 1993-94 ottenne nuovamente la promozione nella seconda serie nazionale, piazzandosi al 3° posto finale e battendo la Juve Stabia ai play off.[48]
Allenata da Delio Rossi, allenatore proveniente dalle giovanili del Foggia e semisconosciuto, fu una squadra che proprio per questo motivo alla vigilia e durante le prime partite del campionato ricevette numerose critiche ed accese contestazioni da parte dei tifosi, i quali però alla fine dovettero ricredersi: la Salernitana, anche grazie al mercato di riparazione che permise l'acquisto del portiere Antonio Chimenti, il difensore Vittorio Tosto ed il centrocampista Roberto Breda fu promossa e Delio Rossi venne soprannominato "Il Profeta". L'obiettivo venne centrato anche grazie ai gol di Giovanni Pisano, al contributo difensivo di un giovane Salvatore Fresi, agli assist di Claudio Ricchetti e Massimiliano De Silvestro, alle invenzioni di Strada e alla bravura a centrocampo di Francesco Tudisco.[48][49]
Approdato nuovamente in Serie B, in data 19 ottobre 1994 il sodalizio venne rilevato da Aniello Aliberti, imprenditore sangiuseppese che ne divenne anche massimo dirigente. Sotto la nuova presidenza la squadra, mediante un organico pressoché invariato rispetto al precedente campionato si propose subito tra le protagoniste della categoria, mirando alla promozione. L'impresa non venne raggiunta ed il campionato dei granata, inaspettatamente protagonisti fino alla fine si concluse con una sconfitta a Bergamo contro l'Atalanta, la quale salì in massima serie battendo proprio i campani, il tutto tra le lacrime dei giocatori e dell'allenatore Delio Rossi. Un dato stagionale degno di nota è il titolo di capocannoniere di Giovanni Pisano, che mise a segno 21 marcature.[50]
Per la successiva stagione 1995-96 la Salernitana, sotto la guida del nuovo tecnico Franco Varrella fu penalizzata dall'infortunio accorso a Giovanni Piasano, che saltò diverse partite. La squadra non giocò in modo soddisfacente per i tifosi, per quanto riguarda il girone di andata, sicché la società venne contestata, e per una settimana Aliberti rassegnò le dimissioni per poi ritornare ad essere presidente. Tra le curiosità stagionali, all'andata la Salernitana sconfisse il Foggia con un secco 3 a 0, risultato significativo per una tifoseria sentitasi "tradita" dall'ex allenatore Delio Rossi, che decise di seguire il suo precedente presidente Casillo ed allenare la prima squadra foggiana. Al ritorno i campani vinsero ancora, per 3-1. Durante il girone di ritorno la situazione dei granata cominciò a migliorare attraverso il raggiungimento di tanti risultati utili, che condussero la squadra, per la seconda volta di fila a lottare fino alla fine per la promozione, che nuovamente venne rimandata a data da destinarsi.[51]
Nel campionato di Serie B 1996-1997 una Salernitana in crisi fu costretta ad accontentarsi di una posizione di metà classifica,[52] mentre anche grazie al clamoroso ritorno di Delio Rossi, i cui rapporti con la tifoseria vennero presto ricuciti la squadra del campionato 1997-98 partì molto bene in campionato, raggiungendo ben presto la cima della classifica. Attraverso le reti di Marco Di Vaio ed Edoardo Artistico, centrocampisti come Roberto Breda, Giovanni Tedesco, Giacomo Tedesco, Alessio Pirri, una difesa con Ciro Ferrara, Luca Fusco e Vittorio Tosto e con in porta Daniele Balli la squadra disputò un campionato da protagonista, raggiungendo la Serie A con cinque giornate di anticipo e concludendo infine al primo posto.[53]
La Serie A 1998-1999 rivide, dopo cinquant'anni la compagine granata. La Salernitana, unica squadra campana in massima serie in quella stagione venne accolta in Serie A come "squadra simpatia". Allenata da Delio Rossi, la formazione granata lottò per non retrocedere durante il campionato, ed a tenere viva la speranza vi fu l'attaccante Marco Di Vaio, il quale mise a segno reti spesso decisive per pareggi e vittorie. Fu una squadra che seppe resistere fino all'ultimo, composta da figure quali Vittorio Tosto, il capitano Breda, l'attaccante David Di Michele, oltre a Giacomo Tedesco, Ighli Vannucchi, e gli acquisti del mercato di riparazione come Salvatore Fresi (si trattò di un ritorno) e Gennaro Gattuso.[54]
Nel corso del girone di ritorno il presidente Aliberti fu in un primo momento in procinto di licenziare Delio Rossi, ma ciò scatenò proteste ed aggressioni al massimo dirigente, che pertanto rassegnò le dimissioni affidando la gestione del club al fratello Michele (amministratore delegato). Tuttavia, anche a causa delle tensioni createsi nello spogliatoio granata l'allenatore romagnolo fu infine rassegnato a lasciare il club, venendo sostituito da Francesco Oddo, con il quale i campani ottennero diversi risultati utili, e non mantennero la categoria per un solo punto. L'ultima di campionato fu giocata in trasferta, ed alcuni tifosi per assistere alla partita viaggiarono in treno. Nel viaggio di ritorno un incendio causò la morte di Enzo, Ciro, Peppe e Simone, quattro ragazzi di Salerno.[54]
Anni duemila e duemiladieci: doppio fallimento e rinascita
[modifica | modifica wikitesto]Una Salernitana che fu costretta a ricominciare daccapo, si propose fra le pretendenti più accreditate per la vittoria del campionato di Serie B 1999-2000. Aniello Aliberti riassunse la carica di massimo dirigente del sodalizio, e la rosa della squadra perse molti dei principali calciatori della stagione precedente in massima serie. Fra questi il capitano Roberto Breda, che venne ceduto al Parma: la fascia pertanto venne assegnata a Luca Fusco. I campani conclusero al settimo posto. Non andò meglio nella stagione successiva, allorquando la formazione guidata da Francesco Oddo, sostituito in corso da Nedo Sonetti per un certo periodo prima di essere richiamato, concluse il campionato al quindicesimo posto.[28]
La Salernitana tuttavia coltivò comunque sogni di promozione nel campionato che seguì, chiamando in panchina Zdeněk Zeman che fece disputare un buon campionato alla squadra, che tuttavia si piazzò in sesta posizione finale non centrando il ritorno in massima serie. Tra le soddisfazioni stagionali, il pareggio fuori casa davanti a oltre 7000 spettatori ospiti, nel derby Napoli-Salernitana con i granata che rimontarono i partenopei inizialmente e per gran parte della gara in vantaggio, e tale rimonta la si ebbe grazie alla rete di Lazzaro al 94° minuto, da poco entrato in campo. Durante il campionato, Daniele Bellotto della Salernitana mise a segno fuori casa ad Ancona quello che fu il gol più veloce della storia del calcio professionistico italiano, dopo sette secondi e ottantotto centesimi dall'inizio del confronto.[55] Altra soddisfazione fu la vittoria nel girone di ritorno nel derby, per 3-1, e la partita di ritorno iniziò dopo un'elaborata coreografia della Salernitana, con la quale si ironizzava su alcuni obiettivi dichiarati e mai raggiunti dall'allora dirigenza del club partenopeo.[56]
La Salernitana 2002-2003 inizialmente guidata da Zeman, poi sostituito da Franco Varrella si classificò al ventesimo posto, ma non retrocesse per via del Caso Catania, che come conseguenza ebbe di allargare il campionato cadetto, che passò da 20 a 24 squadre: tutte le retrocesse vennero ripescate (eccetto il Cosenza che fallì e venne rimpiazzato dalla Fiorentina). Nel 2003-2004 la Salernitana si salvò piazzandosi diciassettesima. La salvezza venne anche raggiunta nella successiva stagione di Serie B 2004-2005, sotto le reti di Raffaele Palladino e la guida in panchina di Angelo Gregucci.[28] La stagione venne inaugurata con una presentazione della squadra nello storico Stadio Vestuti,[57] ed i granata ottennero la salvezza, ma a seguito di alcune inadempienze economiche la Salernitana venne estromessa dai campionati professionistici per la stagione successiva (2005-06), e fu costretta a svincolare i propri calciatori, restando attiva per qualche mese e disputando con nuovi giocatori alcune partite in Terza Categoria in uno stadio di San Cipriano Picentino prima di fallire definitivamente a campionato in corso, durante il girone di andata.[58]
Nel frattempo, attraverso il Lodo Petrucci il calcio professionistico a Salerno sopravvisse grazie ad un nuovo sodalizio che si avvalse della tradizione sportiva della precedente società al fine di ottenere l'iscrizione in una categoria immediatamente inferiore a quella in cui militava in precedenza la squadra radiata. Fu così che la storia della Salernitana proseguì mediante il nuovo club che ripartì dalla Serie C1 2005-2006. La nuova squadra, allenata dapprima da Maurizio Costantini poi da Stefano Cuoghi ottenne l'accesso ai play off per la promozione, ma venne sconfitta in semifinale dal Genoa rinviando il ritorno tra i cadetti. La nuova società, sorta con la ragione sociale di Salernitana Calcio 1919 riuscì a richiamare per la prima squadra alcuni calciatori della precedente Salernitana, come Marco Ambrosio, Lorenzo Prisco, Rijat Shala, Salvatore Fresi (nuovo capitano poi andato via per incomprensioni con l'allenatore) oltre a far tornare a Salerno dopo diversi anni l'attaccante Ciro De Cesare.[59]
La Salernitana tornò in Serie B al termine del campionato 2007-2008 che concluse al primo posto, grazie anche alle reti di Arturo Di Napoli. La squadra di quella stagione venne presentata al pubblico in una piazza del centro di Salerno, e sotto la guida di Andrea Agostinelli prima e Fabio Brini che lo sostituì in corso la Salernitana ottenne la promozione. E per la stagione successiva riuscì a salvarsi, permettendo così di celebrare il novantesimo anno di storia della Salernitana con una militanza in Serie B oltre che con l'atteso acquisto dei segni distintivi della precedente Salernitana Sport, molto richiesti dalla tifoseria. La Salernitana 2009-2010 retrocesse in terza serie, giacché si piazzò all'ultimo posto, ed ebbe, per il campionato successivo come obiettivo il ritorno immediato fra i cadetti.[28]
Tuttavia la compagine granata venne battuta ai play off.[60] Inoltre il club risultò gravemente indebitato e sparì dal mondo del calcio: la città di Salerno si apprestava ad accogliere una nuova società, ovvero il Salerno Calcio.[61] Fondato nel 2011 da Claudio Lotito e Marco Mezzaroma[62] ottenne l'iscrizione in Serie D anche grazie alla tradizione sportiva cittadina, riflessa nelle gesta della Salernitana.[63] Il Salerno scelse tale nome, rinunciando anche al colore granata, ed al logo dell'ippocampo, per questioni legate ai diritti sul brand:[61] la scelta derivò ovvero dal fatto che i beni immateriali appena citati appartenevano ancora al proprietario della società precedente, attraverso l'ente Energy Power. Vinto il campionato del girone G di Serie D, nell'estate seguente il Salerno divenne infine Unione Sportiva Salernitana 1919 grazie ad un accordo stipulato con la Energy Power.[64]
La Salernitana di Lotito e Mezzaroma primeggiò anche nel campionato di Lega Pro Seconda Divisione 2012-2013, vincendo inoltre la Supercoppa di categoria con Carlo Perrone in qualità di allenatore. Nella stagione successiva, la Salernitana 2013-2014 venne sconfitta ai play off utili a tornare in B e vinse la Coppa Italia Lega Pro frattanto allenata da Angelo Gregucci, che in quella stagione fu nuovamente alla guida del club avendo sostituito Perrone.[28]
Pertanto, per la stagione 2014-2015 dopo ben due salti di categoria consecutivi, entrambi ottenuti con Perrone in panchina, la squadra disputa per la seconda volta di fila il campionato di terza serie, nel frattempo diventato campionato unico di Lega Pro in seguito ad una riforma.[65]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b c d e f Fontanelli, p. 13
- ^ a b c d e Carella, pp 22-30
- ^ AlbodoroItalia.it - Campania-Salerno-Eboli, su albodoroitalia.it.
- ^ U.S. Salernitana, storia di un grande amore per la gioia di una splendida tifoseria, su granatissimi.com. URL consultato il 6 ottobre 2014.
- ^ a b c Salernitana, 95 anni di passione, su freelancenews.it. URL consultato il 6 ottobre 2014.
- ^ a b U.S. Salernitana, un capitolo fermo dal 1977, su solosalerno.it. URL consultato il 10 ottobre 2012.
- ^ Biagio Angrisani, Cavese-Salernitana, 80 anni di derby, Panorama Tirreno. URL consultato il 28 settembre 2014.
- ^ Carella, pp. 33-35
- ^ a b c d e SalernoGranata.it. URL consultato il 13 ottobre 2014.
- ^ 3 Luglio 2001: La presentazione di Zdenek, commento ed articoli, su zeman.org.
- ^ Vitale
- ^ a b La Salernitana dal 1924 al 1928: l’onorevole Mario Jannelli, su salernogranata.it.
- ^ Carella, pp. 54-59
- ^ La Salernitana del biennio 1928-1929, su salernogranata.it. URL consultato il 13 ottobre 2014.
- ^ La Salernitana degli anni del dopo guerra, su salernogranata.it. URL consultato il 13 ottobre 2014.
- ^ a b Salernitana 1937-38, su salernitanastory.it.
- ^ a b Salernitana 1938-39, su salernitanastory.it.
- ^ Salernitana 1942-1943, su salernitanastory.it.
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- ^ a b Salernitana 1945, su salernitanastory.it.
- ^ Serie A-B Misto 1945-1946, su salernitanastory.it.
- ^ Carella, pp. 123-126
- ^ a b c Salernitana 1947-1948, su salernitanastory.it.
- ^ Salernitana 1948-1949, su salernitanastory.it.
- ^ Il cavalluccio: un simbolo, mille emozioni, su salernomania.it.
- ^ Carella, p. 147
- ^ Salernitana 1952-1953, su salernitanastory.it.
- ^ a b c d e f g h Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore
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- ^ Salernitana 1954-1955, su salernitanastory.it.
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- ^ Carella, pp. 188-191
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- ^ a b Salernitana 1998-1999, su salernitanastory.it.
- ^ Salernitana 2001-2002, su salernitanastory.it.
- ^ Salerno Granata n.2, 8 dicembre 2011, p. 8.
- ^ Salernitana, tutti al Vestuti, su liratv.it.
- ^ Salernitana 2004-2005, su salernitanastory.it.
- ^ Salernitana 2005-2006, su salernitanastory.it.
- ^ Salernitana 2010-2011, su salernitanastory.it.
- ^ a b Salerno Calcio 2011-2012, su salernitanastory.it.
- ^ Salerno Calcio, questo il nome della “Nuova Salernitana” affidata a Perrone, su telecolore.it.
- ^ Salernitana: Avviso pubblico per manifestazioni di interesse, su comune.salerno.it, Comune di Salerno.
- ^ Salernitana, è fatta: accordo raggiunto tra Salerno Calcio ed Energy Power, su salernotoday.it.
- ^ Salernitana 2014-2015, su salernitanastory.it.
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Salernitana Story, su salernitanastory.it.
- Storia della Salernitana su SalernoGranata.it, su salernogranata.it.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Alfonso Carella, Storia della Salernitana dai pionieri (1910) al mancato ritorno in A (1995), Salerno, Boccia Editore.
- Carlo Fontanelli, Simona Carboncini, I colori del calcio 1898-1929 : divise da gioco, curriculum, 173 squadre, Empoli, Geo Edizioni, giugno 2000. ISBN non esistente
- Giovanni Vitale, Salernitana: storia di gol, sorrisi e affanni, 2010.